martedì 24 marzo 2015

Iñaki Williams, la perla nera di Lezama.


Williams dopo il primo gol con l'Athletic (foto Uefa.com).

Anima africana e cuore basco. Pelle nera come l’ebano sotto una maglia biancorossa da leggenda. La sua è una storia di speranza, riscatto e fiducia in un futuro multiculturale, nel contesto di una realtà tacciata spesso (e a sproposito) di chiusura mentale, se non direttamente di razzismo.
Iñaki Williams ha un destino diverso da quello di un normale calciatore. È il volto di una nuova era e il peso di questa responsabilità lo accompagnerà sempre. Dovunque andrà, le tifoserie “nemiche” gli ricorderanno che è un basco e per di più “negro”, cercando di esasperarlo e di farlo esplodere. Ogni suo gesto sarà studiato e sezionato dai media, che già adesso lo stanno investendo di una popolarità che potrebbe anche far perdere l'orientamento a un ragazzo di appena 20 anni. Ma Iñaki sembra avere le spalle larghe e un carattere ben diverso da quello di Mario Balotelli, al quale alcuni giornali (in particolare quelli italiani...) hanno già iniziato a paragonarlo. Un confronto insensato sia sul piano squisitamente tecnico che su quello personale. Williams e Balotelli condividono solo due cose, il colore della pelle e le origini ghanesi; per il resto, anche da lontano appaiono due mondi differenti (per fortuna).
Iñaki Williams nasce a Barakaldo, vicino Bilbao, il 15 giugno del 1994. Suo padre, ghanese, e sua madre, liberiana in fuga dalla guerra civile, si sono incontrati e innamorati in un campo profughi nei pressi di Accra, la capitale del Ghana, dal quale sono partiti verso l'Europa in cerca di un futuro migliore. Quando loro figlio è ancora piccolo si spostano a Pamplona per trovare lavoro, tuttavia Felix Williams non ha fortuna e decide di trasferirsi a Londra, mentre il resto della famiglia resta in Navarra. Non sono anni facili, questo è sicuro, ma il piccolo Iñaki ha un talento: gioca bene a futbol. Soprattutto è veloce, velocissimo, e ha un ottimo rapporto con la porta avversaria. Muove i primi passi nel Club Natación, nell'orbita dell'Osasuna, ma grazie alla segnalazione di un osservatore dell'Athletic si trasferisce al CD Pamplona, affiliato dei bilbaini. Iñaki ogni tanto si allena anche a Lezama, tuttavia i responsabili del settore giovanile non sono convinti. Il giovanissimo Williams ha velocità e senso del gol, è vero, ma difetta di tecnica e i tecnici hanno dei dubbi riguardo al suo possibile sviluppo fisico. Il ragazzo resta così sospeso tra Pamplona e Bilbao, finché non viene convocato per un provino a Lezama. È in età juvenil e una decisione sul suo futuro non si può più rimandare: o dentro o fuori. Nonostante le caterve di gol segnati col CD Pamplona, la decisione di inserirlo nel Juvenil de Honor viene presa solo negli ultimissimi giorni del provino. Iñaki ce l'ha fatta: è un giocatore dell'Athletic. Da quel momento il suo cammino è caratterizzato da un'ascesa vertiginosa. Al primo anno in biancorosso segna 31 gol in 31 presenze di campionato, dominato dai ragazzi di Gontzal Suances, più 4 reti in 7 partite di Copa (sconfitta in finale con il Real Madrid). La stagione successiva (2013/2014) viene inserito nella rosa del Basconia, ma dopo 18 presenze, 7 gol e un'operazione al menisco si trasferisce nel Bilbao Athletic, in Segunda B, dove mette a referto 8 reti in 14 apparizioni. Inizia la temporada attuale nel filial e continua a stupire: va a bersaglio 13 volte in 18 partite e si segnala per il livello altissimo delle sue prestazioni. Con la squadra impegnata su tre fronti e l'apporto pressoché nullo di Viguera e Sola, la decisione di Valverde di convocarlo coi “grandi” dopo l'infortunio di Guillermo è giusta e naturale. L'impatto di Williams è clamoroso: pur segnando una sola rete col Torino in EL (anche perché viene utilizzato quasi esclusivamente come ala destra), la freschezza e l'indubbio talento lo rendono un elemento chiave dell'undici titolare nel giro di appena un mese, relegando in panchina un giocatore come Susaeta.
Williams è un diamante ancora grezzo, tuttavia le sue potenzialità ne fanno fin da adesso uno dei giovani più interessanti dell'intera Liga. Rapidissimo ed estremamente agile, quando parte in progressione riesce a raggiungere dei picchi di velocità pazzeschi ed è pressoché inarrestabile in campo aperto, anche perché regge i contrasti come un'ala da rugby e buttarlo giù non per niente semplice. Ho in mente un'azione che spiega alla perfezione il concetto, nella vittoriosa semifinale di Copa contro l'Espanyol. Lanciato in profondità da Iraola, Williams si fionda verso la porta avversaria partendo almeno un paio di metri dietro il difensore più vicino: gli basta allungare la falcata per sfilargli accanto a velocità doppia. Quando l'altro centrale prova a fermarlo con una spallata, Iñaki lo evita con una piccola accelerazione e resiste al tentativo di carica, anche se poi pecca di scarsa freddezza e mette di poco a lato la conclusione (video, minuto 4'22''). Un riassunto perfetto dell'esplosività nel breve e delle doti fisiche non comuni del numero 30. Tecnicamente ha ancora notevoli margini di miglioramento, però sa già regalare dettagli di qualità (come il tunnel d'esterno rifilato a Hemed sabato scorso). Il suo ruolo naturale è quello di prima punta, pur se con caratteristiche diverse dal centravanti-boa alla Aduriz, ma sa disimpegnarsi con naturalezza anche sulle fasce. Avendo raggiunto la quota di partite stabilita per il rinnovo automatico (10 presenze da almeno 45 minuti), ha firmato il suo primo contratto da pro e la sua clausola è passata a 20 milioni di euro.
Williams è sulla bocca di tutti in Spagna. È stato appena convocato per la prima volta nell'under 21 di Celades e ha ricevuto proposte concrete dalle nazionali maggiori di Liberia e Ghana, per le quali potrebbe giocare in quanto paesi d'origine dei genitori. Lui, però, non si sente africano, pur dicendosi estremamente orgoglioso delle proprie radici. Iñaki è basco fino al midollo, e per capirlo basta leggere le sue dichiarazioni (“Soy nacido en el mismo Bilbao, pero los de Bilbao ya sabes que nacemos donde queremos”) o vedere le sue foto di bambino con la divisa da gioco dell'Athletic, cosa che fa ben sperare rispetto al suo futuro nel Botxo. Non è stato il primo giocatore di colore a esordire con la zurigorri (questo onore spetta a Jonas Ramalho, che peraltro sta giocando benissimo a Girona e potrebbe tornare a vestirla il prossimo anno), ma senza dubbio è già un personaggio, con tutti i pro e i contro che questo comporta.
Noi, per quanto poco possa contare, siamo con lui. E aspettiamo il giorno in cui segnerà al Bernabeu, sotto la curva dei fascisti Ultras Sur, o al Calderon, di fronte ai neonazisti del Frente Atlético. Quello che pochi anni fa era solo un sogno, oggi diventa ogni giorno più vicino.


Il piccolo Iñaki con la zurigorri (foto Lainformacion.com).

domenica 8 marzo 2015

26a giornata: Athletic 1-0 Real Madrid.


Iraola omaggiato prima del match per le sue 500 presenze con l'Athletic (foto Athletic-club.eus).

Athletic Club: Iraizoz; De Marcos, Etxeita, Gurpegi, Balenziaga; Beñat, Mikel Rico (91' Toquero); Iraola, Muniain (64' Susaeta), Williams (73' Guillermo); Aduriz.
Real Madrid CF: Casillas; Carvajal, Pepe, Varane, Marcelo; Illarramendi (71' Jesé), Kroos (76' Lucas Silva), Isco; Cristiano Ronaldo, Benzema (80' Chicharito), Bale.
Reti: 26' Aduriz.
Arbitro: Undiano Mallenco (Colegio Navarro).

Ci sono vittorie (meritate o meno), grandi vittorie e imprese. Quella contro il Madrid, campione d'Europa e del Mondo in carica nonché capolista in Liga, appartiene indubbiamente al terzo gruppo. Non tanto per la caratura dell'avversario, comunque eccezionale, ma per come è arrivata. L'ultimo successo dei Leoni contro i blancos risaliva a 5 anni fa (16 gennaio 2015, Athletic- Real Madrid 1-0), ma allora si trattò di un mezzo furto: la squadra di Caparros passò in vantaggio dopo 2 minuti con Llorente, di testa su corner di Yeste, dopodiché passo il resto del match trincerata nella sua metà campo, rinunciando del tutto ad attaccare (sparacchiare palloni in avanti a caso non conta) e sperando nella buona sorte per sfangarla.
Ieri, invece, è stata tutta un'altra storia. Gli zurigorri hanno interpretato il primo tempo nel solco della prestazione di Copa contro l'Espanyol: pressing altissimo, voglia di arrivare sempre prima sulla palla e tanta qualità nel palleggio e nella manovra offensiva. Valverde finalmente ha risolto il nodo tattico della stagione, il trequartista: Muniain in quella posizione, e anzi libero di svariare sul fronte di attacco a suo piacimento (motivo per il quale molti giornalisti vedono l'Athletic schierato con un 4-4-2 a parer mio inesistente), ha tutto per consacrarsi definitivamente. L'inserimento in pianta stabile di Williams ha dato freschezza e fisicità alla fascia sinistra, mentre il nuovo assetto di quella destra (Iraola esterno alto e De Marcos terzino), sperimentato al Cornellà, anche ieri si è rivelato molto interessante: Andoni è dotato di una sapienza tattica e di un senso del gioco tali da poter essere efficace in ogni posizione del campo, e partendo davanti a De Marcos è in grado di dare quella "pausa", come dicono in Spagna, tipica dei centrocampisti centrali e che a destra permette a Oscar inserimenti devastanti da lontano. Il Madrid, ingabbiato dalla disposizione degli uomini di Valverde, per lunghi tratti è stato incapace di uscire in modo pulito dalla propria trequarti e in avanti non si è praticamente mai visto, mentre in difesa ha sofferto tantissimo e ha incassato il meritato gol biancorosso al 26'. L'azione, splendida, si è sviluppata sulla destra: la combinazione tra Iraola e De Marcos ha aperto il campo e fatto arretrare la linea difensiva delle merengue praticamente nella propria area, liberando la trequarti per l'inserimento di Mikel Rico; il cross del numero 17, tagliato e preciso, ha premiato il taglio diagonale di Aduriz, che poi ha girato splendidamente di testa spedendo il pallone sotto l'incrocio alla sinistra di Casillas. Un gol meraviglioso. L'Athletic ha contenuto la blanda reazione del Madrid fino al 45', trovando in Etxeita un baluardo assoluto, mentre nella ripresa la musica è cambiata. I madridisti hanno alzato ritmo e baricentro e hanno occupato quasi militarmente la metà campo avversaria, tuttavia gli zurigorri non si sono disuniti e, pur soffrendo, hanno continuato a difendersi con ordine senza rinunciare a farsi vedere davanti. Il reparto arretrato ha offerto in questa fase del match un rendimento esemplare: puntuali i terzini nelle diagonali, attenti e duri i centrali, efficace in ogni intervento il portiere. Iraizoz va lodato per due uscite salva-risultato su Benzema e Ronaldo, anche se nel finale ha rischiato di farsi battere da un cross sballato di Bale da 30 metri (per fortuna ci ha pensato San Palo). I Leoni hanno tirato poco, ma quando lo hanno fatto hanno rischiato di raddoppiare con Aduriz (palo anche per lui). Quando Undiano Mallenco ha fischiato la fine, lo stadio (finalmente all'altezza, troppe volte quest'anno il silenzio l'ha fatta da padrone) è esploso: campioni di tutto a casa, battuti, e Athletic per un pomeriggio sul tetto del Mondo calcistico.
Sicuramente adesso si sprecheranno i commenti del tipo "se solo avessimo giocato così tutto l'anno...", commenti che prevengo con un paio di obiezioni. Numero 1: l'Athletic non ha (e non avrà mai) una rosa in grado di competere ai massimi livelli in tre competizioni. L'anno delle due finali di Bielsa in Liga la squadra mollò a marzo, arrivando comunque svuotata di energie a maggio. La nostra filosofia è nota, applicarla mantenendo la massima categoria in uno dei migliori campionati del globo è la nostra vera vittoria. Numero 2: la preparazione, a parer mio, è stata completamente sbagliata. Dopo il preliminare col Napoli i giocatori si sono afflosciati e nelle partite del girone di Champion's hanno mostrato una condizione da fine temporada. Ora la gamba è tornata e i risultati si vedono. Speriamo di arrivare così all'appuntamento con la storia del 30 maggio. Numero 3: quando i risultati non arrivano, quando partite abbordabili vengono perse a causa di errori banali, quando la classifica si fa preoccupante, la tenuta mentale di un gruppo viene messa a dura prova, tanto più quando il gruppo stesso è formato da tanti giovani e giovanissimi. A un certo punto della stagione tutti abbiamo temuto di dover lottare fino all'ultima giornata per la salvezza, dunque essersi ripresi (fatto non banale) costituisce già un bel risultato. Al quale si aggiunge la 38a finale di Coppa del Re, non proprio bruscolini. Insomma, l'Athletic c'è. E ieri lo ha ribadito per l'ennesima volta, proprio di fronte alla squadra più forte e titolata del pianeta. Scusate se è poco.

Le pagelle dell'Athletic.
Iraizoz 6,5: praticamente inoperoso nel primo tempo, nella ripresa viene chiamato più volte all'intervento risolutivo. Sicuro su Isco, è bravissimo a scegliere il tempo giusto nell'uscita su Benzema e addirittura si supera su Ronaldo, la cui conclusione quasi dal dischetto viene stoppata dal navarro con la mano destra. Mezzo voto in meno per la dormita sul cross sbagliato di Bale che per poco non lo beffa.
De Marcos 7: non mi ha mai convinto nella posizione di terzino destro, ma va detto che con Iraola davanti sembra un altro. Più sicuro in difesa grazie ai raddoppi puntuali del numero 15, Oscar è libero di scatenare tutto il suo devastante potenziale di corsa quando si distende in avanti, risultando inarrestabile se ha campo per lanciarsi verso il fondo. È lui ad allargare la difesa del Madrid e a servire Rico nell'azione del gol. Positivo.
Etxeita 8,5: a parer mio il migliore in campo. Semplicemente strepitoso per tutto il match, controlla benissimo Benzema in tandem con Gurpegi ma è sugli inserimenti degli altri madridisti che dà il meglio di sé. Respinge almeno tre o quattro conclusioni pericolose e salva la situazione con un paio di chiusure che valgono quanto un gol. Al momento è il nostro miglior centrale. MVP.
Gurpegi 7: il vecchio leone ruggisce ancora. Non avrà più l'età (e le ginocchia, ahilui) per giocare ogni tre giorni, eppure dopo la grande partita contro l'Espanyol fa il bis di fronte a uno dei tridenti più forti del mondo. La brutta prestazione col Toro a qualcuno era sembrata il mesto congedo del capitano di mille battaglie, ma Carlos ancora non vuole appendere le scarpe al chiodo. Per fortuna.
Balenziaga 7,5: spesso criticato per la scarsa qualità e qualche buco difensivo di troppo, Mikel mette in mostra il meglio del suo repertorio contro il Madrid. Attento in difesa e propositivo quando sale, si merita più di un applauso per la generosità assoluta con cui affronta avversari di un'altra categoria. Salva la patria e il risultato con una diagonale (e relativa scivolata) provvidenziale su Benzema, servito da Ronaldo per un comodo tap-in dentro l'area piccola. Soldatino.
Mikel Rico 7,5: è un giocatore eccezionale, con un'intelligenza calcistica pari solo alla capienza dei suoi polmoni. Nonostante abbia piedi più delicati rispetto a un mediano standard, corre come un mulo e sa cantare e portare la croce come nessun altro in squadra. Tampona, ruba palla, si fa vedere per dare un appoggio facile ai compagni, raddoppia, si inserisce: è ovunque e sempre con grande efficacia. Suo l'assist per Aduriz (dal 90' Toquero s.v.).
Beñat 8: talvolta le insistenze degli allenatori sono incomprensibili. Valverde ha passato un anno e mezzo cercando di tarsformare un regista dotatissimo in un trequartista, ricevendo in cambio prestazioni sconfortanti e quasi perdendo un elemento di qualità. Vorrei che qualcuno mi spiegasse l'utilità di prendere Illarramendi, ieri un fanatsama, quando in rosa c'è un centrocampista con la classe e i tempi di gioco di Beñat. Ieri semplicemente splendido (non ha perso un pallone uno in transizione offensiva), l'ex Betis ha fatto vedere di cosa è capace se viene messo nel suo ruolo. Ritrovato.
Iraola 8: sarei tentato di dargli 502, come le sue partite ufficiali in maglia biancorossa. Un giocatore del genere nasce una volta ogni 30 anni e sarà impossibile sostituirlo quando si ritirerà. La mossa di Valverde di schierarlo ala potrebbe regalargli un finale di carriera più lungo del previsto: non corre più come quando aveva 20 anni, è chiaro, ma lo fa sempre in modo estremamente intelligente e la sua capacità di gestire la sfera è fondamentale quando l'Athletic deve avanzare. Marcelo contro di lui ci ha capito pochissimo. Clonatelo.
Muniain 7: un altro rigenerato dal cambio di ruolo. Sulla sinistra si stava intristendo, lontano dal gioco e dalla porta, mentre da quando è accentrato è un giocatore diverso. Libero di svariare e muoversi alle spalle di Aduriz, è un pericolo costante per la difesa avversaria e con le sue accelerazioni può mettere in difficoltà chiunque. Se inizia a tirare può veramente fare il salto di qualità. Stanco, esce dopo un'ora (dal 64' Susaeta 6,5: sta trovando poco spazio ultimamente, ma quando entra gioca bene. Non spreca palloni e prova un paio di azioni interessanti. Atteggiamento giusto per uscire dal suo momento-no).
Williams 8: partita clamorosa del classe '94 bilbaino, giocatore che ha tutti i mezzi per diventare un crack europeo nel giro di poche stagioni. Velocissimo e tecnico quanto basta, quando parte c'è sempre la sensazione (tipica dei calciatori di livello) che stia per accadere qualcosa. Dicono che sia un ragazzo serio e desideroso di migliorare: vederlo rincorrere gli avversari e chiudere un paio di volte in scivolata nella sua area conferma queste indicazioni. Lasciamolo crescere tranquillo, perché potrà regalarci tanto in futuro (dal 73' Guillermo 6: impatto discreto, si sacrifica sulla fascia ma non si nasconde. Altro ragazzo più che interessante, peccato solo per quell'infortunio che lo ha tolto di mezzo quando stava iniziando a mostrare belle cose).
Aduriz 8: Tre palloni giocabili. Tre colpi di testa. Una palla fuori non di molto, un gol superlativo, un palo. Sinceramente, non so cosa debba fare di più un centravanti. Se il buon vino migliora invecchiando, Aritz al momento vale quanto una bottiglia di Chateau Lafite del 1800. Prima o poi bisognerà pensare di trovargli una valida alternativa, ma finché gioca così... Infinito.

giovedì 5 marzo 2015

Ritorno della semifinale di Copa del Rey: Espanyol 0-2 Athletic.


L'Athletic è in finale! E la sua gente festeggia (foto @AthleticClub).

RCD Espanyol: Pau; Arbilla, Álvaro, Moreno, Fuentes; Cañas, V. Sánchez, Lucas (69' Salva Sevilla), V. Álvarez (48' Caicedo); Sergio García, Stuani.
Athletic Club: Iago Herrerín (66' Iraizoz); De Marcos, Gurpegi, Etxeita, Balenziaga; San José, Mikel Rico; Iraola, Muniain (83' Beñat), Williams (90' Laporte 90); Aduriz.
Reti: 13' Aduriz, 42' Etxeita.
Arbitro: Martínez Munuera (Valencia).

Ci vuole carattere per riuscire a rovesciare una stagione storta. E se l'Athletic ha una caratteristica innata nel proprio DNA, che sembra trasmettersi di generazione in generazione a prescindere da chi ne indossa la camiseta in un dato momento, questa è proprio la garra: la grinta, la cattiveria agonistica, il coraggio di affrontare ogni sfida a testa alta. Il carattere, insomma.
Ieri la partita non l'hanno vinta il gol di Aduriz, le invenzioni di Muniain, le parate di Iago, il filtro di San José o le chiusure di Gurpegi. O, per meglio dire, non l'hanno vinta solo le prestazioni enormi dei giocatori. In primo luogo l'ha vinta la garra. La furia con cui i Leoni sono entrati in campo è stata esemplare: per quasi mezz'ora l'Espanyol non ci ha capito nulla, tra pressing altissimo, raddoppi continui e la caccia ossessiva alle seconde palle. La chiave del match, in fondo, è stata tutta qui: i padroni di casa sono entrati in campo pensando di vivacchiare sull'1-1 del San Mamés, convinti che prima o poi avrebbero trovato il pertugio giusto per colpire in contropiede; gli zurigorri, invece, non hanno fatto calcoli, ma hanno aggredito partita e avversari come se non vi fossero alternative. Interessante, in tal senso, la mossa di Valverde di schierare De Marcos terzino e di avanzare Iraola come ala, utile per sfruttare la sapienza tattica di Andoni e l'esuberanza fisica di Oscar, pericolosissimo quando sale lanciandosi da lontano. Il gol di Aduriz è stato esemplare dell'atteggiamento dei bilbaini: sulla palla dentro di De Marcos, respinta corta, Aduriz si è avventato per primo sulla sfera, ha controllato e ha segnato con un diagonale chirurgico alla sinistra di Pau. Trovato il gol, indispensabile ai fini della qualificazione, l'Athletic non ha mollato di un centimetro e ha continuato a premere, senza creare occasioni ma tenendo comunque lontano l'Espanyol dalla propria area. L'unica occasione vera per i pericos è arrivata a causa di un retropassaggio errato di Balenziaga che ha servito involontariamente Stuani, sul cui tiro Iago è stato provvidenziale. Intorno al 30' i biancorossi sono calati, ma non si sono mai disuniti in difesa e hanno addirittura trovato il raddoppio con Etxeita, splendido nell'inserimento in occasione del corner di Iraola.
La ripresa è stata una lunga agonia per l'Espanyol, che avrebbe dovuto segnare 3 reti per qualificarsi. Troppo per la squadra di Sergio González, nonostante l'inserimento di un Caicedo propositivo e pericoloso (sua l'occasione più ghiotta, un tiro sfiorato da Iago e terminato sul palo). I Leoni hanno controllato e avrebbero anche potuto dilagare in contropiede, ma Williams (male nel primo tempo, meglio nel secondo) e Gurpegi non sono riusciti a siglare la rete di un 3-0 che avrebbe punito oltre i suoi demeriti i biancoblu di Barcellona.
Siamo in finale, dunque. Contro un altro club di Barcellona, "leggermente" più forte dell'Espanyol, per la terza volta consecutiva (nel 2009 e nel 2012 non finì bene per noi). I blaugrana di Luis Enrique non saranno la squadra monstre di Pep Guardiola, tuttavia restano di un altro livello. Poco importa: nessuno parte battuto e la voglia di fare la storia è palpabile. Sarà la trentottesima finale per l'Athletic (anche se la LFP ci riconosce 37 finali e 23 successi invece di 24, non considerando la vittoria del nostro antenato Club Bizkaia), la terza negli ultimi sette anni: il segno di una continuità significativa dopo la lunghissima assenza dall'ultimo atto della Copa tra 1985 e 2009. Con la vittoria di ieri Valverde ha riscattato l'eliminazione in semifinale col Betis del 2005, uno dei suoi maggiori rimpianti sportivi; peccato che nell'ultimo atto non ci sia ad attenderci l'Osasuna, come sarebbe stato se avessimo vinto quella maledetta serie di rigori di 10 anni fa. Ma il passato è passato, mentre il futuro resta tutto da scrivere. Intanto, per le emozioni che sono stati capaci di regalarci dopo le tante delusioni patite quest'anno, a lui e ai suoi ragazzi dobbiamo dire solo una cosa: eskerrik asko, mutilak!

lunedì 2 marzo 2015

25a giornata: Eibar 0-1 Athletic.


Gurpegi esulta dopo il gol vittoria (foto Athletic-club.eus).

SD Eibar: Jaime; Boveda, Añibarro, Raul Navas, Lillo (46' Didac); Errasti, Dani Garcia (66' Saul); Capa, Arruabarrena, Manu del Moral; Piovaccari (66' Javi Lara).
Athletic Club: Iraizoz; De Marcos, Gurpegi, Etxeita, Balenziaga; San José, Mikel Rico; Williams (75' Iraola), Muniain, Ibai (82' Susaeta), Guillermo (62' Aduriz).
Reti: 36' Gurpegi.
Arbitro: Teixeira Vitienes (Cantabria).

Ci voleva una vittoria per dimenticare l'eliminazione dall'Europa League e la vittoria, per fortuna, è arrivata. L'Eibar attuale, bisogna sottolinearlo, non è certo irresistibile: la squadra di Garitano era infatti reduce da quattro sconfitte consecutive, divenute cinque dopo lo 0-1 nel derby di ieri, e sinceramente mi sembra piuttosto a rischio, specie ora che ha finito la benzina di inizio stagione. È comunque un risultato che dà morale in previsione della prossima partita, senza dubbio la più importante dell'anno: la semifinale di ritorno di Copa contro l'Espanyol. Positivo, inoltre, il ricorso all'impiego di una linea offensiva quasi da squadra Primavera: tra il '94 Williams, il '93 Guillermo e il 92' Muniain, il venticinquenne Ibai ha fatto la figura del veterano di mille battaglie.
A livello di gioco si è visto un Athletic piuttosto solido, spaventato solo un paio di volte dalle iniziative di Manu del Moral (l'unico degli armeros realmente pericoloso) e sempre in pieno controllo del match; unica pecca, la solita incapacità di finalizzare le molte azioni create, specie in un secondo tempo nel quale gli spazi per far male di rimessa non sono mancati. Un paio di buonissimi interventi di Jaime e una netta imprecisione nell'ultimo passaggio hanno impedito di segnare il gol della sicurezza, tuttavia la prova dei Leoni è stata ampiamente sopra la sufficienza. In particolare, Muniain ha confermato di muoversi molto bene come trequartista centrale, un ruolo dove potrebbe trovare la consacrazione che finora gli sta sfuggendo; più nel vivo del gioco rispetto a quando gioca sulla fascia, sa lasciare il segno con le sue accelerazioni e ha una buona visione dei movimenti dei compagni, anche se deve sensibilmente migliorare nelle tempistiche di passaggio. Williams ha ribadito di possedere numeri da giocatore vero, mentre Guille (al rientro dopo due mesi di stop) si è mosso bene e ha sfiorato la rete in un paio di occasioni, per poi calare fisiologicamente nel secondo tempo. Uno sguardo anche ai giocatori dell'Eibar nel mirino bilbaino per la prossima stagione: Boveda, arrivo pressoché sicuro a parametro zero, è stato tra i migliori dei suoi e ha controllato bene Ibai, mentre Ander Capa in avanti non si è visto.
Un applauso va tributato a capitan Gurpegi, match-winner col suo bel colpo di testa (molto bello lo schema utilizzato nell'occasione: angolo battuto con palla a terra per De Marcos, appostato poco distante dal vertice destro dell'area di rigore, cross immediato sul secondo palo e rete): non era facile riprendersi dopo il brutto errore di giovedì scorso, decisivo ai fini della sconfitta col Toro, ma il capitano ha dimostrato per l'ennesima volta di avere una forza mentale senza pari. Felicità anche per il traguardo raggiunto da Iraola: entrando ieri a 15' dalla fine, Andoni ha collezionato la sua 500a presenza ufficiale con la zurigorri e si è issato al quarto posto assoluto nella classifica dei fedelissimi dell'Athletic (e il terzo gradino, occupato da Etxeberria, dista solo 14 partite). Un traguardo straordinario per un giocatore fantastico, che ha sempre dato tutto per la maglia biancorossa ed è un esempio clamorosa di serietà e professionalità. Mai sopra le righe, ha sempre preferito far parlare il campo: e il campo ha parlato, eccome. Quando esordì con la nostra maglia, nessuno gli avrebbe pronosticato una carriera del genere. Zorionak ta eskerrik asko, Andoni!