giovedì 30 giugno 2011

Il pagellone 2010/2011: gli attaccanti.


Nando Llorente: un'altra grande annata per il centravanti biancorosso.

Llorente 8: la sua miglior stagione dal punto di vista realizzativo (18 centri in 38 partite, quasi un gol ogni due incontri) è stata anche quella in cui forse ha pesato meno nell'economia del gioco biancorosso. Più isolato rispetto al passato recente, Nando ha agito soprattutto da finalizzatore ed è stato meno utilizzato come riferimento continuo per i compagni, anche perché in molte occasioni la manovra si è sviluppata su assi differenti rispetto a quello centrale (leggi: pelotazo dalla difesa verso la testa del numero 9). Llorente dunque è stato maggiormente presente nell'area avversaria e ha dovuto ricorrere in rari casi alla progressione palla al piede, utilizzata spesso gli anni scorsi per ovviare a una mancanza di schemi offensivi talvolta disarmante (ogni tanto però ha tirato fuori un numero di questi, vedasi la serpentina in area con tiro respinto dal palo contro il Madrid al Bernabeu); forse è stato meno piacevole esteticamente, ma dal punto di vista dell'efficacia si è fatto apprezzare come non mai. Quasi immarcabile nel corpo a corpo, micidiale di testa e più freddo del solito, ha segnato tanto e con grande regolarità; a parer mio avrebbe potuto anche farne di più, ma ha pagato un periodo di appannamento dovuto al super-utilizzo, giacché Caparros neppure una volta ha ritenuto di tenerlo fuori per un'intera partita. Il prossimo anno servirà qualcuno che gli faccia tirare il fiato, perché non è pensabile che riesca ad affrontare tutti gli impegni delle tre competizioni cui l'Athletic parteciperà, e comunque un Llorente stanchissimo come quello visto più volte nel girone di ritorno non serve a nessuno.

Toquero 7: c'è poco da fare, ha vinto lui. I miglioramenti che ha fatto sono innegabili, sia dal punto di vista tecnico che da quello tattico, e dopo due anni e mezzo, pur non ritenendolo sicuramente un campione, sono dell'opinione che sia diventato un giocatore da Primera. Intendiamoci, per me non dovrebbe essere uno dei titolari, tuttavia come arma da usare a partita in corso trovo che potrebbe rivelarsi molto importante. Caparros in questa stagione lo ha impiegato come grimaldello per scassinare le difese avversarie, secondo uno schema semplice ed efficace: una volta che la palla passava la metà campo, Gaizka scalava sempre sulla fascia e in tal modo liberava lo spazio per l'imbucata centrale di uno degli esterni o si proponeva lui per il cross. Come sempre è stato poi generosissimo nel pressing, pur evitando le cavalcate inutili per disturbare il portiere, e dopo un girone di andata senza gol si è sbloccato al ritorno contro l'Atletico Madrid e ha finito per mettere insieme sette reti, bottino in linea con i suoi standard. Secondo me andrebbe usato maggiormente per il contropiede, vedremo quale sarà il suo ruolo l'anno prossimo.

Igor Martinez 6: presentato al momento dell'acquisto, la scorsa estate, come la nuova perla della cantera dell'Alaves, ha avuto un percorso del tutto simile a quello di De Marcos, altro prodotto del vivaio vitoriano di cui si diceva un gran bene. E' partito forte e ha avuto un ottimo impatto sulla realtà Athletic, mostrando una buona tecnica di base e una velocità di tutto rispetto, e al fianco di Llorente si è ben disimpegnato, pur non riuscendo a trovare la via del gol. Col passare delle giornate, però, è andato progressivamente spegnendosi, e dopo che Caparros lo ha provato con poco successo sulla destra è stato dirottato al Bilbao Athletic, dove non ha impressionato. Personalmente non mi è sembrato eccezionale: è un buon elemento, che con un po' d'esperienza sulle spalle potrebbe dire la sua nella Liga, ma non comprendo per quale motivo si debbano acquistare giocatori del genere quando a Lezama ci sono ragazzi dello stesso livello cui non viene data neppure un'opportunità (pareva brutto, per esempio, provare almeno una volta Isma Lopez prima di cederlo?). Rimandato.

Urko Vera 6: ha potenzialità tutte da scoprire, ma per il momento deve essere sgrezzato. Un po' a sorpresa è stato acquistato dal Lemona già nel mercato invernale e, nelle poche occasioni concessegli da Caparros, è riuscito a mettere a segno un importantissimo gol sul campo del Getafe. Fisicamente potente, è forte di testa e ha una buona presenza in area, mentre dal punto di vista tecnico ci sono delle lacune da colmare. L'investimento sembra buono nell'ottica della ricerca di un centravanti in grado di sostituire Llorente, per quanto possibile; vedremo cosa saprà fare quando gli sarà dato più spazio.

Ibai Gomez n.g.: l'Oscar stagionale della sfortuna non glielo toglie nessuno, purtroppo. Nel giorno dell'esordio con la prima squadra il povero Ibai si è infatti infortunato gravemente al ginocchio destro, peraltro (il colmo!) facendo tutto da solo e mettendo un piede in fallo dopo aver dribblato un avversario. Dopo un'assenza di quasi sei mesi è riuscito a rientrare in tempo per scendere in campo altre due volte, mentre con il Bilbao Athletic ha giocato 12 partite e segnato 4 gol. Seconda punta o esterno alto molto mobile, è dotato di velcità, tecnica e gran tiro, e rappresenta uno dei prospetti più interessanti in vista della prossima stagione. Speriamo che abbia saldato i conti con la malasorte e che possa dare seguito alle buone sensazioni trasmesse nella prima stagione con la maglia biancorossa.

Diaz de Cerio n.g.: qualcuno mi sa spiegare perché è stato ripreso a gennaio, proprio quando iniziava a giocare nel Cordoba, se poi ha messo insieme la miseria di due spezzoni di gara in un intero girone? Sembra che qualcuno lo abbia fatto apposta per non fargli ritrovare la condizione... Il suo è un caso paradossale, secondo solo all'ormai mitologico affaire Zubiaurre. Desaparecido.

mercoledì 22 giugno 2011

Il pagellone 2010/2011: i centrocampisti.


Iker Muniain/Bart Simpson, giovanissimo ma già imprescindibile per l'Athletic.

Muniain 8,5: potrebbe apparire una forzatura il suo inserimento tra i centrocampisti, e va da sé che pure io lo considero un attaccante, tuttavia la sua posizione in campo è stata principalmente quella di esterno sinistro (per quanto offensivo) e ho ritenuto logico considerarlo alla stregua dei colleghi di fascia opposta, Susaeta e David Lopez. Aldilà di queste sottigliezze, la sua stagione è stata letteralmente mostruosa, sia dal punto di vista della qualità delle prestazioni che da quello della continuità di rendimento, e pertanto mi sento di indicarlo senza pensarci troppo come migliore in assoluto di tutta la temporada. E pensare che deve ancora compiere 19 anni... Dopo l'impatto eccellente che aveva avuto all'esordio in Liga lo scorso anno, il giovanissimo navarro era chiamato all'impresa più difficile: la conferma. Iker non ha tremato, tutt'altro, e ha dimostrato una volta di più che la faccia tosta e l'assenza di timori reverenziali, ingredienti indispensabili per diventare campioni, sono parte integrante del suo carattere. Sulla sinistra ha folleggiato per tutta la stagione, superando l'agguerrita concorrenza iniziale di Gabilondo e guadagnandosi la titolarità indiscutibile (e un posto nella squadra delle rivelazioni della Liga stilata dalla UEFA) a suon di dribbling, accelerazioni devastanti e giocate di classe sopraffina. A ben guardare, la differenza tra l'Athletic che l'anno scorso rimase fuori dall'Europa e quello che stavolta si è qualificato l'ha fatta l'apporto di Muniain, anche perché i suoi accentramenti dalla fascia e la sua capacità di portare palla hanno dotato il 4-4-2 rigidissimo di Caparros di una variante tattica decisiva. Unica pecca, lo scarso numero di gol segnati, dovuto anche a un'idiosincrasia per le conclusioni in porta parzialmente affievolitasi nella seconda parte della temporada. Un difetto comunque da poco se si considerano l'età del giocatore e il potenziale impressionante (e ancora da esprimere in modo compiuto) di cui è in possesso. Fategli firmare un contratto a vita, please.

Gurpegi 7,5: probabilmente non ci credeva neppure lui, ma dopo due anni di peregrinazioni attraverso le posizioni in campo più differenti è tornato a giocare con continuità nel suo ruolo di mediano, e si è notato. Caparros, tranne qualche caso isolato, ha evitato di riproporlo come finto esterno destro, soluzione che l'anno scorso aveva giovato alla squadra in contesti difficili, ma che a lungo andare era risultata alquanto deleteria ai fini dello sviluppo della manovra; riportato nella sua posizione preferita, Carlos ha mostrato gli artigli per tutto l'anno e si è rivelato fondamentale nella sua funzione di schermo protettivo davanti alla difesa; la sua presenza al centro è stata inoltre molto importante perché ha liberato Javi Martinez dalla maggior parte dei compiti difensivi cui era costretto dalla convivenza con Orbaiz, permettendo dunque al giovane navarro di concentrarsi di più sulla fase offensiva e sollevandolo dall’esigenza di dover coprire una porzione di campo troppo ampia per rientrare dopo essersi sganciato in avanti. Generosissimo, ha dato un apporto di corsa imprescindibile ed è stato importante anche in avanti, risultando spesso pericoloso sulle situazioni di palla inattiva (2 i gol segnati per lui, lo score migliore dal 2006). È' stato spesso capitano e con la sua garra da leone indomabile ha rappresentato al meglio lo spirito dell'Athletic. Monumentale.

Javi Martinez 7,5: grande, grandissimo ma forse meno straripante della scorsa stagione. Intendiamoci, il suo peso specifico nel meccanismo di gioco dell'Athletic era ed è rimasto enorme, però l'ho visto meno brillante rispetto all'anno dei mondiali, durante il quale fu probabilmente il centrocampista più decisivo della Liga dopo i mostri sacri del Barcellona (e non a caso si meritò una sorprendente - per gli altri - convocazione per il Sudafrica). Rientrato a Bilbao in condizione fisiche non ottimali, ha effettuato una preparazione a singhiozzo e ha esibito la forma migliore a cavallo tra andata e ritorno, periodo nel quale ha strabiliato per come è riuscito a coniugare le solite sgroppate chilometriche con una lucidità in appoggio mai vista prima; nell'ultima parte del campionato è sembrato un po' sulle gambe, anche se Caparros raramente gli ha concesso di riposare. Ottimo per come ha imparato a giocare a uno-due tocchi, aspetto fondamentale nel contesto di una squadra che cerca le fasce in maniera quasi ossessiva, è insomma sembrato più uomo d’ordine e meno "all’inglese" come interpretazione del ruolo, lui che è ha caratteristiche differenti da qualsiasi altro centrocampista centrale iberico. Con Herrera (regista capace di coniugare impostazione e contenimento) accanto l'anno prossimo, e con una preparazione vera alle spalle, torneremo a vederne delle belle.

David Lopez 7: che non sia uno dei miei giocatori preferiti è cosa nota ai frequentatori di questo blog, tuttavia non mi resta difficile ammettere che la sua stagione 2010/2011 è stata senz'altro la migliore delle quattro disputate nel Botxo. A parer mio i 6 milioni spesi da Macua per strapparlo all'Osasuna sono ancora ben lontani dall'essere ammortizzati, e ho idea che per questo motivo dovremo sorbircelo ancore un bel po', comunque per come ha giocato quest'anno resta una riserva quantomeno discreta. Oltre ai molti gol realizzati (6 in 28 presenze), il riojano si è segnalato per una serie di prestazioni sopra la media nella parte centrale della stagione: più mobile e attivo del solito, ha scavalcato nelle gerarchie Susaeta e ha mostrato sprazzi di buon livello, anche se nel finale è tornato sugli standard di mediocrità cui ci ha abituato da quando veste la zurigorri. Finché non verrà fuori un buon prospetto da Lezama (l'esterno destro più interessante, Guarrotxena, è nello Juvenil) basta e avanza come alternativa per la fascia, senza contare che con lui in campo abbiamo un tiratore di calci piazzati letale, nonché un rigorista coi fiocchi (era l'ora!). Insomma, non sarà l'ala dei sogni, ma resta comunque un valido mestierante del ruolo.

Gabilondo 6,5: altro alfiere del basso profilo e dell'affidabilità, qualità ottime ma probabilmente non utilissime per chi gioca nella sua posizione, si è sempre fatto trovare pronto al momento di scendere in campo. Partito col botto (i suoi 5 gol sono stati tutti siglati nella prima parte del campionato), via via è stato soppiantato nelle gerarchie da un Muniain sempre più importante per la squadra e ha concluso la stagione da riserva pura; come sempre non ha fatto polemica e ha accettato serenamente di venire scavalcato da un ragazzino di 13 anni più giovane, ma la sua signorilità non è mai stata in discussione. Purtroppo il buon Igor "Oso Ondo" sconta la mancanza di estro, di spunto sul breve e di velocità che non hanno mai fatto parte del suo bagaglio tecnico, lui che è più un tornante con doti difensive che un esterno portato ad attaccare. È in ogni caso un elemento su cui poter contare, sia per l'estrema professionalità, sia per quel sinistro capace di inventare golazos incredibili, molto differenti dal suo gioco lineare e privo di guizzi.

Iturraspe 6,5: i sostenitori del modello-Lezama speravano che potesse avere lo spazio sufficiente ad esibire le sue ottime qualità, e invece non solo ha giocato meno del previsto, ma rischia anche di finire ai margini della squadra a causa dell'arrivo di Ander Herrera. Se questa previsione di sventura dovesse realizzarsi sarebbe davvero un gran peccato, perché il giovane Ander ha dimostrato di poter stare tranquillamente in Primera; ha tecnica, visione di gioco e una buona personalità, eppure Caparros è sembrato "vederlo" molto poco... Un Club di cantera come l'Athletic dovrebbe incoraggiare l'utilizzo degli elementi migliori del suo vivaio, dunque come giustificare la preferenza per Orbaiz, praticamente un ex giocatore, rispetto a un ragazzo di prospettiva, fisicamente integro e apparso spesso a suo agio nelle poche occasioni concessegli? Io un'idea ce l'ho, ma preferisco tacere in assenza di prove. Intanto spero che Iturraspe resti, perché la prossima stagione sarà molto impegnativa e sarà bene avere alternative di buon livello pronte a rimpiazzare i titolari.

Susaeta 5,5: annata davvero poco brillante per il folletto di Eibar, che ancora non riesce a compiere il definitivo salto di qualità e a prendersi stabilmente quella maglia da titolare che potrebbe far sua senza troppi problemi. Sono passati già quattro anni da quando esordì in Liga e, appena 20enne, stupì tutti per personalità, tecnica e capacità di adattamento al calcio dei "grandi", ma da allora ha fatto ben pochi passi avanti; questa stagione, poi, è stata caratterizzata più da ombre che da luci, come testimonia l'unico, misero golletto messo a referto in tutto il campionato. Non è tanto una questione di reti segnate, che in fin dei conti sono un dato trascurabile per un'ala, quanto di incidenza sul gioco della squadra, molto diminuita rispetto al passato; talvolta Markel ha fatto vedere di cosa è capace (penso ad esempio alla grande partita col Barcellona al Camp Nou), però gli sono mancate continuità e pure un po' di fiducia. Lo pneumotorace spontaneo che lo ha costretto a chiudere la temporada prima del tempo è la fotografia perfetta di un'annata difficile e poco fortunata. Lo attendiamo fiduciosi il prossimo anno, magari agli ordini di un allenatore con cui instaurare un rapporto migliore rispetto a quello che ha avuto ultimamente con Caparros.

Orbaiz 5: chi pensava che, dopo le 20 presenze appena messe insieme l'anno scorso, don Pablo sarebbe definitivamente finito fuori dalle rotazioni, si è dovuto ricredere. 26 partite (condite da un gol, peraltro molto bello) su 38 sono lì a testimoniare che il primo cambio per uno qualsiasi del doble pivote Gurpegi-Javi Martinez è stato proprio lui, il 32enne navarro dai ginocchi martoriati. Un bene? A parer mio proprio no, prima di tutto perché la sua (ingombrante) presenza ha tolto minuti e visibilità a due giovani come Iturraspe e Iñigo Perez, e secondariamente a causa di prestazioni che definire deludenti è quantomeno riduttivo. Già da un paio d'anni Orbaiz non mi sembra più in grado di reggere i ritmi della Liga, che peraltro è il campionato dove c'è meno esasperazione fisica (vorrei vederlo in Premier...), e anche stavolta ha denunciato limiti evidentissimi quando si è trovato contro squadre aggressive e avversari in grado di attaccarlo con costanza. Ha giocato parecchio per cause che probabilmente hanno poco a che fare con aspetti tecnico-tattici, e alla fine si è pure "meritato" il rinnovo per un altro anno, tanto per evitare che un Cerrajeria qualsiasi possa solo pensare di togliergli spazio. Io francamente non ne posso più di lui e non vedo l'ora che se ne torni a Pamplona, anche se credo sarà difficile liberarsene anche dopo che avrà appeso le scarpe al chiodo.

De Marcos n.g.: difficile dare un giudizio sull'ex giocatore dell'Alaves, che l'anno scorso aveva destato una buona impressione giostrando da seconda punta o da esterno. Senza una ragione ben precisa, infatti, Caparros lo ha escluso dalle rotazioni in attacco, gli ha riservato pochi scampoli di partita nella posizione di ala e ha tentato l'improbabile riconversione del giocatore in terzino di spinta sul settore destro, facendone in pratica il vice-Iraola. Vero che l'ottimo Andoni non ha, allo stato attuale, un sostituto certo nella rosa, tuttavia l'esperimento è sembrato un po' forzato, nonostante una buona prestazione di Oscar contro il Valencia; sarà un caso, ma il tecnico da quel momento non lo ha più utilizzato (anche perché Iraola è un giocatore che salta al massimo un paio di partite) e De Marcos è letteralmente scomparso. 10 presenze totali, nessun gol e la sensazione che l'ambiente non creda più di tanto nelle sue capacità. Prima della bocciatura definitiva merita sicuramente un'altra occasione, magari nel suo ruolo originario.

Iñigo Perez n.g.: giovane dotato di buona personalità e di un sinistro notevole, specie sui calci piazzati, ha fatto in tempo ad esordire e anche a segnare un gol (nel 3-0 casalingo contro il Maiorca) prima di essere ceduto in prestito all’Huesca. In Aragona ha giocato 11 partite nel girone di ritorno, molte delle quali da titolare, e ha destato un’ottima impressione visto che il club di Segunda lo ha richiesto con la medesima formula anche per la prossima stagione. Non sembra un fenomeno ma ha un potenziale da esplorare adeguatamente, sia da centrale che da esterno, e dunque la cessione potrebbe essere la soluzione migliore (anche perché la concorrenza a centrocampo sarà davvero forte).

giovedì 16 giugno 2011

Elezioni 2011 - 1° aggiornamento.


Urrutia, al centro, con Etxeberria, Larrazabal, Imaz e Lasa (foto Zigor Alkorta - Deia.com).

Questo è in assoluto il primo post che dedico alle prossime elezioni che si terranno il 7 luglio, ma c'è una ragione se finora non avevo scritto niente: l'assoluta impenetrabilità dei programmi degli unici due candidati, il presidente uscente Macua e Josu Urrutia, indimenticato ex giocatore biancorosso degli anni '90. L'unica cosa ufficialmente certificata è proprio l'identità dei due candidati, gli unici interessati a concorrere per la poltrona più alta di Ibaigane; addirittura sembrava possibile che Macua potesse essere rieletto causa mancanza di rivali, poi per fortuna Urrutia (che lavorava sottotraccia da diverso tempo, come ebbi modo di verificare incontrandolo insieme ad altri Leones Italianos in occasione della trasferta dello scorso anno) è uscito allo scoperto. Al momento, però, nessuno dei due contendenti ha reso pubbliche le sue intenzioni in materia di allenatore, eventuali acquisti e organizzazione degli aspetti economici e sportivi, ufficializzando unicamente nomi e ruoli di coloro che siederanno nella Giunta Direttiva in caso di vittoria. È altresì vero che le voci corrono e, scontrandosi con l'alone di mistero che ancora regna sovrano, si fanno sempre più incontrollate. Vediamo dunque di analizzare con un minimo di obiettività la situazione attuale, considerando i punti di maggior interesse.
Allenatore: ad oggi l'Athletic è, insieme al Racing Santander, l'unico club di Primera Division senza guida tecnica. Giusto l’altro ieri Macua, fin qui tenutosi sul vago, ha dichiarato che la continuità di Caparros è uno degli obiettivi del suo mandato: spazio dunque a Jokin in caso di rielezione di colui che ha venduto la nostra maglia a quell'azienda innominabile, e se la questione della pubblicità per me rappresenta un motivo già ampiamente sufficiente per non votarlo, sapere che l'utrerano siederà ancora sulla nostra panchina rafforza ancor di più questa mia convinzione. Dal canto suo, Caparros è stato bruciato sul filo di lana da Manzano per la panchina dell'Atletico Madrid e da Marcelino per quella del Siviglia, dunque dopo aver a lungo flirtato con colchoneros e andalusi è naturalmente disponibile a proseguire il suo rapporto con la società di Bilbao. Alla luce di quanto dichiarato da Macua, le prospettive più stuzzicanti per quanto riguarda la guida tecnica vengono dal suo rivale Urrutia. Nomi se ne sono fatti tanti, spesso a sproposito: Deshamps, Laudrup, addirittura Van Gaal... Boutade a parte, i candidati "forti" per la panchina basca sono attualmente tre: Rijkaard, Javier Aguirre e Bielsa, ma l’Athletic non è l’unica società interessata alle loro prestazioni. L'ex centrocampista di Ajax e Milan è infatti dato vicino al Twente, mentre l'ex ct del Cile a Sudafrica 2010 (l'ipotesi più intrigante) sembra sia stato contattato da Moratti per un possibile dopo-Leonardo; sembra più solida l’ipotesi del messicano (peraltro di origine basca) del Saragozza, indeciso se proseguire o meno il suo rapporto con gli aragonesi, anche se Urrutia in realtà vorrebbe il ritorno di Ernesto "Txingurri" Valverde, ora all'Olympiakos, per il quale sta lavorando da tempo.
Mercato: è la parte dove Macua sta dando il meglio di sé. Non contento di aver speso 8 milioni per Herrera, l'avvocato ha dichiarato di avere altri soldi da parte (mi piacerebbe sapere dove li ha trovati, questi soldi) e di stare preparando un colpaccio in prospettiva di un'eventuale rielezione. Il Correo, in pratica il bollettino presidenziale, oggi ha scoperto le carte: l'obiettivo sarebbe uno tra Arteta e Raul Garcia. Valutati intorno ai 10 miliori ciascuno, i centrocampisti di Everton e Atletico Madrid sono in effetti sul mercato, ma sembra che tutti si stiano dimenticando un piccolo particolare: entrambi hanno dichiarato in tempi non sospetti di non volere l'Athletic, in quanto tifosissimi di Real Sociedad e Osasuna. Questo Macua e i suoi megafoni lo ignorano o fanno finta di non saperlo? Evito di dare una risposta per me scontata, limitandomi a segnalare a lorsignori che: 1) l'Athletic è (teoricamente?) un club di cantera, per cui acquistare da fuori non è in linea con la politica societaria; 2) prendere un quasi 30enne (Arteta, e per fortuna che il Correo parla di "svecchiare il reparto"...) o un mediano ampiamente involuto (Raul Garcia) non migliora granché la rosa, specie pensando alle giovani promesse che spingono per emergere da Lezama. Il piano di Urrutia appare senza dubbio più concreto e realistico: visto che l'attacco è il reparto più bisognoso di rinforzi, si lavora per concretizzare il ritorno di un grande ex, Aritz Aduriz, su cui Emery ha detto chiaramente di non contare per il prossimo anno. Aldilà delle riserve economiche che personalmente nutro per questa ipotesi (riprendere per la seconda volta un giocatore formatosi nella nostra cantera non mi sembra un colpo di genio), l'idea è senza dubbio affascinante. Altri nomi non se ne fanno (si parla blandamente di Kike Sola, ipotesi a parer mio remota), ed è un bene: certe sparate lasciano il tempo che trovano e servono solo a far arrabbiare la gente.
Società: Macua, che oggi presenterà ufficialmente la sua “squadra”, ha scelto due vecchie colonne dell’Athletic del passato per rafforzare la sua candidatura. Si tratta di Carlos, l’ultimo pichichi biancorosso, e di Txetxu Rojo, il secondo giocatore per numero di presenze dietro l’irraggiungibile Iribar; due colpi ad effetto, senza dubbio, anche se i dubbi sul loro ruolo effettivo (ufficialmente saranno “consiglieri sportivi” del presidente) restano. Ovviamente l’area tecnica rimarrebbe quella attuale, con Irureta a coordinare Lezama e Manuel Delgado Meco come secondo (si parla anche di un ingresso di altri tre ex giocatori dal passato importante, quali Rafa Alkorta, Patxi Ferreira e Isma Urzaiz, anche se finora gli interessati non hanno confermato alcunché; al Bilbao Athletic, invece, potrebbe andare “Kuko” Ziganda); per quanto riguarda il resto della possibile Junta, si tratta della solita ammucchiata di rappresentanti di gruppi edilizi e finanziari già vista quattro anni fa. Urrutia conta invece sull’appoggio esterno di tre ex presidenti (José María Arrate, Pedro Aurtenetxe e Ana Urquijo) e di un numero corposo di ex compagni, tra i quali Valverde, Andrinua, Larrazabal, Etxeberria e Lasa; gli uomini da lui scelti sono esperti di vari settori con esperienze importanti (si va da un dirigente del Guggenheim all’ex responsabile dei servizi medici dell’Athletic), mentre per la parte sportiva Josu punta su Amorrortu come ds, figura che manca da tempo, e su Larrazabal come tecnico del Bilbao Athletic (Irureta rimarrebbe come coordinatore di Lezama, a quanto sembra).

Vi rimando ai prossimi giorni per ulteriori aggiornamenti, sperando di poter parlare di programmi ufficiali e non di semplici illazioni.

martedì 14 giugno 2011

Il pagellone 2010/2011: i difensori.


Borja Ekiza contro Marco Ruben (foto Kicker.de).

Ekiza 8: è di qualche giorno fa la notizia del suo inserimento, da parte dell’UEFA, nella squadra delle rivelazioni stagionali della Liga, un riconoscimento davvero meritato. Proposto a sorpresa da Caparros a gennaio per via delle assenze di Ocio, Ustaritz e Amorebieta, il 23enne centrale nativo di Pamplona ha stupito tutti con una serie di prestazioni fantastiche per qualità, determinazione e maturità, guadagnandosi immediatamente quei galloni da titolare che neppure i rientri degli infortunati gli hanno tolto. A perdere il posto sono stati, a turno, Ustaritz, Amorebieta e infine San José, mentre lui non è più uscito dalla formazione-tipo del girone di ritorno: un fatto che parla da solo. Complimenti a Jokin per aver creduto nelle potenzialità di un difensore molto considerato nella cantera biancorossa, ma che aveva dovuto pagare lo scotto di alcuni gravi infortuni che ne avevano compromesso due stagioni nel Bilbao Athletic. Fisicamente non imponente (1,80 m per 73 kg), Ekiza è un centrale rapido, veloce nei recuperi e molto dotato in marcatura, che si fa saltare raramente e mostra anche un buon senso della posizione; i difetti principali sono lo stacco di testa non eccelso e l’inesperienza che lo porta a commettere qualche errore fisiologico per un esordiente, nulla che in futuro non si possa limare. Se si saprà confermare l’anno prossimo, l’Athletic potrà dire di aver trovato un centrale di grande livello.

Iraola 7,5: temporada con un rendimento medio ottimo e picchi di assoluta eccellenza, come certificato dalla convocazione di Del Bosque per la tournee amichevole negli Stati Uniti che rafforza la sua posizione nella Roja come vice-Ramos. Come ogni anno, Andoni ha fatto della regolarità il leit-motiv della sua stagione: tolte un paio di partite è sempre stato tra i migliori dei suoi, confermando sia i progressi in fase difensiva (iniziati da quando Caparros siede sulla panchina biancorossa), sia l’attitudine alla spinta che ha fatto della fascia destra dell’Athletic una delle corsie preferenziali per lo sviluppo della manovra offensiva. I quattro gol realizzati sono un’ulteriore testimonianza della polivalenza di questo calciatore straordinario, più adatto ad un’idea di calcio totale che alla rigidità del 4-4-2 dell’utrerano. Fondamentale.

Aurtenetxe 7: se non si fosse infortunato dopo una decina di partite e non fosse rimasto fuori più di tre mesi, avrebbe quasi sicuramente potuto lottare per un posto nella squadra delle rivelazioni di cui ho scritto in precedenza. Avere 18 anni e giocare senza paura: la nidiata dei ragazzini terribili dell’Athletic, campioni di tutto l’anno scorso, ha prodotto un difensore tecnicamente dotato e in grado di tenere il campo con l’autorità di un veterano. Jon è un centrale che può disimpegnarsi anche come terzino sinistro, posizione nella quale lo ha impiegato Caparros; la sua interpretazione del ruolo, ovviamente piuttosto bloccata, è stata compensata dalla solidità e dall’efficacia nella fase difensiva mostrate contro avversari molto più esperti di lui punto. Talvolta ha sofferto, com’è giusto che sia per un esordiente in Primera, ma ha comunque mostrato qualità non comuni per uno della sua età. A parer mio andrebbe provato come centrale, lasciando la corsia sinistra a un terzino di spinta (mi riferisco in particolare a Saborit, compagno di squadra di Aurtenetxe nello Juvenil).

Amorebieta 6,5: stagione piuttosto tribolata per il basco-venezuelano, tormentato tutto l’anno dagli infortuni muscolari e in campo solo 17 volte (16 da titolare) su 38 partite. Importanti, però, i segnali di ripresa che ha lanciato nell’ultimo mese di Liga, durante il quale ha ritrovato una maglia da titolare ed è sembrato meno irruente del solito. A 26 anni compiuti non può più nascondersi dietro un dito: o fa il definitivo salto di qualità, realizzando l’ambizioso desiderio di imporsi come uno dei migliori centrali iberici, o resterà per sempre un giocatore da “vorrei ma non posso”, o per meglio dire “potrei ma non voglio”, cioè un elemento con grandi potenzialità non del tutto espresse. Il suo problema non è né tecnico né tantomeno fisico, ma psicologico: Fernando deve superare quei limiti caratteriali che finora gli hanno impedito di confermarsi su standard di rendimento d’eccellenza; come dimenticare le entrate assurde, le espulsioni rimediate per fallacci a metà campo e le amnesie che ogni tanto lo colgono? Nelle ultime partite di campionato ha giocato con grande tranquillità ed equilibrio: lo stop forzato e la perdita di una maglia che credeva sua di diritto lo avranno fatto maturare? Lo scopriremo la prossima stagione.

San José 6,5: partito fortissimo, il 22enne centrale navarro si è guadagnato una maglia nell’under 21 spagnola e ha ricevuto unanimi consensi, venendo indicato come uno dei giovani difensori più promettenti insieme a Victor Ruiz dell’Espanyol (ora al Napoli) e Alberto Botia dello Sporting Gijon. Il suo percorso, però, è stato l’opposto di quello di Amorebieta, visto che Mikel ha iniziato ad accusare ad aprile le fatiche di una stagione molto impegnativa e ha concluso il campionato in panchina, troppo spremuto per poter affrontare da titolare lo sprint finale per l’Europa. Personalmente credo che il giocatore abbia avuto poche colpe e abbia pagato piuttosto una gestione non proprio ottimale da parte di Caparros, allenatore che non ama cambiare la propria formazione di base neppure di fronte a cali fisici evidenti dei suoi uomini. Le qualità di San José non sono in discussione, anche se una coppia centrale composta da lui e da Ekiza è forse troppo inesperta per reggere l’urto contro le squadre più forti; l’ex del Liverpool ha comunque tempo e capacità per migliorare una temporada meno brillante del previsto, specie l’anno prossimo quando ci sarà da giocare su tre fronti.

Koikili 6: Caparros lo ha utilizzato molto poco rispetto alla bontà delle sue prestazioni (per lui solo 18 presenze totali tra campionato e coppa), un peccato vista l’inconsistenza degli altri sostituti di Aurtenetxe. Il terzino di Otxandio è uno di quei giocatori su cui si può sempre contare e anche quest’anno ha confermato tutta la sua affidabilità, eppure il tecnico non gli ha mai consegnato le chiavi della fascia sinistra dopo l’infortunio di Jon e lo ha addirittura tolto dalle rotazioni a marzo, nonostante Castillo e Balenziaga non abbiano fatto cose trascendentali quando sono stati mandati in campo. Difensivamente impeccabile e capace di spingere al momento giusto, Koi forse ha pagato la querelle sul rinnovo del contratto (poi prolungato fino a giugno del 2012) giocando molto meno di quanto avrebbe meritato. Contro il Barcellona il Copa del Rey ha fermato Messi ed è stato uno dei migliori, mostrando di essere ancora un elemento importante per l’Athletic.

Ustaritz 5: ogni anno gioca sempre meno e sempre peggio, anche perché non ha nelle gambe il ritmo partita e per trovarlo dovrebbe stare in campo più di un paio di volte di fila. Dispiace terribilmente per questo ragazzo nato e cresciuto nel vivaio biancorosso, capace di disputare una prima stagione tra i “pro” eccezionale e finito via via ai margini della squadra soprattutto a causa degli infortuni che non lo hanno mai abbandonato, colpendolo spesso quando sembrava poter tornare a lottare per un posto nell’undici titolare. Ormai è una riserva, e nemmeno delle più affidabili. A questo punto non sarebbe male pensare di cederlo, magari in prestito, sia per dare spazio a qualche canterano interessante, sia per fargli ritrovare la fiducia perduta.

Castillo 5-: ignorato da Caparros per tre quarti della stagione, è stato inopinatamente riproposto titolare da aprile fino alla fine della Liga. Il motivo? Sconosciuto ai più, visto che in campo non ha mai lasciato il segno. Curioso caso di terzino di spinta (e quindi poco interessato alla fase difensiva) che non mette un cross pulito che sia uno, risultando quindi più dannoso che inutile, è pure riuscito a rimediare due cartellini rossi in 11 presenze, un record. Io lo taglierei immediatamente, vedremo cosa deciderà la nuova dirigenza.

Aitor Ocio, Balenziaga n.g.

mercoledì 8 giugno 2011

Il pagellone 2010/2011: i portieri.


Gorka Iraizoz: per lui una sola partita saltata in tutta la stagione.

Iraizoz 5: nel contesto di un’annata positiva per gran parte dei giocatori biancorossi, il portiere navarro ha rappresentato un’eccezione non da poco. Il sospetto che non si trattasse di quell’ottimo estremo difensore che molti (me compreso) pensavano fosse al momento del suo acquisto dall’Espanyol si era già palesato nelle scorse stagioni, e purtroppo quest’anno è esploso in tutta la sua drammaticità divenendo una triste evidenza fattuale. Gli errori macroscopici, costati spesso più di un punto, sono stati numerosi, ma con frequenza ancora maggiore si sono viste tutte quelle piccole incertezze (uscite a metà, palle sfuggite di mano, interventi in due tempi su conclusioni non difficili, ecc) che alla fine della fiera pesano più delle cosiddette “cappelle”, poiché minano nel profondo il rapporto di fiducia tra difensori e portiere che è condizione necessaria e sufficiente per creare un reparto arretrato veramente affidabile. A 30 anni appena compiuti Gorka è un portiere ancora giovane (il ruolo, si sa, nel calcio è quello più longevo), tuttavia viene da chiedersi se non sia il caso di dare spazio a Raul e Aitor Fernandez, due prodotti di Lezama di cui si dice un gran bene e che aspettano solo di poter mostrare le proprie qualità in partite ufficiali.

Raul s.v.: la tentazione di dare un 6 d’incoraggiamento a questo giovane classe ’88 era forte, però alla fine ha prevalso la considerazione che una sola partita giocata, per quanto buona sia stata, non può bastare per dare un voto al giocatore. Il gigante bilbaino (è alto 1,96 m e pesa 88 kg) ha aspettato in silenzio, senza alcuna polemica, che Caparros gli concedesse l’esordio in prima squadra, anche se l’utrerano è sembrato “verderlo” molto poco; indicativa, in tal senso, la scelta di non farlo giocare neppure contro l’Alcorcon in Copa del Rey, competizione nella quale spesso vengono schierati i portieri di riserva. Il ragazzo non ha protestato e ha continuato ad attendere nell’ombra, finché la squalifica per somma di ammonizioni rimediata da Iraizoz gli ha spalancato le porte della Primera, e in che occasione: il derby con la Real Sociedad al San Mamés! Raul non si è fatto prendere dall’emozione e ha sfoderato una prova davvero incoraggiante, capitolando solo di fronte all’autogol di Javi Martinez e blindando alla grande la propria porta; in particolare è risultato molto sicuro sulle uscite alte, storico tallone d’Achille del collega titolare. A detta di molti meriterebbe più spazio, vedremo se Jokin o il suo successore decideranno di dargli fiducia.

Aitor n.g.

giovedì 26 maggio 2011

Presentato Ander Herrera.


Ander Herrera con la sua nuova maglia (foto Athletic-club.net).

Il campionato si è chiuso solo pochi giorni fa, ma l’Athletic ha già presentato, nella serata di ieri, quello che senza dubbio sarà il fiore all’occhiello della campagna acquisti 2011: Ander Herrera. Come da accordo con il Saragozza (cui sono stati versati 8,5 milioni che potrebbero diventare più di 10 a seconda delle prestazioni del giocatore, non proprio bruscolini), una volta che il club aragonese ha concluso la sua Liga, ottenendo peraltro la salvezza all’ultimo turno, il 22enne centrocampista si è immediatamente trasferito a Bilbao, dov’è nato ma dove non ha mai giocato; il padre, infatti, chiuse la sua carriera da giocatore a Saragozza diventando poi dirigente della società, e fu lì che suo figlio mosse i primi passi nel mondo del calcio. Parlando dell’acquisto in sé, chi frequenta questo blog sa già che a suo tempo l’operazione non mi ha trovato assolutamente d’accordo, vuoi per il costo, vuoi soprattutto perché l’Athletic è un club di cantera, e va da sé che acquistare altrove un calciatore toglie spazi importanti a chi si è formato nelle giovanili (in questo caso a Iturraspe e forse anche a Ruiz de Galarreta, classe ’93 di cui si dice un gran bene). Ora che l’affare è stato fatto da tempo e che Herrera è stato presentato, però, è inutile intavolare ragionamenti più o meno interessanti sulla filosofia dell’Athletic; credo sia più proficuo soffermarsi sulle caratteristiche tecniche di Ander e capire coma potrà inserirsi nel gioco biancorosso e cosa potrà dare in termini di valore aggiunto. Innanzi tutto, sgombriamo il campo da eventuali dubbi sulla bravura del giocatore: Herrera è un progetto di campione, pochi scherzi, e starà al prossimo allenatore dei Leoni farlo sbocciare in maniera definitiva. Dal punto di vista tattico, l’ex numero 8 del Saragozza è elemento versatile e capace di ricoprire più ruoli: esterno destro (di quelli portati ad accentrarsi più che a cercare il fondo), mezzala, trequartista centrale (il suo ruolo naturale) e, da quest’anno, anche regista in un classico doble pivote con un mastino a scortarlo. Non sapendo quale sarà il destino di Caparros è difficile dire come verrà impiegato Ander, tuttavia a Bilbao non si gioca con un “10” dietro le punte dai tempi dello Yeste di Valverde, per cui si può tranquillamente ipotizzare che il ragazzo verrà impiegato prevalentemente come centrocampista puro. L’ipotetica coppia che andrebbe a formare in tal caso con Javi Martinez, inutile dirlo, è intrigante come poche, in potenza una delle migliori della Liga e senza dubbio la più forte dai tempi di Gurpegi-Orbaiz pre-squalifica di Carlos e pre-infortunio al ginocchio di Pablo. Più volte ho sottolineato come Javi Martinez sia un calciatore con caratteristiche uniche nel panorama spagnolo, che però non comprendono la capacità di organizzare la manovra come un regista; il navarro ha una buona tecnica e sa come velocizzare l’azione giocando a uno-due tocchi, però non ha nelle corde i lanci di 30 metri, non sa vedere i buchi nelle difese avversarie e fatica a trovare i passaggi necessari a scardinare squadre bloccate. Herrera, al contrario, possiede un controllo di palla e una visione di gioco straordinari, oltre alla naturale predisposizione alla triangolazione con i compagni e alla ricerca del dialogo rasoterra: proprio il centrocampista che manca all’Athletic, dunque. Ciò che gli manca fisicamente e a livello di attitudine difensiva potrebbe facilmente essere compensato dall’esplosività e dalla facilità di corsa di Javi Martinez, e a questo punto vi lascio immaginare cosa potrebbe combinare un duo del genere. Se poi Caparros (o chi siederà al suo posto) decidesse di optare per uno schema con Gurpegi e JM nel mezzo e Ander nella sua posizione preferita, qualche metro più avanti, il discorso potrebbe farsi se possibile ancor più interessante; con Jokin penso che una strada del genere sia pura fantascienza, eventualmente vedremo cosa deciderà un altro allenatore nel caso in cui l’utrerano non dovesse essere confermato. Insomma, pur non approvando per una questione di filosofia l’acquisto di Herrera, credo che dal punto di vista squisitamente tecnico-tattico Ibaigane abbia messo a segno un colpaccio clamoroso, specie considerando che, allo stato attuale delle cose, sembra che le uniche due squadre in grado di comprare giocatori sopra la media siano Barcellona e Madrid. Che un prospetto di valore assoluto come Ander abbia scelto Bilbao rappresenta un fatto più unico che raro, dovuto con tutta probabilità a tre fattori: la pressione del padre, tifoso biancorosso e il cui sogno da calciatore, ahilui irrealizzato, era quello di giocare con la maglia zurigorri; l’opera di convincimento di alcuni compagni di under 21 (Javi Martinez, San José, Muniain), che senza dubbio gli avranno parlato delle rinnovate ambizioni della società; la semplice constatazione che in un club di primissima fascia imporsi non è facile per uno della sua età (vedasi quanto successo a Canales a Madrid), mentre giocare nell’Athletic significa potersi assumere delle responsabilità in un ambiente che comunque non richiede la vittoria di un trofeo come unico metro di paragone per valutare una stagione (e quindi mette meno pressione). Francamente non penso che Herrera abbia scelto i Leoni per diventarne una bandiera, ma che abbia ritenuto di potersi ritagliare un ruolo di primo piano in una squadra che comunque è in Europa (e tra le prime sei nella Liga) per poi spiccare il volo, anche perché l’attuale selezionatore della nazionale, Del Bosque, ha mostrato di non avere i pregiudizi del suo predecessore in materia di calciatori dell’Athletic. Vedremo, intanto ongi etorri, Ander!

Situazione mister: Urrutia, che sarà probabilmente l’unica alternativa seria a Macua, secondo Marca sta scandagliando il mercato internazionale per individuare l’allenatore col cui nome si presenterà alle prossime elezioni. In mezzo alle classiche sparate nel puro stile del quotidiano iberico (tra le altre, Villas Boas – fra un po’ verrà fuori che lo vuole pure il Pizzighettone -, Rijkaard e addirittura Van Gaal!), c’è un tecnico che vedrei benissimo nel Botxo e che avevo citato in un commento di qualche tempo fa: Didier Deshamps. Basco francese, l’ex capitano della Juventus manifestò a fine carriera l’intenzione di chiudere col calcio disputando un’ultima stagione da professionista proprio con l’Athletic, ma la trattativa col Chelsea saltò e lui si accasò al Valencia. A fine stagione Deshamps abbandonerà al 99% la panchina del Marsiglia e sarà disponibile, io sinceramente lo vedrei benissimo, per carattere e idea di calcio, sulla nostra panchina. E voi?

martedì 24 maggio 2011

38a giornata: Racing 1-2 Athletic.


La gioia biancorossa a fine partita (foto Athletic-club.net).

Racing Santander: Toño; Pinillos (55' Kennedy), Torrejón, Henrique, Christian; Francis, Tziolis, Lacen, Munitis (77' Cisma); Giovani, Rosenberg (69' Bolado).
Athletic Club: Iraizoz; Iraola, Ekiza, Amorebieta, Castillo; David López (89' Gurpegui), Orbaiz, Javi Martínez, Muniain (84' Gabilondo); Toquero (74' Ibai Gómez), Llorente.
Reti: 20' David López, 21' Llorente, 88' Kennedy.
Arbitro: Alfonso Álvarez Izquierdo (comité catalán).
Note: espulso al 73' Francis (R) per doppia ammonizione.

Signore e signori, siamo in UEFA, e dalla porta principale! Con la vittoria di ieri al Sardinero, infatti, l’Athletic ha ottenuto la certezza del sesto posto e ha così evitato il turno preliminare che toccherà all’Atletico Madrid, giunto settimo a causa della classifica avulsa. Non è stata una bella partita dei Leoni, bravi però a capitalizzare al massimo le occasioni create e a sfruttare la vena di un Llorente versione trascinatore; segnando ieri, il numero 9 ha concluso la stagione a quota 18 reti in 38 partite (totale stagionale 19 in 41), numeri che non si vedevano dai tempi del miglior Urzaiz. A Nando sono bastati due lampi nel giro di un solo minuto per decidere la partita: al 19’ si è guadagnato una punizione dal limite poi trasformata dal destro di David Lopez, sempre più somigliante – con la dovuta distanza, s’intende – al Beckham ultima maniera, quindi ha segnato al 20’ sfruttando una bella verticale di Orbaiz e un errore di Henrique. Il Racing fino a quel momento aveva letteralmente dominato e ha subito il colpo, abbattendosi ancor di più quando Iraizoz ha salvato due volte, al 33’ e al 35’, sull’ex attaccante del Werder Brema Rosenberg, presentatosi in entrambi i casi solo davanti al portiere navarro. La ripresa è stata giocata in controllo da parte dei biancorossi, specie dopo il rosso rimediato al 73' da Francis per doppia ammonizione; il gol di Kennedy a due minuti dal termine teoricamente avrebbe potuto accendere il finale di gara, tuttavia i padroni di casa non ne avevano abbastanza per mettere seriamente in pericolo la porta altrui. Vincendo nella sempre difficile trasferta in terra cantabrica l’Athletic ha così respinto l’assalto dell’Atletico Madrid e ha reso inutile la vittoria dei colchoneros a Maiorca, ottenendo un sesto posto che rappresenta il miglior risultato di Caparros nel suo quadriennio alla guida della squadra. Come valutare la stagione degli zurigorri? Positivamente, senza dubbio, anche se tutti i dubbi espressi nel post precedente dedicato interamente a Jokin restano. In tutta sincerità, credo che il ciclo dell’allenatore di Utrera debba finire qui perché questo risultato è il massimo che il tecnico potrà mai ottenere a Bilbao. Caparros è storicamente un tecnico bravissimo a ricostruire, a far rendere al massimo rose anche poco competitive (salvò un Depor forse peggiore di quello che è retrocesso quest’anno), a creare le condizioni migliori per proiettare una squadra al vertice. Il problema nasce quando va fatto l’ultimo salto di qualità, il passo decisivo per abbandonare la condizione “vorrei ma non posso” e diventare grandi una volta per tutte, raggiungendo davvero quel vertice e non mollandolo alle prime difficoltà. Esemplificativa, in tal senso, la sua esperienza a Siviglia: ricostruì l’ambiente, lanciò alcuni giovani di belle speranze che sarebbero poi diventati grandissimi giocatori, insomma gettò le fondamenta di quello che sarebbe diventato il Siviglia vincitore di titoli in serie, in patria e in Europa. Quando gli andalusi alzarono la UEFA, però, a guidarli c’era Juande Ramos, che raccolse i frutti del lavoro di Caparros e li valorizzò al meglio. Insomma, per farla breve Jokin sembra essere un allenatore di medio cabotaggio, bravo in determinate situazioni ma non spendibile in contesti più ambiziosi, soprattutto perché la sua idea iper-conservativa di calcio mal si sposa con le esigenze di chi gioca per le prime posizioni della classifica o per arrivare in fondo a determinate competizioni; poi si sa che alla fine vince solo una squadra, ma gli atteggiamenti tra chi accoglie un sesto posto come un risultato fantasmagorico e chi lotta fino all’ultima giornata per arrivare almeno quarto sono diversi, eccome. Ora che la stagione è conclusa tutta l’attenzione si concentrerà sulle elezioni presidenziali piuttosto che sul mercato, visto che sarà molto differente a seconda di chi verrà eletto; anche qui cercherò di dare conto dei programmi dei candidati, non appena si presenteranno ufficialmente, e del futuro che si prospetta per il nostro amato club. Spero di non dover scrivere niente su una o più cessioni eccellenti, anche se le voci di una possibile partenza di Llorente o Javi Martinez (o addirittura entrambi) sono tornate a farsi sentire con insistenza.

martedì 17 maggio 2011

Caparros sì o no?


Joaquin Caparros (foto Zimbio.com).

Poco da dire sulle ultime due partite di Liga che non ho commentato. Martedì con il Depor l'Athletic ha restituito il favore-salvezza che i galiziani ci fecero nel 2006, quando il 2-1 ottenuto in trasferta al Riazor alla penultima giornata permise ai Leoni, allora guidati da Clemente, di ottenere la permanenza in Primera al termine di una stagione davvero travagliata. Stavolta erano i biancazzurri a dover ottenere i tre punti per portarsi in una zona di classifica più tranquilla, e va detto che i bilbaini hanno quantomeno giocato sottoritmo dopo essere passati subito in vantaggio, specie nella ripresa. L'autorete di Castillo ha sancito il 2-1 per i padroni di casa e la loro quasi certa salvezza. Ieri al San Mamés è andato in scena il più classico dei pareggi che accontentano tutti: il Malaga con il punto ottenuto si è salvato matematicamente, mentre l’Athletic ha ottenuto la certezza della qualificazione UEFA, la 25a della storia zurigorri. La partita è stata viva fino all’1-1 di David Lopez su rigore (se non avete visto l’azione fatelo subito: prima il riojano ha calciato sulla traversa un penalty concesso per fallo di Demichelis su Llorente, quindi ha insaccato un secondo rigore causato dal “mani” di Eliseu sulla respinta del legno!), dopodiché le squadre hanno smesso di giocare, meritandosi i fischi di un San Mamés poco incline ad accettare certe sceneggiate. I Leoni bene o male hanno fatto il loro dovere, ora gli resta solo da vincere l’ultima di campionato per evitare un turno di qualificazione ai gironi UEFA in più.
Dato che non trovo nient'altro da aggiungere sulle partite, ne approfitto per postare il pezzo su Caparros che avevo preannunciato nei giorni scorsi. Nient'altro che l'elenco (spero il più obiettivo possibile) sui motivi per cui tenerlo e su quelli per cui salutarsi a fine stagione. Voi da che parte state?


Perché tenerlo:
1. Ha preso la squadra dopo un biennio orribile, nel quale venne sfiorata per due volte consecutive la retrocessione (l’anno prima, quello di Sarriugarte-Mané, la salvezza venne ottenuta solo all’ultima giornata), e le ha dato un’innegabile continuità di risultati, tenendola sempre lontana dalle zone pericolose della classifica.
2. Sotto la sua direzione la difesa ha smesso di essere il principale tallone d’Achille dell’Athletic. Non dimentichiamo che, prima dell’arrivo dell’utrerano, il reparto arretrato biancorosso era il più battuto della Liga nel nuovo millennio, mentre adesso si è stabilizzato ad un discreto livello di rendimento, fortunatamente lontano da quello delle difese più battute del torneo. In particolare, il primo anno di Caparros fu il migliore dal punto di vista del rendimento del reparto arretrato, con pochi gol incassati e una ritrovata sicurezza che si percepiva chiaramente durante le partite; tale situazione è andata scemando nel corso delle stagioni, tuttavia è innegabile che i Leoni non siano più i colabrodi di qualche tempo fa.
3. Ci ha riportato in Europa dopo cinque anni di lontananza (quattro se si considera l’irrisoria partecipazione all’Intertoto con Mendilibar, finita subito con l’eliminazione al primo turno). La campagna in Coppa UEFA fu peraltro positiva fino al doppio confronto agli ottavi con l’Anderlecht, giocato male e conclusosi con una scoppola memorabile subita a Bruxelles. Non dimentichiamo inoltre che l’anno scorso siamo stati in corsa fino a poche giornate dalla fine del campionato per la qualificazione in Champion’s League, traguardo che manca dal 1998.
4. Nel 2009 ha guidato i Leoni alla prima finale di Coppa del Re dopo un digiuno infinito, lungo ben 24 anni (l’ultima era stata Athletic-Atletico Madrid 1-2 del 1985). Il cammino in quell’edizione di Copa non fu clamoroso (prima della semifinale con Siviglia i biancorossi eliminarono Recreativo di Huelva, Osasuna e Sporting Gijon), tuttavia resta innegabile la grande impresa compiuta dal mister e dai suoi giocatori. La finale contro il Barcellona fu giocata bene per mezz’ora, poi i blaugrana rimontarono il gol iniziale di Toquero e a quel punto si notarono tutte le lacune della squadra in fase di proposizione del gioco. L’impresa però, come detto, resta.
5. Ha lanciato in prima squadra molti giovani del vivaio, non tutti confermatisi ad alti livelli ma in generale utili alla causa della prima squadra. Su tutti spiccano i nomi di Susaeta, Iturraspe e soprattutto Muniain.
6. Ha incoraggiato la politica di monitoraggio delle squadre minori basche al fine di ingaggiare quei famosi “talenti di provincia” non ancora esplosi oppure finiti, per un motivo o per un altro, a calcare i palcoscenici meno prestigiosi del futbol iberico. Una politica che ha pagato, portando agli ingaggi di due colonne della prima squadra come Koikili e Toquero e a quelli di alcune giovani promesse come De Marcos, Igor Martinez e Urko Vera.
7. Ha dato un impianto di gioco riconoscibile alla squadra (4-4-2 verticale che privilegia le fasce e gli inserimenti sulle seconde palle) e innegabilmente ha mostrato momenti di buon calcio, soprattutto quest’anno.

Perché non tenerlo:
1. La scarsa qualità del gioco è senza dubbio uno dei più grandi crucci dei tifosi biancorossi da quando Caparros siede sulla panchina dell’Athletic. Difficoltà nel manovrare rasoterra, nessuna ricerca della superiorità nel possesso palla, scarsa attenzione all’elaborazione dell’azione offensiva attraverso il coinvolgimento di più di 3-4 giocatori: tutto ciò porta ad avere un gioco sì verticale e diretto, ma anche maledettamente facile da leggere e poco attraente dal punto di vista estetico. Diciamoci la verità: tante, troppe volte le partite dei Leoni sono state uno strazio e hanno rappresentato un inno all’anti-calcio più spinto. Qualcosa di meglio si è avuto in questa stagione, almeno fino a metà campionato: troppo poco, però, per dimenticare le decine di pomeriggi trascorsi a vedere pallonate dalla difesa per la testa di Llorente, e stop.
2. Considerando la qualità complessiva della rosa, che può contare su tre nazionali maggiori (di cui due campioni del Mondo) e uno svariato numero di nazionali under 21 o minori, risulta chiaro che la sfilza di posizioni di metà tabellone messa insieme dall’Athletic sotto la guida di Caparros non rappresenta un traguardo così lusinghiero. Nel contesto di una Liga impoveritasi anno dopo anno nella sua classe media (basti pensare al ridimensionamento notevole di realtà quali Siviglia, Valencia e Atletico Madrid, per tacere del Depor o delle retrocesse “di lusso” Celta Vigo, Betis e Real Sociedad), essere arrivati solo due volte sopra il decimo posto non mi pare un grandissimo risultato. Si poteva fare di più, senza dubbio.
3. Analizzare nello specifico le varie stagioni biancorosse significa salire sulle montagne russe, paragone che spesso ho proposto nei miei commenti. E d’altra parte è proprio l’alternanza tra vittorie e sconfitte, tra buone prestazioni e partite inguardabili a costituire uno dei tratti principali della gestione di Caparros. Quante volte ci siamo esaltati per una serie di belle vittorie per poi sprofondare nell’incertezza causata da una serie di risultati negativi? A ben guardare, è stata proprio questa mancanza di continuità nel corso di una singola stagione a negarci piazzamenti finali migliori di quelli poi ottenuti. Un esempio perfetto di ciò si è avuto in questa temporada, con la serie di quattro vittorie consecutive (record della stagione 1997/98 eguagliato) vanificata dalle pessime prestazioni nelle gare successive. Con un po’ più di continuità, la zona Champion’s adesso sarebbe molto più vicina.
4. Un altro aspetto che su questo blog è stato più volte sottolineato è l’atteggiamento troppo rinunciatario assunto dalla squadra in determinate partite, soprattutto in trasferta. La “prudenza” di Caparros ci avrà anche evitato le figuracce del biennio precedente al suo insediamento, tuttavia credo che i punti persi a causa dell’eccessivo difensivismo siano molti di più di quelli guadagnati grazie ad esso. Difficile dimenticare le barricate innalzate dalla squadra innumerevoli volte dopo essere passata in vantaggio, e che solo in rari casi hanno resistito (mi viene in mente l’1-0 al San Mamés contro il Madrid, gol dopo 2’ e poi 88 minuti di assalti merengues respinti in qualche modo). Spesso ho pensato che un club come l’Athletic avrebbe dovuto affrontare certi incontri in ben altro modo, e credo proprio di non essere stato il solo a farlo.
5. Uno dei meriti riconosciuti spesso e volentieri a Jokin è la valorizzazione del settore giovanile, ma è tutt’oro quel che luccica? In realtà, non è difficile notare che la percentuale di giovani “made in Lezama” fatti esordire in Primera dal tecnico di Utrera non è così elevata… ma soprattutto, sono davvero pochi quei canterani che, dopo aver esordito, sono riusciti a conservare una maglia della prima squadra nelle stagioni successive.
6. Ha avallato la discutibile politica societaria degli acquisti da altri club. In campagna elettorale (e sulla scorta di due stagioni pessime prima delle elezioni), Macua promise di rafforzare la squadra con innesti esterni, e infatti arrivarono David Lopez, Cuellar, Munoz e compagnia; da allora, ogni anno sono stati acquistati diversi calciatori, spesso neppure troppo validi, e in tal modo si sono tolti spazi importanti ai giovani del vivaio. Peraltro molti dei soldi spesi potevano essere risparmiati, visto che sono stati spesso investiti in calciatori poco o mai utilizzati; per quale motivo, dunque, l’allenatore ha sempre approvato operazioni del genere per poi non sfruttare minimamente la maggior parte delle nuove risorse fornitegli dalla società?
7. La sua gestione della rosa è stata quantomeno discutibile. E non si parla solo dei nuovi arrivi (anche se sarebbe bello avere una spiegazione dei casi di Cuellar, Munoz, Inigo Velez, Del Olmo e Diaz de Cerio, presi per non giocare mai), ma anche di alcuni senatori accantonati senza tanti problemi. Incredibile in tal senso il caso di Gurpegi: osannato dall’allenatore al rientro dopo la squalifica (le parole esatte di Caparros furono: è Carlos il nostro più grande acquisto), per un anno ha giocato poco e sovente fuori ruolo, dopodiché ha fatto la voce grossa, minacciando di andarsene nel caso in cui l’ostracismo verso di lui non fosse finito, e magicamente è ritornato titolare (ora è quasi indispensabile). Sorte che non è toccata a Ustaritz, mai inserito seriamente nel giro dei titolari, mentre ad Amorebieta è andata meglio: dopo l’infortunio di quest’anno ha fatto quasi un mese tra panchina e tribuna, poi il calo verticale di San José ha consigliato al mister di ripescarlo in tutta fretta.
8. È fossilizzato su un 11 base che non cambia praticamente mai e sembra non conoscere il significato della parola “turnover”, a prescindere dal numero di competizioni su cui la squadra deve competere. Gente come Iraola, Javi Martinez e Llorente è costretta a giocare anche se non si regge in piedi (come si è visto benissimo quest’anno), mentre ci sono elementi potenzialmente freschi che fanno la muffa in panchina.
9. In questi quattro anni Jokin ha mostrato spesso poca reattività in panchina: raramente ha effettuato cambi decisivi e pochissime volte ha cambiato lo schieramento della squadra in corso d’opera per fare bottino pieno.
10. La dedizione con cui propone il 4-4-2 come unico schema di riferimento è proverbiale, tanto da meritarsi un coro scherzoso ma non troppo (“Ca-par-ros, cuatro cuatro dos!”). Sacrificare uomini di talento (uno su tutti Yeste, costretto a giocare in mille ruoli diversi tranne il suo) sull’altare di uno schema immutabile non mi è mai sembrato un segno di particolare perizia tattica.
11. Ai tempi di Valverde ce la giocavamo con tutti, Barcellona e Real Madrid compresi: chi si è scordato dell’1-1 al San Mamés con i blaugrana di Rijkaard (partita eccezionale) o del 2-0 ottenuto al Bernabeu? Nonostante qualche vittoria prestigiosa, su tutte il già citato 1-0 al San Mamés con le merengues, solo in rarissimi casi l’Athletic di Caparros ha dato l’impressione di potersela davvero giocare con le squadre migliori della Liga. Mancanza non da poco per un club della storia e del prestigio di quello basco.

martedì 10 maggio 2011

35a giornata: Athletic 3-2 Levante.


L'esultanza di Toquero dopo il gol del'1-0 (foto Athletic-club.net).

Athletic Club: Iraizoz; Iraola, San José, Ekiza, Castillo; David López, Orbaiz (50' Gurpegui), Javi Martínez, Muniain (65' Gabilondo); Toquero, Llorente (77' Urko Vera).
Levante: Munúa; Javi Venta, Ballesteros, Nano, Juanfran; Xavi Torres, Iborra (72' Pallardó); Xisco Nadal, Rubén Suárez (55' Jefferson Montero), Valdo; Caicedo (62' Stuani).
Reti: 30' Toquero, 47' David López (rig.), 62' Llorente, 76' Stuani, 85' Nano.
Arbitro: Ramírez Domínguez (Comité andaluz).

Che sia la volta buona? Approfittando della giornata estremamente positiva per i risultati sugli altri campi (sconfitte interne di Siviglia e Atletico Madrid, preventivata sconfitta dell'Espanyol nel derby catalano), l'Athletic ha fatto un balzo forse decisivo verso la qualificazione alla prossima Coppa UEFA; ai Leoni, infatti, basterà vincere mercoledì al Riazor col Depor per assicurarsi matematicamente il settimo posto, l'ultimo utile in chiave europea. I biancorossi dovevavno vincere con il Levante e l'hanno fatto, pur rischiando troppo negli ultimi minuti: in vantaggio per 3-0 dopo poco più di un'ora di gioco, hanno incassato due reti evitabilissime nel finale e hanno dovuto stringere i denti per strappare ai valenciani i sospirati tre punti. Missione compiuta, dunque, e bisogna riconoscere che c'è una certa soddisfazione nel constatare come siano lontani i tempi bui dell'ultima partita che avevamo disputato al San Mamés contro il Levante: nel 2007 ci giocammo la salvezza all'ultima giornata, tirando un sospiro di sollievo dopo il 2-0 conclusivo (e su quella partita fu anche aperta un'inchiesta, poi archiviata), mentre stavolta avevamo l'Europa nel mirino. Poco da dire sulla gara: atteggiamento giusto fin dall'inizio e gol meritato al 30' per i padroni di casa (assist da leccarsi i baffi di Muniain per Toquero e tunnel al portiere in uscita), anche se la squadra di Luis Garcia ha dato battaglia e si è dimostrata in un buon momento. Le reti nella ripresa di David Lopez su un rigore alquanto fiscale e di Llorente, che prima aveva fallito un paio di occasioni clamorose, sembravano aver chiuso la partita, ma la rete di Stuani a finalizzare un gran contropiede levantino ha riaperto i giochi. Nano ha poi segnato il 3-2 in mischia e per l'Athletic ci sono stati 5 minuti di passione fino al fischio finale, che per fortuna è arrivato con i Leoni ancora avanti. Da sottolineare la gran prova di Toquero, autore di un gol e di un assist, e la brillante prestazione di Muniain. Adesso manca davvero poco, speriamo che i nostri ragazzi riescano a chiudere il discorso europeo al più presto.

mercoledì 4 maggio 2011

34a giornata: Espanyol 2-1 Athletic.


Iturraspe in azione, da notare la nuova maglia da trasferta (foto As.com).

RCD Espanyol: Kameni; Galán, Amat, Raúl Rodríguez, Chica; Verdú (90' David López), Javi Márquez (75' Rui Fonte); Luis García (75' Isaías), Iván Alonso, Callejón; Osvaldo.
Athletic Club: Iraizoz; Iraola, Ekiza, Amorebieta, Castillo; Gurpegi, Javi Martínez; Susaeta, Iturraspe (46' Llorente), Muniaín (65' Ustaritz); Toquero (58' Orbaiz).
Reti: 34' Osvaldo, 42' Susaeta, 76' Iván Alonso.
Arbitro: José A. Teixeira Vitienes (comité cántabro).

Siamo alle solite. Ancora una volta Caparros ha scelto di giocare per il pareggio, per quel punticino che avrebbe tenuto l'Espanyol a distanza di sicurezza (-6 a 4 giornate dalla fine del campionato), e puntualmente è tornato a Bilbao con una sconfitta in saccoccia. Sconfitta difficile da digerire e che complica maledettamente la strada verso l'Europa, ma sconfitta del tutto meritata. L'Athletic aveva anche avuto la fortuna di rimettere in carreggiata la partita con uno dei suoi tipici gol estemporanei (nell'occasione, uno splendido calcio piazzato di Markel Susaeta), eppure è riuscito a sprecare tutto con una condotta di gara indecente, letteralmente indegna di una squadra gloriosa come quella biancorossa. A fine stagione si tireranno le somme, ma non capisco come facciano i difensori di Jokin a rimanere fermi nelle loro posizioni dopo prestazioni come quella di Barcellona.
Il mister di Utrera stupisce tutti e fa riposare Llorente proprio nella partita che, in caso di vittoria, potrebe chiudere il discorso UEFA: al posto di Nando c'è Toquero come prima punta, supportato da una linea di trequartisti formata da Susaeta, Iturraspe (fuori ruolo) e Muniain; in difesa viene confermata la coppia Ekiza-Amorebieta, così come Castillo in luogo di Koikili. Ragionamenti sui moduli e sugli uomini a parte, è l'atteggiamento giusto a mancare fin dalle prime battute: i Leoni sono remissivi come gattini e lasciano palla e iniziativa agli avversari, limitandosi a presidiare la propria metà campo e a lanciare lungo per Toquero, purtroppo inadeguato da centravanti unico. L'Espanyol sfiora la rete in un paio di occasioni (clamorosa una parata di Iraizoz su Ivan Alonso, presentatosi solo davanti al portiere navarro), quindi al 34' raccoglie i frutti della pressione continua segnando con Osvaldo in sospetta posizione di fuorigioco. I biancorossi, presentatosi in campo con la nuova maglia verde da trasferta, non si danno una mossa nemmeno dopo lo svantaggio: il pelotazo dalla difesa resta l'opzione privilegiata per portarsi in avanti, e va da sé che in una situazione tattica del genere la presenza di Iturraspe diventa quasi superflua, visto che il giovane centrocampista non ha le caratteristiche fisiche per giocare sulle seconde palle come fa Toquero quando agisce in coppia con Llorente. Al 42', però, i bilbaini vanno in gol al primo tiro in porta. Il merito è tutto di Susaeta, che batte alla perfezione un calcio di punizione dal limite e insacca la sua prima rete stagionale. In chiusura di tempo ai padroni di casa non viene poi assegnato un rigore solare per fallo di Iraizoz, uscito malissimo, su Ivan Alonso. Vedendo Llorente in campo a inizio ripresa si ha la speranza che Caparros abbia deciso di cambiare qualcosa nel gioco dei suoi, invece il copione resta immutato nonostante il passaggio al 4-4-2. Addirittura l'allenatore supera sé stesso con due cambi che sarebbe eufemistico definire trapattoniani: Orbaiz per Toquero al 58' (con Susaeta avanzato a seconda punta) e Ustaritz per Muniain (!) al 65', mossa che comporta l'adozione di una difesa a 5 mai vista in precedenza. Una roba del genere non può che essere punita dagli dei del calcio, e giustamente al 75' Ivan Alonso la butta dentro su assist di Osvaldo, penetrato in area (ironia del destino) proprio dalla parte del neo-entrato Ustaritz. Una volta sotto l'Athletic si sveglia e negli ultimi 10 minuti spaventa Kameni con un tiro di Gurpegi e un paio di mischioni furibondi in area, senza però trovare il fondamentale gol del 2-2.
E così siamo di nuovo a commentare una sconfitta derivata da un'attitudine non difensivistica, termine che non mi dispiace e che può essere associato a un calcio di grande qualità, ma rinunciataria ad ogni livello. Come si possa pretendere di non uscire sconfitti quando si tira in porta due volte in tutto il match e, cosa più grave, si lascia l'iniziativa nelle mani avversarie per 80 minuti filati è cosa aldilà della mia comprensione. Caparros ci aveva illuso fino a metà stagione, mostrando un'idea di gioco semplice, piacevole ed efficace, tuttavia adesso è tornato quello di sempre. E' troppo sperare che il prossimo anno non sieda più sulla nostra panchina?