sabato 28 aprile 2012

Semifinale di ritorno di Coppa UEFA: Athletic 3-1 Sporting.


Llorente, quasi in lacrime, esulta dopo il gol del 3-1: l'Athletic è in finale (foto Athletic-club.net).

Athletic Club: Iraizoz; Iraola, Javi Martínez, Amorebieta, Aurtenetxe; Iturraspe, Herrera (94' Íñigo Pérez), Muniain (90' Ekiza); Susaeta, Llorente, Ibai Gómez (93' Toquero).
Sporting Clube de Portugal: Rui Patrício; Joao Pereira, Polga, Xandao, Insúa; Schaars, André Martins (83' Carrillo), Matías Fernández (46' Carriço); Pereirinha (63' Jeffren), Capel; Van Wolfswinkel.
Reti: 17' Susaeta, 43' Van Wolfswinkel, 45' Ibai Gómez, 88' Llorente.
Arbitro: Martin Atkinson (Inghilterra).

Ci sono occasioni in cui le parole, semplicemente, non riescono a venir fuori. Questa è un'occasione del genere. 35 anni sono una mezza vita, e un'infinità nel calcio. 35 anni fa in Coppa dei Campioni andava solo chi vinceva il campionato, la seconda e la terza finivano in UEFA e per arrivare in finale occorreva scontrarsi con delle vere corazzate, ma il mondo del pallone era senza dubbio diverso; oggi sappiamo tutti dei paurosi buchi di bilancio di chi vuol competere (i Rangers insegnano, 100 milioni di debiti per vincere la Scottish Premier League...), quindi non pare azzardato affermare che le possibilità di mettersi in luce, per una realtà di medio cabotaggio, si siano di molto ridotte rispetto al passato. Ecco dove sta il valore di ciò che ha fatto l'Athletic: raggiungere una finale europea con una squadra di paesani, giocatori al 90% fatti in casa, senza stelle iperpagate e potendo contare solo sulla determinazione di chi va in campo e sul sostegno di chi resta fuori, è un'impresa talmente incredibile che per descriverla servirebbe un poeta più che un blogger. Commentare la vittoria di giovedì sera è pericoloso, perché è forte il rischio di scrivere banalità, di scadere nella retorica; epperò chi segue questo club sa benissimo che parlare di attaccamento imparagonabile, di amore per la maglia e di legame indissolubile col popolo non sono solo frasi vuote, buttate in pasto al tifoso per farlo sentire orgoglioso degli 11 mercenari che per caso si sono trovati a rappresentarlo. Le lacrime di Llorente per me sono il vero emblema della partita con lo Sporting: un giocatore non amatissimo, accusato spesso di "sentire" più i colori della selezione spagnola rispetto a quelli zurigorri, si è messo a piangere in campo come un ragazzino, dichiarando a fine partita che certe cose possono succedere solo a Bilbao. E poi il pianto di Iribar negli spogliatoi, il canto incessante del San Mamés, l'omaggio a chi, come capitan Gurpegi, non ha potuto essere della partita... Tutto ha contribuito a creare un'atmosfera magica, chiaramente percepibile anche dietro uno schermo televisivo. Che ci fosse qualcosa di diverso, nelle celebrazioni dopo il fischio finale, lo hanno capito in tanti, ma solo chi conosce l'Athletic sapeva che ad essere diverso è proprio l'Athletic, con buona pace di chi accusa questa società di razzismo e intolleranza (sì, mi è toccato leggere anche questo: il prezzo da pagare quando si diventa più noti è che la gente inizia a dare fiato alle trombe anche se non sa di cosa parla). Ieri i Leoni hanno rifilato un ceffone in faccia al calcio moderno, e noi con loro. Ripensandoci adesso, è tutto il cammino dei biancorossi ad apparire quasi metaforico per gli avversari incontrati (ed eliminati): il Red Bull Salzburg, ignobile squadra che ha cambiato stemma e colori sociali per volere della multinazionale che le dà il nome; il Paris Saint-Germain degli sceicchi, il cui progetto spero naufraghi miseramente contro il Montpellier; il Manchester United dei Glazer e dei debiti; lo Schalke 04 targato Gazprom, un'azienda sulla quale è bene stendere un velo pietoso. Tutti triturati dal football retrò dei nostri baschi. A questo punto non ha importanza come andrà la finale con l'Atletico Madrid: il mondo ha imparato che un altro calcio non solo è possibile, ma che talvolta riesce pure a vincere.
E la partita con lo Sporting? Parlare di tattica dopo tutte le emozioni vissute l'altro giorno non è facile, e devo dire che non ero nemmeno troppo lucido per seguire bene questo aspetto del match. In ogni caso, rispetto alla partita di andata c'è stata una sostanziale novità: l'Athletic è sceso in campo. Contrariamente a quanto da molti sostenuto la scorsa settimana, infatti, la squadra di Sá Pinto non mi aveva impressionato: tanta corsa, grande pressing e una buona organizzazione, verissimo, ma a conti fatti i portoghesi avevano tirato in porta 3-4 volte a fronte di un dominio nel gioco piuttosto netto; insomma, tanto fumo e poco arrosto. A parer mio, ad incidere sull'andamento dell'incontro, più che la prestazione dei biancoverdi, era stata la scena muta totale dei bilbaini, contratti e nervosi come mai erano stati in questa stagione: tra passaggi sbagliati in serie, poco movimento e idee annebbiate, avevamo assistito senza dubbio alla peggior partita europea dei Leoni. Tutte queste cose le avevo scritte in un pezzo che però non ho completato (maledetto lavoro), dunque prendetele per buone sulla fiducia! Il giochino predisposto dall'ex attaccante della Real Sociedad e dalla nazionale portoghese (simpatico come martellata nelle parti intime), al San Mamés però non è riuscito; in casa l'allenatore dello Sporting aveva avuto successo lasciando l'impostazione ai centrali Amorebieta ed Ekiza, facilitato peraltro dallo scarsissimo movimento senza palla dei centrocampisti, mentre giovedì si è trovato di fronte Javi Martinez, uno che non ha problemi a salire palla al piede, e un Herrera monumentale, bravissimo ad abbassarsi ad inizio azione per poi portare su il pallone tramite triangolazioni o iniziative personali. Una volta aggirato questo ostacolo, l'unico peraltro impostato da Sá Pinto, l'Athletic ha preso in mano le redini del gioco e ha dominato in lungo e in largo. In fase difensiva la squadra non ha mai sofferto, anche perché Capel è stato sempre raddoppiato e non è mai riuscito ad accendersi, mentre dalla metà campo in avanti, pur trovando qualche difficoltà a superare il muro compatto degli avversari, ha fatto vedere momenti di ottimo calcio. Dopo il gol dell'1-0 di Susaeta i biancorossi hanno sprecato due ottime occasioni con Ibai e Llorente, e come talvolta accade hanno incassato il gol del pareggio al primo tiro nello specchio dei portoghesi (in precedenza Pereirinha aveva sfiorato la rete con un colpo di testa alto di poco); per fortuna il 2-1 di Ibai è arrivato subito dopo, altrimenti la ripresa sarebbe stata molto più complicata. Nel secondo tempo i Leoni sono stati bravi a non perdere mai la testa, hanno macinato gioco senza farsi trascinare dagli episodi (il palo di Javi Martinez e quello, del tutto estemporaneo, di Insua) ma hanno iniziato ad accusare la stanchezza, perciò sono stati più attenti a non prestare il fianco al contropiede avversario che non ad offendere. Situazioni del genere sono stranissime, basta un errore per compromettere tutto ed entrambe le squadre hanno tolto il piede dall'acceleratore, per cui sembrava che i supplementari fossero già scritti. Non è stato così, per fortuna: Llorente ha coronato una partita pazzesca con il gol del 3-1, e nonostante qualche brivido nel finale (su quel tiro di Jeffren per poco non svengo...) la vittoria è stata difesa senza troppi patemi.
Ora Bucarest, con l'Atletico Madrid ad ergersi tra noi e la prima coppa europea della nostra storia. Buffo che a contenderci la UEFA sia la squadra nata da una costola dell'Athletic: come saprete tutti, credo, l'Atletico venne fondato da alcuni ragazzi baschi che si trovavano a Madrid per motivi di studio, e fino al 1923 fu una nostra società satellite. È una finale per me apertissima, tra due squadre diverse nella concezione ma di caratura simile. Come ho detto prima, però, poco importa il risultato finale: per noi la vera vittoria è che l'Athletic rimanga fedele a sé stesso, che resista così com'è e che per riflesso continui a mostrare al resto del mondo il livello di bassezza del calcio moderno. Vada come vada, saremo sempre e comunque orgogliosi dei nostri ragazzi. Athletic beti zurekin!

PS: questa vittoria è per tutti quelli che amano e hanno amato questa squadra, in ogni modo, e non solo. È per le vittime del bombardamento di Gernika, datato 26 aprile 1937. È per Iñigo Cabacas, morto mentre festeggiava una vittoria europea. E, molto più modestamente, è per chi nel giugno 2007 soffriva davanti alle immagini di un Athletic-Levante che in ballo aveva "solo" la permanenza in Primera. Che si giochi per il diciasettesimo posto o per una finale UEFA, noi siamo sempre qui! Aupa Lehoiak!

Le pagelle dell'Athletic.

Iraizoz 6: chiamato pochissimo in causa, sbriga l'ordinaria amministrazione con discreta sicurezza. Non respinge bene il corner dal quale nasce l'1-1 di Van Wolfswinkel e sembra anche un po' in ritardo in occasione del palo di Insua, ma si guadagna la pagnotta con la parata sul tiro finale di Jeffren, insidioso perché gli rimbalza proprio davanti.
Iraola 7,5: come sempre dei due terzini è quello che spinge di più e mette lo zampino in ognuno dei tre gol biancorossi. In fase difensiva ha davanti a sé Capel, brutto cliente, ma riesce a contenerlo anche grazie all'aiuto portatogli a rotazione dai compagni. Esemplare.
Javi Martinez 8: all'andata la squadra aveva patito l'assenza del navarro, trovando difficoltà soprattutto ad avviare l'azione, e il suo rientro si rivela fondamentale. Comodissimo in difesa (troppo leggero Van Wolfswinkel per dargli fastidio), non ha difficoltà ad aggirare il pressing avversario e grazie a lui l'Athletic guadagna subito metri importanti. Colpisce un palo e si rivela ancora una volta eccellente nell'interpretazione del nuovo ruolo.
Amorebieta 7,5: replica l'ottima partita del José Alvalade grazie a una prestazione solida, nella quale esprime grande sicurezza e non lascia spazio alla minima sbavatura. Rischia solo con un'entrata durissima, di spalla sul volto di un avversario, più da arancione che da giallo, per il resto però conferma i grandi progressi (soprattutto mentali) fatti in questa temporada.
Aurtenetxe 6,5: massacrato all'andata da Capel, per sua fortuna si trova di fronte Pereirinha e lo contiene senza grandi difficoltà. Davanti si vede pochino, nonostante i compagni cerchino spesso di giocare a sinistra per sfruttare la grande serata di Ibai, ma in difesa è solido ed è bravo a non scomporsi quando l'ex Siviglia torna dalla sua parte. Promosso.
Iturraspe 8: se una settimana fa aveva giocato più da terzo difensore che da mediano, stavolta i compagni non si nascondono e per il centrocampista bizkaino tutto diventa più facile. Bravo a scambiarsi con Herrera e a tagliare dentro non appena il compagno si arretra, è una mina vagante per gli avversari, che non riescono a leggere i suoi movimenti. Da applausi.
Herrera 8,5: a parer mio migliore degli "umani", l'ex Saragozza non sembra patire per la pubalgia e offre una delle prestazioni più convincenti in assoluto con la zurigorri. Precisissimo nei passaggi, perde ben pochi palloni e dirige il gioco come un regista consumato, regalando controlli e pause degne di un piccolo Xavi. Strepitoso (dal 94' Iñigo Pérez s.v.).
Muniain 6,5: il problema all'occhio ancora lo tormenta e non gli permette di esprimersi ai soliti livelli, senza contare che gli avversari sono spesso in due su di lui non appena gli arriva il pallone. Senza perdersi in personalismi inutili, si mette al servizio dei compagni e si fa sentire più in ripiegamento che in fase offensiva, risultando decisivo con alcuni recuperi fondamentali. La strada per diventare un campione passa anche da partite del genere (dal 90' Ekiza s.v.).
Susaeta 7: ha il merito assoluto di sbloccare la partita con un sinistro sporco ma efficace, tredicesimo gol di una stagione eccellente dal punto di vista realizzativo. La tendenza a sparire dalla partita di tanto in tanto non lo abbandona, però si vede che è molto più concentrato e "dentro" il match rispetto agli anni passati. Sempre pericoloso quando punta l'avversario, sfiora la doppietta nella ripresa e si conferma seconda bocca di fuoco della squadra.
Llorente 9: partita incredibile, c'è poco altro da aggiungere. Assiste di petto Susaeta per l'1-0, serve a Ibai la palla del 2-1 con un numero da urlo (controllo quasi spalle alla porta, semigiravolta portandosi dietro la palla con la suola e passaggio nel corridoio per il compagno) e realizza il gol dell'apoteosi a 2 minuti dal 90'. In mezzo, controlli strepitosi su palloni lunghi quasi impossibili da domare, tante azioni per far salire e respirare la squadra e una lucidità pazzesca negli ultimi 20 metri. Sbaglia solo un gol non difficile nel primo tempo, ciccando il piatto volante e permettendo a Rui Patricio di salvare, ma per il resto è su livelli fenomenali, da primi 5 centravanti del mondo. Monumentale.
Ibai 8: chi avrebbe pensato, due mesi fa, che questo ragazzo potesse risultare decisivo in una semifinale di Coppa UEFA? Sono sincero: io no. E non perché non fossi convinto delle qualità dell'ex Sestao, ma solo considerando il suo scarso minutaggio. E invece Ibai piano piano ha convinto Bielsa e si è ritagliato uno spazio in squadra sempre maggiore, fino a giovedì scorso. Un gol, un assist e tante buone giocate per ribadire che il prossimo anno si potrà tranquillamente contare su di lui (dal 93' Toquero s.v.).

Bielsa 8: per sua stessa ammissione, durante la partita di andata non era riuscito a farsi seguire dai giocatori e aveva pure sbagliato qualcosa (il cambio Herrera-San José), facilitando la rimonta degli avversari nel finale. Stavolta prepara il match come meglio non si potrebbe, sia dal punto di vista tattico che da quello motivazionale, e regala ai tifosi biancorossi l'ennesima perla di una stagione fantastica. Surclassa Sá Pinto, tecnico emergente e dalle idee interessanti, e il suo Athletic dà sempre l'impressione di avere in mano le redini del gioco. Raggiunge la seconda finale dell'anno, e stavolta i suoi detrattori non potranno dire che ha trovato solo avversari di livello inferiore come in Copa del Rey. Chapeau.

venerdì 27 aprile 2012

Dopo 35 anni...



... l'Athletic è in finale di Coppa UEFA! Grandi, grandissimi, superbi Leoni! Un'emozione così è impossibile da raccontare... Ci proverò domani, per adesso lasciatemi godere il momento! Aupa Athletic!

lunedì 16 aprile 2012

Goian bego Iñigo!


Una settimana fa moriva Iñigo Cabacas, ucciso da un proiettile di gomma sparato ad altezza uomo dall'Ertzaintza. Ieri è stato il giorno della prima partita al San Mamés dopo questo tragico avvenimento, e la risposta dell'Athletic e dei suoi tifosi è stata commovente e sentita, come tutti speravamo che sarebbe stata. Ancora una volta importa poco la partita e il risultato finale (1-0 con gol di Llorente), ciò che più conta è che la familia zurigorri si sia dimostrata ancora una volta unita come una sola entità. Vi lascio con il video da brividi del minuto di silenzio iniziale e con le immagini più belle di ciò che è accaduto ieri alla Catedral. Goian bego Iñigo!

PS RIP Moro e Carlo.







giovedì 12 aprile 2012

Iñigo gogoan zaitugu!

Mentre l'Athletic pareggiava 2-2 a Granada al termine di una partita pazza come il suo allenatore, nelle curve di molti stadi europei tifosi diversissimi tra loro sceglievano di ricordare Iñigo Cabacas. Dato che mi è ancora difficile parlare di calcio, vi propongo delle foto di alcuni degli striscioni che hanno omaggiato Iñigo. Gogoan zaitugu, noi ti ricordiamo!

St. Pauli


Real Sociedad


Genoa


Norimberga


Bordeaux


Roma


Fiorentina

martedì 10 aprile 2012

Iñigo Cabacas Justicia!



Avrei voluto parlare di Athletic-Siviglia, raccontarvi della bellissima prestazione dei nostri e delle emozioni provate nel vedere i Leoni giocare a mille all'ora, come se la fatica di una stagione bellissima e massacrante fossero solo un ricordo. Avrei voluto condividere con voi considerazioni tattiche, analisi tecniche e pure le pagelle che non proponevo da un po', sicuro che nei commenti ci sarebbe stata una discussione animata e piacevole come accade da qualche tempo. Avrei voluto scrivere di calcio, semplicemente. Ma non lo posso fare. Non si può scrivere un post su una partita di pallone quando da ieri è ufficiale la notizia della morte di Iñigo Cabacas, 28enne tifoso biancorosso ammazzato da un proiettile di plastica (vietato dalla UE, tanto per essere chiari) sparato ad altezza uomo dalla Ertzaintza, la polizia basca. Una pallottola che teoricamente non dovrebbe essere letale, ma che può diventarlo quando colpisce da meno di 20 metri le ossa di un cranio umano, troppo fragili per reggere a determinati impatti. Ciò che è successo nel dopopartita di Athletic-Schalke è ancora nebuloso: c'è chi parla di una rissa (non tra opposte tifoserie, questo è un dato certo), chi dice che non stava succedendo niente, chi (le fonti ufficiali) dipinge scenari di guerriglia prima dell'intervento della polizia. L'unica cosa sicura è che Iñigo è morto, ucciso da chi sarebbe pagato per proteggere i cittadini. Morto ammazzato come un criminale, mentre stava bevendo una birra con gli amici fuori da un bar. Un rituale classico a Bilbao, e ho i brividi mentre lo scrivo perché anch'io l'ho seguito tante volte. Possibile che l'Ertzaintza sia intervenuta in forze solo per sedare una rissa? Mi sembra strano, tutta questa storia puzza maledettamente. E arriva come tragica chiusura di una scia di ferimenti causati dai proiettili di gomma iniziata nel giorno dello sciopero generale, il 29 marzo.
Tanti dubbi, una sola certezza: Iñigo non c'è più. Goian bego txabal!


lunedì 2 aprile 2012

30a giornata: Barcelona 2-0 Athletic.


Barcelona: Valdés; Alves, Pique, Mascherano, Adriano, Sergio Busquets, Thiago, Iniesta (77' Xavi), Alexis (83' Keita), Messi, Tello (62' Pedro).
Athletic Club: Iraikoz, Iraola, Javi Martínez, Ekiza, Aurtenetxe; Iturraspe, Iñigo Pérez (46' Ander Herrera), De Marcos; Susaeta, Toquero (59' Llorente), Ibai (46' Muniain).
Reti: 40' Iniesta, 58' Messi (rig.).
Arbitro: Mateu Lahoz (colegio valenciano).

È andata come doveva andare, e il prossimo che mi riparlerà di una LFP che fa gli interessi dell'Athletic verrà cortesemente mandato a quel paese: e non parlo del rigore (peraltro scandaloso) con cui il Barça ha chiuso la partita, ma del fatto che i Leoni siano dovuti scendere in campo neanche 48 ore dopo la durissima trasferta di Gelsenkirchen, cosa che sarebbe vietata dal regolamento. E tutto questo per quale motivo? Perché i blaugrana devono giocare il ritorno di Champion's col Milan... come se giovedì non ci fosse la nostra partita di ritorno contro lo Schalke. Sarebbe stato meglio mandare in campo il Bilbao Athletic, tanto per dare un segnale. A lorsignori non basta aver trasformato la Liga in un discorso a due, no, devono sempre esserci aiuti e agevolazioni all'Old Firm in salsa iberica (come se ce ne fosse bisogno...) e davvero non se ne può più. Peraltro l'ottimo orario mi ha impedito di vedere la partita, ma tant'è, già si sapeva come sarebbe finita. L'unica cosa positiva è stata la grande prestazione di Ekiza, che ha marcato Messi cavandosela molto bene ed è stato per questo elogiato da Bielsa nella conferenza del dopo-gara. Ora sotto con lo Schalke, la rivincita ce la prenderemo a maggio.

domenica 1 aprile 2012

Andata dei quarti di Coppa UEFA: Schalke 04 2-4 Athletic.


Si festeggia nello spogliatoio dell'Athletic dopo l'impresa contro lo Schalke 04 (foto Athletic-club.net).

Schalke 04:
Hildebrand (46' Schober); Uchida, Papadopoulos, Matip, Fuchs; Hoger (55' Holtby), Jones; Farfán, Raúl, Draxler (55' Jurado); Huntelaar.
Athletic Club:
Iraizoz; Iraola, Javi Martínez, Amorebieta, Aurtenetxe (71' Iñigo Pérez); Iturraspe, De Marcos (85' Ekiza), Herrera (Ibai, 46'); Susaeta, Llorente, Muniain.
Reti:
20' Llorente, 21' e 59' Raúl, 72' Llorente, 81' De Marcos, 93' Muniain.
Arbitro:
Pedro Proenza (Portugal).

Minuto 62 di Schalke-Athletic: Raul chiede l'uno-due al limite dell'area, la palla si impenna dopo un goffo intervento di Amorebieta e l'ex capitano del Madrid, migliore in campo a 35 anni suonati, la spedisce alle spalle di Iraizoz con una demivolee da urlo. È il gol del vantaggio per i Minatori, e l'impressione è che per i Leoni possa davvero finire male. Le mie testuali parole davanti alla tv sono lapidarie: finisce 4-1, la squadra è cotta. Dieci minuti più tardi Llorente segnerà il 2-2 e la partita cambierà totalmente, fino a portare al risultato eccezionale che tutti conoscete. Il calcio è strano, hanno ripetuto tutti i commentatori utilizzando una delle frasi fatte più abusate di questo sport; eppure è tremendamente difficile non scadere nella retorica dopo una partita come quella di ieri, nella quale gli zurigorri sono passati attraverso ogni situazione possibile in un incontro di football, o quasi. Rapidamente in vantaggio, hanno incassato l'1-1 dopo un paio di minuti, sono andati sotto, hanno rischiato l'imbarcata, hanno trovato un pareggio più o meno casuale, sono ripassati in vantaggio, hanno visto gli avversari sfiorare il pari e hanno infine segnato una rete pesantissima ai fini del passaggio in semifinale. Una girandola di emozioni, un continuo alternarsi di momenti di esaltazione e di delusione che è stato metafora di una partita pazza, piena di ribaltamenti di fonte, di grandi giocate e di errori marchiani. Non è stato un match per i cultori dello 0-0 come risultato perfetto, nè per i maniaci della fase difensiva; è stato però un inno al divertimento e al calcio d'attacco, con momenti quasi zemaniani per come le squadre erano spaccate in due.
Lo Schalke, diciamola tutta, esce tanto beffato dalla gara di andata dei quarti quanto il Manchester United era uscito umiliato da quella degli ottavi. La truppa di Stevens, piena di ragazzi interessantissimi e con un Raul versione eterna giovinezza, gioca meglio per lunghi tratti dell'incontro e, specie nel primo tempo, sembra trovare le chiavi giuste per imbrigliare l'Athletic: pressing continuo, raddoppi sul portatore e marcatura serrata su Llorente, visto retrocedere talvolta fin quasi a metà campo per tentare il dialogo con i compagni; sulle fasce, poi, la grande spinta di Uchida e Fuchs obbliga Muniain e Susaeta a essere più prudenti del solito, anche se espone lo Schalke a rischi frequenti quando i Leoni riescono a distendersi. Non è un caso che lo 0-1 venga innescato proprio da un errore di posizionamento di Fuchs, che viene preso in mezzo da una sovrapposizione di De Marcos (azione classica, questa, col numero 10 che si allarga e Susaeta che taglia al centro), non riesce a intervenire sul lancio di Iraola per Oscar e lascia un'autostrada all'ex Alaves; l'azione si sviluppa premiando l'entrata di Markel, sul cui destro Hildebrand fa la frittata e regala a Llorente un comodo appoggio in rete. Dopo appena 120 secondi, però, Raul segna con una rete "alla Raul" (inserimento a fari spenti sul primo palo e tocco in anticipo sul difensore) e rimette la sfida in parità. È da questo momento in avanti che i padroni di casa prendono decisamente il comando delle operazioni, e pur senza costruire occasioni da gol clamorose occupano la trequarti basca e non rischiano nulla dietro. L'Athletic non riesce a sviluppare il suo gioco e dà l'idea di essere in grossa difficoltà: il palleggio di centrocampo si interrompe spesso prima di iniziare, le fasce non funzionano come al solito e per il povero Llorente non ci sono palloni giocabili, mentre al contempo la difesa soffre lo scarso filtro in mediana e si espone pericolosamente agli uno contro uno al limite dell'area. A livello di singoli deludono soprattutto Muniain ed Herrera, quest'ultimo con la scusante del principio di pubalgia, e non sorprende che all'intervallo Bielsa apporti dei correttivi: fuori proprio Herrera, dentro Ibai Gomez che va a sinistra, con Muniain spostato in posizione di trequartista. La mossa del Loco dà i suoi frutti, Iker entra nel vivo del gioco e l'Athletic guadagna metri e convinzione; nel momento migliore dei biancorossi, però, arriva il gol di Raul descritto in apertura, e per i Leoni inizia la paura. Lo Schalke infatti sfiora più volte la terza rete, in particolare con un pallonetto da urlo del suo scatenato capitano che finisce a lato di un niente, e i bilbaini sembrano del tutto sulle gambe, svuotati sia mentalmente che fisicamente (troppo poco turnover?). Con un po' di fortuna e tanto carattere l'Athletic resiste ed esce fuori dal momento più buio della stagione grazie alla rete di Llorente, talmente sorprendente da tagliare le gambe a Huntelaar e soci e da ribaltare del tutto la situazione: ora sono i bilbaini a volare sulle ali dell'entusiasmo, mentre i Minatori rinculano e subiscono il momento negativo. Muniain dietro le punte è devastante ed è il suo destro che conduce il contropiede del 2-3, con la palla che passa da Ibai, arriva a Susaeta e finisce a De Marcos per il più comodo dei tap-in dopo un'inguardabile respinta di Schober (entrato al 46' in luogo dell'infortunato Hildebrand). Lo Schalke va al tappeto, viene contato ma non si arrende, e nel giro di un paio di minuti coglie un palo con Huntelaar e costruisce una palla gol clamorosa con Raul, murato di piede da un Iraizoz strepitoso; potrebbe finire qui, ma il 3-3-1-3 finale del Loco (dentro Ekiza per De Marcos, squadra iper-offensiva nonostante il vantaggio!) esalta la capacità dei biancorossi di lanciarsi negli spazi e produce il gol del 2-4, una sentenza quasi definitiva sul passaggio del turno: vedere per credere come Susaeta si lanci alla rincorsa di un pallone quasi perso, lo sradichi ad un avversario e avanzi in compagnia di tre compagni per poi servire al centro dell'area Muniain, libero di indirizzarlo sotto l'incrocio alla destra del portiere.
Insomma, finisce in gloria una partita che avrebbe potuto andare molto diversamente. Il pareggio a un certo punto sarebbe stato quasi stretto per lo Schalke, ma va detto che l'Athletic ha avuto la forza e il carattere per non mollare e ha sempre fatto il suo gioco, come peraltro capita ad ogni partita; a volte certi atteggiamenti si pagano (penso per esempio al gol dello Sporting di domenica scorsa, visto peraltro dal vivo, con Susaeta che tenta di mandare in porta un compagno invece di temporeggiare, perde palla e fa partire il contropiede dell'1-1 in pieno recupero), in altre occasioni sono invece redditizi come non mai. Inutile dire che l'eliminatoria è pesantemente indirizzata dalla parte dei Leoni, ma guai a perdere la concentrazione: le semifinali, traguardo storico, sono ad un passo e sprecare un'opportunità del genere sarebbe davvero imperdonabile.