tag:blogger.com,1999:blog-45337791751796114712024-03-06T02:41:06.425+01:00Athletic Club ItaliaAnonymoushttp://www.blogger.com/profile/18109859996365850503noreply@blogger.comBlogger685125tag:blogger.com,1999:blog-4533779175179611471.post-64277678211200036162016-05-23T18:36:00.001+02:002016-05-23T18:36:26.387+02:00Agur Gurpe, Capitano immortale.<img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjOwy2JTdF1nUpRqj8RHiM4rx6-pYT0gLpW1T62Tw4BJdWCL13yf0vV7LZby9-0YSk8bJOTccrHNrSPw74XFVCXRpAwQk9L_3oyVdCMSVVRAtyZRs4GGm1vcJatPbV-OzbnEfVaJ5incEU/s1600/carlosgurpegi_w5j8nt359x6jzke2q1wcillg_0.jpg" />
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Che strana carriera hai avuto, Carlos. Quante cadute, quante resurrezioni. Quanti insulti dagli avversari, quanto amore da parte della tua gente. Una dicotomia continua, lunga quanto la tua vita sportiva.<br />
Troppo facile il paragone con la fenice, che comunque risorgeva una volta ogni 500 anni. La mitologia ne fornisce uno all’apparenza illogico ma, in fondo, calzante: l’Idra. Il mostro dalle infinite teste. Staccagliene una e ne ricresceranno due, tenta di indebolirla e la rafforzerai. E però destinata alla sconfitta, destino fatale di tutti: il tempo, non Eracle, ha infine avuto ragione dell’Idra navarra, schiacciandole l'ultima testa sotto il masso inesorabile dell’età. Mi si dirà: un mostro per rappresentare il migliore di tutti, il Capitano? Sì, e per due ragioni: perché le città di Spagna, novelle Lerna, sono stare per anni terrorizzate da lui, tutte tranne quella che difendeva; e perché in fondo l’Idra era un mostro solo per coloro che volevano vederlo a quel modo. Qualcuno ha mai chiesto le sue ragioni? Qualcuno ha voluto comprendere il diverso? Come l’Idra era amata solo da Era, che l’aveva allevata, così Gurpe è stato amato solo dalla gente di Bilbao, che lo ha accolto come un figlio. E tanto è bastato a entrambi.<br />
Carlos Gurpegi Nausia arriva a Bilbao nel 1998, proveniente dalla cantera dell’Izarra. Centrocampista centrale di proiezione offensiva o trequartista, dopo una stagione in doppia cifra al Basconia (30 presenze, 15 reti) passa al Bilbao Athletic e viene riconvertito in mediano: ha piedi piuttosto ruvidi, ma anche una straordinaria capacità di strappare palloni agli avversari, due polmoni infiniti e una generosità pari solo alla resistenza fisica. Un perfetto interprete del ruolo di mastino di centrocampo, con tutte le caratteristiche tecniche e mentali per diventare da subito un idolo di San Mamés. L’esordio in prima squadra arriva il 31 marzo del 2002, dopo due ottime stagione al Bilbao Athletic in Segunda B; la partita contro il Villarreal è sfortunata (il <i>Submarino Amarillo</i> dilaga 5-2), ma per Carlos è l’inizio di un’avventura pazzesca. L’anno successivo è in campo da titolare alla prima di campionato, che guarda caso coincide col derby basco tra Athletic e Real Sociedad: Gurpegi la gioca tutta, la gioca bene e segna una doppietta nel 4-2 finale per i <i>txuriurdin</i>. Subito dopo il match si sottopone al controllo antidoping; tre mesi dopo, il 4 dicembre del 2002, la doccia fredda. L’inizio del calvario. La federazione notifica infatti all'Athletic la positività di Carlos al norandrosterone, un metabolita del nandrolone, confermata in seconda battuta dalle controanalisi. Per 5 anni Ibaigane e Madrid combattono a suon di ricorsi e carte bollate: il club sostiene che il giocatore produca spontaneamente un livello più alto del normale di norandrosterone, la federazione rifiuta questa tesi (insieme alle prove portate dal collegio difensivo del navarro) e chiede una squalifica di due anni. Nel maggio del 2005 l’Agenzia Mondiale Antidoping dirama una comunicazione ufficiale nella quale invita a effettuare speciali test di stabilità in presenza concentrazioni di nandrolone inferiore ai 10 ng/l, come nel caso di Carlos; peccato però che i suoi campioni di urina siano già stati distrutti. Nel 2007 la squalifica diviene effettiva, ed è solo una soddisfazione morale sapere che il norandrosterone verrà poi depennato dall’elenco delle sostanze dopanti. Gurpe finisce ai margini, impossibilitato perfino a giocare le amichevoli, ma ambiente e società non lo abbandonano: il suo posto in rosa viene lasciato vacante e non viene mai ventilata la possibilità di tagliarlo, anche solo per qualche mese. Il rientro, il 27 aprile del 2008, è una festa di popolo: tutta Bilbao celebra Carlos e quel nuovo inizio. Niente però è facile come sembra. Il numero 18 paga l’inattività e fatica a riprendere il proprio posto in squadra, assestandosi nell’undici titolare solo alla fine della stagione 2008/09, e quando tutto sembra andare per il verso giusto sono agli infortuni a tormentarlo; particolarmente pesante quello al ginocchio patito a ottobre del 2011 (il primo anno di Bielsa), che gli impedisce di prendere parte all’esaltante cammino della squadra in Coppa del re e in Europa League. Ed è davvero paradossale notare come uno dei giocatori più rappresentativi dell’Athletic contemporaneo non sia sceso in campo in nessuna delle quattro finali disputate negli ultimi anni dai Leoni: oltre alle due già ricordate, infatti, il navarro è rimasto in panchina anche nelle due finali di Copa contro il Barcellona del 2008/09 e del 2014/15. Cadere, rialzarsi, cadere ancora, tornare di nuovo in piedi. Gurpegi chiude il cerchio e si prende la rivincita sul destino giocando il ritorno della vittoriosa Supercoppa di quest’anno; è lui dunque ad alzare il primo trofeo vinto dai biancorossi dopo un digiuno di più di 30 anni.<br />
Un risarcimento, anche se parziale, per un atleta che ha fatto della dedizione alla causa bilbaina la sua stella polare. Sempre in prima linea, sempre con un comportamento esemplare. Mai ha reagito agli insulti che, dopo la squalifica, gli sono stati riservati in quasi tutti i campi della Liga (“tossico” il più carino); mai ha rilasciato dichiarazioni polemiche nei confronti del club e dell'allenatore di turno, neppure quando ha perso lo status di titolare inamovibile. Per lui hanno sempre parlato i fatti, attraverso i quali ha mostrato di essere un uomo, prima che un capitano, davvero straordinario, il principale punto di riferimento dello spogliatoio negli ultimi anni.<br />
Inutile dire che ci mancherà. Quando un pezzo di storia come Carlos Gurpegi se ne va, ogni innamorato della <i>zurigorri</i> perde un po’ di cuore. Diventerà un dirigente, forse un allenatore. Con quel carisma sarebbe il minimo. Vederlo in giacca e cravatta dirigere undici leoni dalla panchina di casa del San Mamés, invece, sarebbe davvero il massimo.Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/18109859996365850503noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-4533779175179611471.post-8634795959291837772015-08-18T20:19:00.000+02:002015-08-18T23:52:07.985+02:00Txapeldunak!<img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiB-IWBokf24FVpZ7g2fX3EB7SZm6R7dtVx0dVRu6nUcb9lIlAHtUip11GMTjNbGxikpP2Jtg5WhLQHY_w2Kerjid2LUGY3WGOOizazeJ1_15IhME_BSRij-DGRWXzSgVf-k4aOapcoZ9I/s1600/carlos.jpg" />
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<i>Alzala, Carlos!</i><br />
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Nel 1984 Indiana Jones lottava contro i Thug nel "Tempio Maledetto", i Ghostbusters andavano per la prima volta a caccia di fantasmi a New York, Sergio Leone salutava il cinema con "C'era una volta in America", i bambini di tutto il mondo volavano sulle ali di Falkor ne "La storia infinita" e l'Italia rideva per le battute fulminanti di due comici diversissimi ma ugualmente geniali, riuniti insieme in un piccolo capolavoro chiamato "Non ci resta che piangere". Mentre i ragazzini consumavano monetine giocando a Tetris, 1942 e Bomb Jack, nelle sale giochi risuonavano in continuazione le note ammiccanti di Like a Virgin, quelle potenti di Born in the U.S.A. e quelle geniali di Radio Ga Ga. Sui campi di calcio i giocatori indossavano magliette dal tessuto pesante e senza sponsor, scarpe rigorosamente nere e pantaloncini molto corti. Fu in quell'anno, in un'epoca quasi preistorica rispetto a oggi, che l'Athletic Club alzò la sua ultima Coppa del Re. Sconfisse il Barcellona di Maradona e Schuster con un solitario gol di Endika, eroe di una serata mai più confermatosi a quei livelli. Fu il <i>doblete</i> per la squadra di Clemente, che sembrava nel pieno di un'epoca d'oro destinata a durare ancora per molti anni. E invece, da allora nessun calciatore <i>zurigorri</i> era più riuscito a sollevare un trofeo... almeno fino a ieri.<br />
Ciò che è successo poche ore fa al Camp Nou di Barcellona non è la semplice conquista di un trofeo. Il riassunto perfetto lo ha fatto un tifoso bilbaino col suo striscione: "<i>31 años esperandos, con 2 cojones</i>". 31 anni. Un tempo lunghissimo, un'astinenza quasi infinita nel calcio, sport che vede rinnovarsi stagione dopo stagione i propri albi d'oro, sempre pronto a dimenticare perfino l'oggi per gettarsi subito nel domani. 31 anni. Quando Gurpegi ha alzato la Supercoppa 2015, la seconda a finire nella bacheca del club, lo ha fatto idealmente per tutto il popolo <i>athleticzale</i>. Per gli idoli del passato che non hanno potuto fregiarsi di alcun titolo; per quei giocatori che sono andati via, in cerca di soldi e gloria, e ieri hanno forse rimpianto per un istante di non poter festeggiare a Bilbao con tutta la città; per chi non è potuto scendere in campo, come Williams e Muniain, e ha sofferto in tribuna; per tutti quei ragazzi che non avevano mai visto la scritta "<i>Txapeldunak</i>" (campioni, in <i>euskera</i>) sul balcone del Municipio; per chi ha vissuto le annate peggiori della storia recente della squadra, quelle in cui la salvezza era l'unico trofeo alla sua portata; per chi vive lontano da Euskal Herria, soffre da lontano e non può neppure festeggiare con i suoi compagni di tifo. Per tutti.<br />
Questa Supercoppa ci risarcisce di anni di delusioni, finali sfumate e sfortuna. La vera vittoria dell'Athletic è non tradire i suoi valori, ma i trofei aiutano senza dubbia a perpetuare la filosofia del club senza che i soliti materialisti sollevino dubbi sulla sua efficacia. Ieri c'è stata una risposta chiara e forte alla domanda che ogni tanto riemerge: ma il modello Athletic paga? Sì, paga. Perché a meno di chiamarsi FC Barcelona o Real Madrid, vincere qualcosa in Spagna è maledettamente difficile. Chi ci prova finisce spesso per indebitarsi, dura al massimo qualche stagione e poi sprofonda. L'Athletic invece è sempre lì, come un mollusco tenacemente attaccato al suo scoglio nonostante le maree, a mostrare al resto del mondo che si può resistere, brillare e addirittura vincere restando fedeli a sé stessi.<br />
Il capolavoro tecnico-tattico di Valverde e dei suoi ragazzi, favorito nel match di andata dall'atteggiamento arrogante dei <i>culé</i> (che evidentemente pensavano di uscire indenni dal San Mamés anche con le riserve, per poi asfaltare i baschi nella partita di ritorno), è già leggenda. Un 4-0 al Barça dei marziani non è cosa di tutti i giorni e quella partita finirà direttamente nel Pantheon <i>zurigorri</i>, accanto a tutte le imprese più belle compiute in un secolo e rotti di esistenza. Ieri la squadra è stata altrettanto perfetta: ha giocato con freddezza, si è difesa come da manuale del gioco e non ha perso la testa nei momenti difficili. Aggiudicarsi la Supercoppa senza perdere neppure una delle due partite e alzarla nello stadio degli avversari sono altri due tasselli di un'impresa memorabile.<br />
A chi dice che la Supercoppa è un trofeo minore, che conta poco più di un triangolare agostano, rispondiamo che è tale solo per chi la perde. I <i>blaugrana</i> ci tenevano, eccome: i tifosi hanno riempito il Camp Nou e i giocatori non si sono risparmiati per tenere aperta la porta alla conquista dei sei titoli in un anno solare, impresa riuscita solo al vecchio Barça di Guardiola. Le loro facce a fine partita erano inequivocabili. Così come le nostre: sarà una supercoppetta, ma per noi basta e avanza. Le faremo posto nel museo biancorosso, tra le 24 Coppe del Re, gli 8 trofei di Liga e l'altra Supercoppa. Spero che chi di dovere la metta bene in evidenza: coi tempi che corrono, vincere un trofeo seguendo una filosofia tanto particolare come quella dell'Athletic vale più o meno come una Champion's League, specie se capita contro la squadra più forte del mondo. Nel nostro cuore, Gurpegi e i suoi compagni saranno per sempre i Supercampioni del 2015.Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/18109859996365850503noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-4533779175179611471.post-61736464673511381452015-07-19T11:01:00.000+02:002015-07-19T11:01:12.864+02:00Gaizka Toquero, la Locomotiva biancorossa.<img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhdY4nFRitKSmL6vynQcb9RHpYPAYcFRDwov0seRhMXN3RXu_swojxHFymJTfq-mD-HUSR4QJv-1lhMdVJWksiBQeJwl_fd9mzDBmqG77S6IuHZGuf3yiL-mLAr97OjhGt7SBGXAo3AelQ/s1600/toquero.jpg" />
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I soprannomi contano molto, soprattutto nel calcio. Se giochi in uno dei club più antichi e prestigiosi del mondo e i suoi tifosi, da sempre molto esigenti, ti chiamano <i>Lehendakari</i> (il titolo di governatore di Euskadi) ciò significa una cosa sola: che te lo sei meritato.<br />
La carriera di Gaizka Toquero è allo stesso tempo particolare e paradigmatica. La filosofia unica dell'Athletic, oltre a valorizzare i giovani della <i>cantera</i> e un intero movimento calcistico, talvolta dà delle opportunità impensate a giocatori che altrimenti avrebbero visto la Primera solo col binocolo; basta un momento di magra in un determinato ruolo e giocoforza elementi di livello medio-basso si trovano catapultati in prima squadra solo perché si trovano al posto giusto nel momento giusto. Ciò comunque non implica il successo: un conto è procurarsi un'occasione, un altro riuscire a sfruttarla appieno. Esistono i Casas (le sue 64 presenze in Liga restano tuttora inspiegabili) e i Toquero: non proprio la stessa storia.<br />
Gaizka Toquero arriva al grande calcio piuttosto tardi, a 24 anni. Nato a Vitoria, cresce nell'Ariznabarra, squadra minore della sua città, e passa per le giovanili di Real Sociedad e Alavés senza riuscire a sfondare. Nel 2006 gioca in Segunda B nel Lemona, senza segnare alcun gol. L'anno successivo passa al Sestao River, storico club <i>bizkaino</i>, e lì cambia per sempre la sua vita. Nel corso di un triangolare precampionato con l'Athletic viene infatti notato da Joaquin Caparros, allora tecnico dei Leoni, un fedelissimo del 4-4-2 al quale non concede alcuna deroga; tanto per capirsi, con lui in panchina un fantasista delizioso come Yeste deve dividersi tra il ruolo di regista basso e quello di esterno sinistro. A Caparros serve come il pane una seconda punta di movimento da affiancare a Llorente, ormai inamovibile come centravanti. Dopo la cessione di Aduriz, l'andaluso ha ben poche frecce al suo arco: Ion Vélez è oggettivamente inadatto alla Primera, Iñigo Vélez è una controfigura del <i>riojano</i>, mentre Joseba Garmendia, veloce e dalla buona tecnica, è incostante e più centrocampista che punta. Jokin, com'è stato ribattezzato a Bilbao, osserva con grande attenzione quel ragazzo quasi calvo che corre come un dannato e lotta su ogni pallone. I piedi sono quel che sono, tuttavia di testa sa farsi rispettare e col suo movimento continuo è una spina nel fianco per i due centrali, che se lo ritrovano fra i piedi ogni volta che provano a impostare. A fine partita il mister dice ai suoi collaboratori che è un peccato che quel giocatore così interessante sia troppo vecchio, ma viene subito corretto: non ingannino la pelata e il viso scavato da uomo vissuto, l'attaccante ha 23 anni. L'Athletic lo preleva a fine campionato e lo gira in prestito all'Eibar, in Segunda, per testarlo in un campionato più probante. Nella prima parte della stagione le sue prestazioni con gli <i>armeros</i> sono buone, dunque i biancorossi decidono di ripescarlo nel mercato di gennaio visto che Caparros è ancora alla ricerca del <i>delantero</i> da affiancare a Llorente. L'unico <i>dorsal</i> disponibile al momento del suo acquisto è il 2, numero che non abbandonerà più e che ben rappresenta la peculiarità del personaggio. L'impatto con la nuova realtà è positivo e fin dalle prime uscite Gaizka si fa apprezzare dal pubblico del San Mamés. Gli bastano due mesi consacrarsi mito biancorosso: schierato titolare il 4 marzo nella semifinale di ritorno di Copa del Rey con il Sevilla, che aveva vinto 2-1 l'andata, segna il gol del definitivo 3-0 che affossa gli andalusi (prima marcatura in biancorosso). La sua esultanza, occhi spiritati e increduli e braccio destro che mima il famoso "you can't see me" di John Cena, diventa leggendaria. Ma è nella finale con il Barcellona del 13 maggio che Gaizka fa sognare un intero popolo: il suo gol di testa su corner di Yeste regala infatti l'1-0 all'Athletic, campione virtuale per quasi un tempo prima del gol di Yaya Touré e del tracollo nella ripresa.<br />
Nonostante la sconfitta il numero 2 si assicura un posto privilegiato nel cuore degli <i>athleticzales</i>, e la sua espressione che sembra domandare "ma davvero sono stato io a segnare?" dopo il gol al Sevilla resta una delle immagini iconiche dell'Athletic nel nuovo millennio. Storicamente i tifosi bilbaini apprezzano l'impegno e il sacrificio per la maglia più del talento fine a sé stesso o comunque non accompagnato dalla sufficiente <i>garra</i>; logico dunque che quell'attaccante sgraziato, dotato di una tecnica appena sufficiente per la Segunda, diventi in pochissimo tempo un idolo della <i>Catedral</i> molto più di Llorente, da sempre stigmatizzato per una certa indolenza. Toquero è il primo a sapere di non possedere minimamente i mezzi per affrontare i difensori della Liga, ed è questa la sua forza. Con un'umiltà rara e a tratti commovente non cerca giocate per lui impossibili e si concentra su quelle due o tre cose che gli riescono, cercando di farle al meglio e di dare tutto per la <i>zurigorri</i>. Le sue corse talvolta insensate contro difensori lontani 15 metri non sono uno spreco di energia o un modo ruffiano per strappare un applauso, anche se spesso lo sembrano; sono il suo modo di contribuire, di dire ai compagni, agli avversari e al pubblico che anche lui c'è, e soprattutto di meritarsi uno stipendio che spesso giocatori col doppio del suo talento si sognano, imprigionati dal caso e dalla crudeltà del sistema calcistico in serie minori e squadre senza soldi.<br />
L'anno successivo si conferma partner ideale di Llorente, col quale in effetti forma una coppia completa: uno corre e l'altro segna, uno si sacrifica e l'altro finalizza il lavoro della squadra. Alcuni arditi osservatori, forse spinti dal vago senso di ingiustizia che si prova nel vedere i due attaccanti giocare insieme (anche a causa dell'evidente disparità a livello di aspetto fisico), si spingono a sostenere che il <i>riojano</i> segni solo grazie alla presenza di Toquero... un assunto giusto un po' azzardato. L'arrivo di Bielsa al timone della squadra segna l'inizio della parabola discendente di Gaiza "Revolución" (così chiamato da José Iraragorri per la sua capacità di entrare e dare tutto per cambiare la partita). Il gioco elementare di Caparros, fatto di lanci lunghi, sponde del centravanti e corse sulle seconde palle, si adattava alla perfezione ai suoi scarsi mezzi tecnici, mentre il 4-3-3 del <i>Loco</i>, che prevede un solo attaccante in grado di dialogare con i compagni, evidentemente non è fatto per lui. Nel primo anno vissuto da riserva di Llorente la sua partecipazione è comunque alta, con 35 presenze e 4 gol, ma l'acquisto di Aduriz nel mercato estivo del 2012 suona come una condanna definitiva. Toquero sparisce dalle rotazioni e viene spesso impiegato solo negli ultimissimi minuti, tranne qualche partita isolata in cui viene impiegato sulla destra (anche con buoni risultati, visto che sa crossare efficacemente in corsa). Le cose non cambiano con Valverde, anzi. Inizialmente <i>Txingurri</i> utilizza il numero 2 come <i>revulsivo</i>, ovvero inserendolo a partita in corso (e spesso quando l'Athletic deve rimontare) sperando in una scossa; col passare del tempo, però, lo spazio si riduce fino a scomparire del tutto. La società prova a cederlo in prestito, tuttavia Gaizka rifiuta il trasferimento e preferisce restare a Bilbao a giocarsi le sue carte. I 46 minuti totali giocati nella stagione 2014/15 parlano da soli. Toquero capisce che non può continuare così, accetta la rescissione consensuale e si accasa all'Alavés, da dove era partito tanti anni prima.<br />
La sua conferenza stampa di addio è stata assolutamente degna di lui: nessuna domanda, solo un breve testo letto prima in <i>euskera</i> e quindi in castigliano, un saluto e l'uscita dalla sala stampa. Toquero ha ringraziato tutti, dai compagni ai tifosi, e le sue non sono sembrate parole di circostanza. L'uomo che si presentò ai primi allenamenti a bordo di una Golf scassata ha detto addio per sempre alla squadra che gli ha cambiato la vita. Tutti, Valverde in primis, hanno sottolineato la sua professionalità e il fatto che la sua assenza nello spogliatoio si farà sentire. Personalmente non nego di aver imprecato spesso nel vederlo sfiancarsi in scatti inutili per poi sbagliare a causa della foga o della mancanza di lucidità, ma ciò non toglie che anch'io abbia apprezzato il suo <i>compromiso</i> totale con la maglia e la sua abnegazione quasi ascetica; insomma, mancherà anche a me.<br />
A poche persone toccano in sorte occasioni come quella che gli capitò sette anni fa, quando giocava nei campi della terza divisione con una maglia neroverde addosso; ma ancora meno sono colore che riescono a non sprecare opportunità del genere. Nel suo caso, dove non è arrivato il talento hanno potuto l'impegno quotidiano e quello spirito combattivo che lo ha sempre fatto andare su ogni pallone, anche il più sgangherato e irraggiungibile. Una metafora che non ha bisogno di essere esplicitata.<br />
Gaizka Toquero è stato il nostro <a href="https://www.youtube.com/watch?v=KeX1Yb8CSjw" target="_blank">Pietro Rigosi di gucciniana memoria</a>: una locomotiva lanciata a bomba contro l'ingiustizia, i palestrati con tatuaggio tamarro e il calcio dei padroni. <i>Agur</i>, <i>Lehendakari</i>.Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/18109859996365850503noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4533779175179611471.post-41310387067409885282015-06-23T11:47:00.002+02:002015-06-23T11:47:43.690+02:00Stagione 2015/16: prospettive zurigorri.<img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgRTB2p4rSR3mMxFY-qmCYQxSMqU5EJWcj-5P82J_Lz8YC4jMNp_TDRkZqn9kl-PeLEC16MA1ATN3MLXoEp0JrZV_XfaIx4Qlx2gllWa1rX6jS139AcnAuNIbuFDKEBkNQvoE0tuHs8V4c/s1600/SD%252BEibar%252Bv%252BReal%252BSociedad%252Bde%252BFutbol%252BLa%252BLiga%252B83qHkJArt4-l.jpg" />
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<i>Eneko Boveda, nuovo acquisto dell'Athletic 2015/16.</i><br />
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La nuova stagione è alle porte: il ritiro precampionato è infatti stato fissato per il prossimo 2 luglio, in vista dei preliminari di Europa League di fine mese (andata il 30, ritorno il 6 agosto). Vediamo qual è la situazione, reparto per reparto.<br />
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<b>Portieri:</b> Confermati Iraizoz e Iago, anche se non saprei dire al momento quale sarà la gerarchia. Herrerín ha offerto un buon rendimento nell’ultimo spezzone della <i>temporada</i>, finale di Copa compresa, e Valverde potrebbe anche decidere di iniziare il pensionamento di Iraizoz. Kepa Arrizabalaga ha giocato benissimo nel suo prestito in Segunda alla Ponferradina ed è sempre più il numero 1 del futuro; l’anno prossimo verrà ceduto ancora in prestito, stavolta però a una squadra di Primera (Eibar e Rayo sono interessati), in modo da poterne testare le qualità nella massima serie. Il destino di Alex Remiro, autore di un ottimo campionato con il Bilbao Athletic, dipende dalla finale playoff dei <i>cachorros</i>: in caso di promozione resterebbe a Lezama, altrimenti la Segunda B potrebbe andargli stretta.<br />
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<b>Difesa:</b> il prolungamento di contratto (con aumento della clausola di rescissione) di Laporte è indubbiamente la miglior notizia per il reparto arretrato; unita all’impossibilità del Barcelona, principale pretendente del francese, di fare mercato fino a gennaio, significa in tutta probabilità almeno un’altra stagione in biancorosso per Aymeric. Etxeita, suo indiscutibile compagno al centro della difesa, verrà chiaramente confermato titolare, con l’inossidabile Gurpegi (che ha prolungato per un anno) prima alternativa. San José sembra infatti essere stato stabilmente riconvertito a mediano, cosa che peraltro invocavo da anni. Il quarto centrale avrebbe dovuto essere Ramalho, reduce da una stagione strepitosa a Girona, che però dovrà star fermo almeno 6 mesi a causa del gravissimo infortunio al ginocchio occorsogli sul finire del torneo e ne avrà per almeno 6 mesi; il rinnovo firmato col club dovrebbe comunque garantirgli un posto tra i 25 della prima squadra, in attesa del pieno recupero. Attenzione a Yeray del Bilbao Athletic: ha disputato una stagione strepitosa e potrebbe tornare utile nelle rotazioni di Valverde.<br />
Per quanto riguarda i terzini, la partenza di Iraola è stata immediatamente compensata dall’arrivo di Eneko Boveda, ex canterano di Lezama, tra i migliori nella non facile annata dell’Eibar. Con De Marcos sempre spendibile come laterale destro, si ventila in questi giorni la promozione dal filial di Iñigo Lekue, ala riconvertita da Ziganda con ottimi risultati (a qualcuno vengono forse in mente dei parallelismi con Andoni?). Bustinza invece non ha convinto e verrà ceduto in prestito. A sinistra ci sarà da sistemare Aurtenetxe, che Valverde continua a non vedere. A competere per la maglia da titolare con Balenziaga, ritenuto da molti uno degli anelli deboli dell’Athletic, più che Monreal (oggetto del desiderio da anni, sembra però che l’Arsenal non voglia privarsene) potrebbe essere Isma Lopez. Sì, proprio quell’Isma che ha con la <i>zurigorri</i> un rapporto alquanto travagliato: prelevato da ragazzino dal vivaio dell’Osasuna, del quale era la stella, arrivò fino al Bilbao Athletic ma non riuscì a fare il salto in prima squadra. Dopo un’esperienza più che positiva al Lugo fu ripreso da Urrutia per rinforzare l’Athletic di Bielsa, al secondo anno a Bilbao, ma dopo un grande inizio si perse e sparì presto dai radar. Trasferitosi a Gijon, ha giocato un primo anno anonimo, quindi è stato provato terzino (lui che nasce attaccante esterno) e ha messo a referto una stagione notevolissima, segnalandosi tra i grandi protagonisti della promozione in Primera della Sporting. Poco fantasioso, carente nel dribbling e troppo monocorde, ha però i polmoni e la diligenza tattica del laterale basso; sarebbe una scommessa, ma al momento le alternative scarseggiano (Saborit ha deluso al Mallorca, Iriondo del Bilbao Athletic è bravo ma ancora acerbo).<br />
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<b>Centrocampo:</b> la notizia migliore per Valverde è indubbiamente la rinascita di Beñat, tornato su livelli più che discreti e autore di un finale in crescendo; al numero 7 sicuramente ha giovato l'arretramento della posizione in campo, più da regista (quale lui è) che da trequartista. La vera grana, se così si può chiamare, riguarda Iturraspe: il numero 8 è stato una delle grandi delusioni della stagione, specie dopo le grandissime prestazioni dell'anno precedente che gli erano valse la nazionale, e negli ultimi mesi (complice anche un infortunio) si è visto davvero poco, anche perché San José si è fatto trovare prontissimo nel sostituirlo con profitto; non a caso, nella finale di Copa ha giocato Mikel. Il titolare dovrebbe essere ancora Itu, ma certamente dovrà offrire un rendimento di tutt'altro spessore o rischia di finire ancora in panchina. Mikel Rico è inamovibile, ma per dargli un po' di respiro la società ha deciso di riportare a Bilbao un ex cachorro: si tratta di Javier Eraso, che arrivò a Lezama insieme a Isma López e come lui non riuscì a dare il salto dal Bilbao Athletic. Tesserato dal Leganés, con i madrileni è stato protagonista della promozione in Segunda e si è confermato quest'anno: dotato di grandissime doti fisiche e di buona tecnica, è un mediano atipico per il calcio iberico, un <i>todoterreno</i> più simile ai centrocampisti inglesi "box-to-box" che ai palleggiatori della Liga. Da decidere il destino di Unai López (apparso ancora acerbo), Ager Aketxe (in salita nel finale di stagione) e anche di Iñigo Ruiz de Galarreta, che ha perso la finale promozione con il Real Zaragoza ma è stato comunque tra i protagonisti dell'ottimo campionato degli aragonesi.Almeno due di loro dovrebbero andare in prestito, e se dovessi scommetterci qualcosa direi che saranno Unai e "Galaxy". In questi giorni si parla insistentemente di Iker Undabarrena: probabile che il mediano del Bilbao Athletic si divida tra prima squadra e <i>filial</i> nella prossima <i>temporada</i>.<br />
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<b>Attacco:</b> tra i centravanti, come accade ormai da almeno un paio d'anni, si è ben comportato il solo Aduriz, che ha stabilito il suo record di gol in Liga (18) e al quale la squadra deve moltissimo, soprattutto per le reti nel periodo nero. Scontata la sua riconferma al centro dell'attacco zurigorri. Gli altri hanno invece deluso, chi più chi meno: Toquero in pratica non si è mai visto, Kike Sola idem, Guillermo si è fatto male proprio quando iniziava a inserirsi e Viguera ha mostrato un livello inadatto alla Primera "alta". Il <i>lehendakari</i> e l'ex Osasuna partiranno quasi sicuramente, mentre Borja potrebbe rimanere un'altra stagione come punta di scorta. Guille al 99% sarà ceduto in prestito, o addirittura potrebbe tornare al Bilbao Athletic in caso di promozione in Segunda. La penuria di centravanti baschi sul mercato spingerà il club a guardare verso Lezama: uno tra Sabin e Santamaría, grandi protagonisti nel Bilbao Athletic, potrebbe fare il salto (favorito il primo, anche solo per una questione di età).<br />
L'irruzione di Williams ha cambiato le gerarchie delle punte esterne: a destra il titolare è lui, anche se personalmente lo preferisco centrale, e Susaeta dovrà lottare per ritagliarsi uno spazio in linea col suo passato in biancorosso. A sinistra, aspettando il rientro di Muniain dall'infortunio, ci sono Ibai e qualche soluzione alternativa, per esempio De Marcos o uno tra Williams e Susa. Da fuori non dovrebbe arrivare nessuno (Ander Capa dell'Eibar non sembra migliore di chi già c'è), mentre alcuni <i>cachorros</i> potrebbero essere provati in corso d'opera: Jurgi, Seguín e Salinas attendono. Pochissime le possibilità di Guarrotxena di non finire ancora una volta in prestito.Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/18109859996365850503noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-4533779175179611471.post-50092740796923608722015-06-04T15:29:00.001+02:002015-06-04T17:57:24.777+02:00Cosa resterà (di questa finale).<img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh-SyoMi8BjhH9h3erfhscIJud8ILP0igA8BLk-ai66H7Hf6wjhhdNF_X-Fi4OaE4yhZbCEUGi3JE06WceKVgGg6hsRDuOQNieKqsWqHkT-L0yXDPlPURSRnUTTgwqX0B-Yg9wZh-mkXsY/s1600/galeria73234.jpg" />
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<i>Foto Athletic-club.eus.</i><br />
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Quando giochi e perdi contro i marziani, inutile recriminare o tentare di spiegare la sconfitta con argute analisi tecnico-tattiche. Il Barcellona è più forte, il Barcellona ha meritato, il Barcellona ha vinto. Personalmente credo che Valverde abbia sbagliato formazione e che la squadra avrebbe potuto fare qualcosa di più, se non altro sul piano della cattiveria agonistica (che si è vista solo negli ultimi 10 minuti). Ma sono discorsi che lasciano il tempo che trovano. Trovo molto più gratificante pensare a quello che abbiamo vissuto noi tifosi <i>zurigorri</i> in trasferta in Catalunya, anche se siamo tornati ancora una volta a casa a mani vuote. E allora, cosa resterà di questa finale di Copa del Rey 2014/2015?<br />
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Resteranno le facce. Tante facce. Facce piacevoli e facce spigolose, come solo quelle basche sanno essere; facce distrutte dalla fatica e provate dalle troppe <i>cañas</i>; facce allegre prima del calcio d’inizio e tristi dopo il triplice fischio finale; facce <i>euskaldunak</i>, italiane, catalane, straniere, bianche, nere, gialle, di ogni luogo e ogni ambiente. Facce della <i>mejor afición del mundo</i>.<br />
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Resteranno i fischi. Fischi che hanno coperto totalmente l’inno spagnolo. Fischi che hanno generato polemiche feroci: sull’indipendentismo, sull’eredità del regime franchista, sui limiti della libertà d’espressione. Fischi che ognuno ha interpretato a modo suo: illegittimi, indelicati, sacrosanti, inopportuni, perfettamente legali, meritati, liberatori. Fischi che, piaccio o meno, ci sono stati e ci saranno sempre quando scenderanno in campo quelle due squadre.<br />
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Resteranno i gol, bellissimi. La prodezza maradoniana di Messi, chiuso in un angolo da quattro avversari e capace di saltarli tutti come se praticasse uno sport diverso; i sei tocchi di fila prima dell’appoggio facile facile di Neymar; Messi, ancora lui, che prende 3 metri con un solo scatto a Bustinza; e il colpo di nuca di Williams, un segno del destino, la promessa di un nuovo campione sbocciato all’ombra di Lezama.<br />
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Resteranno gli antisportivi. I tifosi <i>culé</i> che, pur ospiti nell’Athletic Hiria, si sono messi a sfottere i loro “fratelli” baschi, consapevoli che lì non avrebbero rischiato nulla. E Neymar, uno che si commenta da solo con la sua espressione da bimbominkia perenne; Neymar che, sul 3-0, si permette di irridere l’avversario più in difficoltà, Bustinza, con un giochetto buono solo per le spiagge di Copacabana; Neymar che viene metaforicamente bastonato da Luis Enrique e Piqué, loro sì persone di notevole spessore sportivo; Neymar che deve ringraziare perché non sono più i tempi di Goiko e “Rocky” Liceranzu; Neymar che spero ci riprovi sabato a Berlino, magari con Bonucci davanti.<br />
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Resteranno le lacrime. Di vittoria per qualcuno (ma non molti, ché la vera finale per loro è quella del 6 giugno), di sconfitta per tanti, troppi altri. Lacrime disperate color biancorosso, lacrime che versiamo per la quarta volta consecutiva tra Copa del Rey e Europa League. Lacrime amare che, ne sono sicuro, prima o poi diventeranno lacrime di gioia.<br />
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Resterà la consapevolezza. La consapevolezza di far parte di una tifoseria stupenda, che a volte si bea anche troppo della propria unicità in detrimento di una sana incazzatura, ma alla quale vogliamo un bene dell’anima proprio per questo. La consapevolezza di poter contare su una curva, una <i>grada popular</i>, estremamente viva e vitale, una <i>grada</i> che merita di più di uno spicchio del nuovo stadio; la coreografia e lo striscione iniziale riempiono il cuore di orgoglio e spingono a dire solo e soltanto grazie a quei ragazzi fantastici. La consapevolezza, infine, di avere una squadra giovane e piena di elementi di talento; una squadra che, in prospettiva, può togliersi quella soddisfazione che manca dal 1984: sollevare un trofeo.<br />
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Resterà un video (lo trovate in fondo al post) che rappresenta meglio di tanti discorsi cos’è l’Athletic. Aldilà di ogni retorica spiccia, la finale l’abbiamo davvero giocata tutti. Continueremo a farlo ogni volta, finché il dio del calcio si ricorderà di noi, un giorno, e ci farà alzare quella benedetta Coppa. Ma anche se non dovesse succedere, anche se dovessero passare altri 50 anni senza vincere nulla, l’Athletic resterà sempre com’è, fedele a sé stesso e alla sua tradizione. Perché solo a Bilbao, come ha detto Muniain, è meglio arrivare secondi che vincere.<br />
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<iframe allowfullscreen="" frameborder="0" height="315" src="https://www.youtube.com/embed/uoplp3DMZqo" width="560"></iframe>Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/18109859996365850503noreply@blogger.com9tag:blogger.com,1999:blog-4533779175179611471.post-57012128922458081332015-05-25T15:33:00.001+02:002015-05-25T18:17:10.137+02:00Andoni Iraola, l'essenziale.<img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgsIAirS0K9rgvsIVhqIJ48HSs27qjdW6Q_LSA9Y6bJ3d_k5WOzb4eZkDjvEMLZNzu9R93KZd1Qcz3KwyHm0bTro_wg5DIHKeK6qPpxBT4zQTElh1VYSfMaeuZxzbmT-wyXtybmZRYBlhg/s1600/iraola.jpg" />
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<i>Foto Athletic-club.eus.</i><br />
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Riprendo a scrivere dopo un'assenza infinita a causa di vari fattori che mi stanno facendo ripensare sempre più alla formula del blog. In attesa di ulteriori comunicazioni, vi invito a seguire i social network collegati a questa pagina per tutte le ultime notizie (in particolare Facebook, dove pubblico le news sulla squadra).<br />
Torno a scrivere non per raccontarvi della splendida vittoria sul Villarreal, che ci assicura peraltro un posto ai preliminari di EL della prossima stagione, o per presentare la partita di sabato prossimo contro il Barcellona, ma per celebrare degnamente un monumento dell'Athletic degli ultimi 20 anni: Andoni Iraola. La partita di sabato scorso è stata infatti l'ultima delle 406 presenze in Liga del numero 15 con la <i>zurigorri</i> (509 quelle totali, che diventeranno 510 dopo la finale di Coppa del Re del 30 maggio): fra un mese, alla scadenza del contratto, Iraola ci lascerà. La sua destinazione saranno gli Stati Uniti, e d'altra parte solo immaginarlo con un'altra maglia in Spagna sarebbe stato folle. Il suo addio è stato un po' trascurato dai media, visto che è coinciso con quello di Xavi; in Italia credo che la notizia sia stata data con un paio di trafiletti o poco più, come succede praticamente sempre con l'Athletic. Poco male, peccato solo per chi non conoscerà mai la storia di una vera leggenda. Perché essere una bandiera è bellissimo, ma esserlo in una società che raramente è in lizza per vincere qualcosa (e non si parla certo di campionati o Champion's league) ha un valore inestimabile. Facile restare una vita a Barcellona, dove ogni anno si lotta per il massimo; per non muoversi da Bilbao, senza mai mettere in discussione la propria dedizione e la propria appartenenza, servono una tempra e una cavalleria da uomo d'altri tempi.<br />
Andoni Iraola, per l'appunto, uomo d'altri tempi lo è. A cominciare dall'aspetto fisico: nessun tatuaggio, nessuna acconciatura stravagante, nessun segno particolare a rimarcarne la differenza rispetto a compagni e avversari. Sicuramente non bello, distante anni luce dal prototipo del giocatore-modello, ha sempre lasciato che fossero soltanto i suoi tratti spigolosi, baschi al 100%, a raccontarne la storia. Misurato nella gioia e nella sofferenza (sportiva, s'intende), per tutta la carriera ha parlato poco e giocato molto, preferendo sempre il linguaggio del campo alle chiacchiere del dopo gara. E non perché non avesse nulla da dire: le sue dichiarazioni sono sempre state molto più intelligenti della media. Ma Iraola è un uomo fatto di silenzi più che di discorsi, di fatti concreti più che di idee fumose, di semplicità più che di complicazioni.<br />
Quando militava nelle giovanili dell'Athletic, ala destra con poche concessioni alla giocata a effetto, nessuno pensava che potesse arrivare in prima squadra. Allora quel ruolo era appannaggio di un monumento come Joseba Etxeberria e solo pensare di sostituirlo era un sacrilegio, inoltre ai più sfuggivano le qualità reali del ragazzo. Bravo era bravo, ma mancava di quel pizzico di sregolatezza che fa il grande esterno offensivo; era troppo metodico, troppo regolare per accendere la fantasia e alimentare le speranze. Poi al Bilbao Athletic arrivò un giovane allenatore con pochissima esperienza, un certo Ernesto Valverde. Txingurri, che era stato un grande attaccante, vide qualcosa che in pochissimi avevano notato. Arretrò il ragazzino di qualche metro e gli chiese se volesse giocare terzino: lui, come sempre, rispose di non avere problemi. L'anno dopo salì in prima squadra col suo mentore, che lo propose titolare dalla prima giornata: da allora è rimasto su quella fascia per 12 anni, diventando un idolo vero della tifoseria e ritagliandosi uno spazio tutto suo nel Pantheon delle leggende biancorosse. Iraola è stato un fluidificante meraviglioso, uno dei migliori d'Europa per almeno 10 anni e senza dubbio uno dei più grandi di sempre dell'Athletic. Ottimi piedi, visione di gioco eccellente, tempi di inserimento fantastici, dribbling secco, buon tiro, splendido cross: impossibile trovare una falla nel suo bagaglio tecnico. Dal punto di vista difensivo non è mai stato un drago, seppur nel corso del tempo abbia limato la leggerezza originaria nei contrasti e i difetti di posizione dovuti all'impostazione da esterno alto ricevuta a inizio carriera tra Antiguoko (glorioso club <i>giputxi</i> convenzionato con l'Athletic, dov'è cresciuto anche Aduriz) e Lezama. Fin dagli esordi in prima squadra è emersa con forza la sua personalità, mai urlata eppure sempre ben recepita dai compagni. Leader silenzioso ma non per questo meno efficace, ha indossato la fascia da capitano con un'eleganza e un'efficacia pari solo a quelle delle sue discese sulla destra. In condizioni di emergenza ha mostrato una duttilità sconosciuta per la maggioranza dei suoi colleghi, arrivando a giocare come regista nel corso della sciagurata <i>temporada</i> 2006/07, funestata dall'infortunio di Orbaiz e dalla squalifica di Gurpegi; la salvezza di quell'anno si deve anche a una sua straordinaria doppietta ad Anoeta, che valse un 2-0 preziosissimo visto che la Real Sociedad finì per retrocedere con cinque punti in meno dell'Athletic.<br />
Esempio di professionalità e dedizione senza uguali, non si è mai segnalato per comportamenti extra campo inappropriati. Nel corso della sua lunga carriera è stato fortunato a non farsi male in modo serio, cosa che gli ha permesso di issarsi al quarto posto per presenze totali con la maglia dell'Athletic (secondo assoluto dopo Iribar per partite internazionali). Se avesse proseguito per un altro anno, come chiestogli dalla società, avrebbe facilmente scavalcato Etxeberria (terzo con 514 gettoni), tuttavia lui stesso ha spiegato di non essere interessato ai record e di non sentirsi più in grado di offrire il rendimento che ci si attende da chi indossa la <i>zurigorri</i>. Un altro esempio di quale splendido essere umano sia Iraola.<br />
Parlare di Andoni per me non è facile. Stesso ruolo, stessa età (lui è un anno più giovane), l'atteggiamento verso il calcio che amo: in lui ho sempre visto molto più di un semplice giocatore. Un idolo, l'ultimo vero idolo che ho avuto. Dopo di lui non ce ne saranno altri, per disillusione personale e incompatibilità conclamata con il <i>futbol</i> attuale. E aver preso la maglia che lui ha lanciato a Torino, proprio nell'anno del suo addio, è per me più di un segno.<br />
Con l'Athletic non ha vinto nulla ed è probabile che il palmarès non cambi dopo sabato prossimo. Ci è andato vicino (due finali di Copa e una di EL), ma non credo che abbia rimpianti. Sa di aver lottato alla pari contro squadre dove ci sono giocatori pagati quanto l'intera rosa bilbaina, e si è tolto alcune soddisfazioni riservate a pochi. Vincere a Old Trafford, come lui stesso ha dichiarato, la più grande. "Fra 15 anni quella sarà una partita che vorrò rivedere", ha detto il giorno della conferenza stampa d'addio. In nazionale ha raccolto meno di quanto avrebbe meritato, pagando soprattutto le scelte geopolitiche dei ct: in nessun'altra selezione del mondo Arbeloa sarebbe stato considerato più meritevole di lui. Ha pagato anche la decisione di restare per sempre nella sua squadra del cuore; decisione mai messa in discussione, tanto che non ho memoria di alcuna voce di mercato seria che lo abbia riguardato in questi anni. Il suo stile e la sua classe si sono visti anche nell'ultima partita a San Mamés: dopo ovazioni e applausi da ogni settore, lui è andato a festeggiare con la Herri Harmaila, la <i>grada popular</i>, il settore "caldo" dello stadio. Abbracciato con alcuni membri storici della tifoseria, ha cantato e saltato come un tifoso, come uno di noi.<br />
Se dovessero chiedermi una parola per definire Andoni Iraola, non avrei dubbi: essenziale. Inteso come semplice, certo, ma anche come indispensabile. Essenziale in quanto sostanza stessa del calcio che vorrei, che vorremmo. In un momento storico in cui l'eccesso sembra essere l'unica cifra possibile del reale, un uomo come lui ci mancherà ancora di più. Eskerrik asko, Andoni.Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/18109859996365850503noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-4533779175179611471.post-21444934506721841392015-03-24T19:18:00.001+01:002015-03-25T00:50:15.045+01:00Iñaki Williams, la perla nera di Lezama.<img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEirpQ8anRVlmkcCfBGlQDmD7nMjKkv26_pZS8DZBCDcIulkwKOjBNG8yZVPWTQ3jhCKKeU_rrSo9LlfVg0WF6axWkq7LTM80X6PGs4yc5qRUYcTEco8tg_QxBI9UhjzVu9scX-izKw9QCM/s1600/williams.jpg" />
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<i>Williams dopo il primo gol con l'Athletic (foto Uefa.com).</i><br />
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Anima africana e cuore basco. Pelle nera come l’ebano sotto una maglia biancorossa da leggenda. La sua è una storia di speranza, riscatto e fiducia in un futuro multiculturale, nel contesto di una realtà tacciata spesso (e a sproposito) di chiusura mentale, se non direttamente di razzismo.<br />
Iñaki Williams ha un destino diverso da quello di un normale calciatore. È il volto di una nuova era e il peso di questa responsabilità lo accompagnerà sempre. Dovunque andrà, le tifoserie “nemiche” gli ricorderanno che è un basco e per di più “negro”, cercando di esasperarlo e di farlo esplodere. Ogni suo gesto sarà studiato e sezionato dai media, che già adesso lo stanno investendo di una popolarità che potrebbe anche far perdere l'orientamento a un ragazzo di appena 20 anni. Ma Iñaki sembra avere le spalle larghe e un carattere ben diverso da quello di Mario Balotelli, al quale alcuni giornali (in particolare quelli italiani...) hanno già iniziato a paragonarlo. Un confronto insensato sia sul piano squisitamente tecnico che su quello personale. Williams e Balotelli condividono solo due cose, il colore della pelle e le origini ghanesi; per il resto, anche da lontano appaiono due mondi differenti (per fortuna).<br />
Iñaki Williams nasce a Barakaldo, vicino Bilbao, il 15 giugno del 1994. Suo padre, ghanese, e sua madre, liberiana in fuga dalla guerra civile, si sono incontrati e innamorati in un campo profughi nei pressi di Accra, la capitale del Ghana, dal quale sono partiti verso l'Europa in cerca di un futuro migliore. Quando loro figlio è ancora piccolo si spostano a Pamplona per trovare lavoro, tuttavia Felix Williams non ha fortuna e decide di trasferirsi a Londra, mentre il resto della famiglia resta in Navarra. Non sono anni facili, questo è sicuro, ma il piccolo Iñaki ha un talento: gioca bene a <i>futbol</i>. Soprattutto è veloce, velocissimo, e ha un ottimo rapporto con la porta avversaria. Muove i primi passi nel Club Natación, nell'orbita dell'Osasuna, ma grazie alla segnalazione di un osservatore dell'Athletic si trasferisce al CD Pamplona, affiliato dei bilbaini. Iñaki ogni tanto si allena anche a Lezama, tuttavia i responsabili del settore giovanile non sono convinti. Il giovanissimo Williams ha velocità e senso del gol, è vero, ma difetta di tecnica e i tecnici hanno dei dubbi riguardo al suo possibile sviluppo fisico. Il ragazzo resta così sospeso tra Pamplona e Bilbao, finché non viene convocato per un provino a Lezama. È in età <i>juvenil</i> e una decisione sul suo futuro non si può più rimandare: o dentro o fuori. Nonostante le caterve di gol segnati col CD Pamplona, la decisione di inserirlo nel Juvenil de Honor viene presa solo negli ultimissimi giorni del provino. Iñaki ce l'ha fatta: è un giocatore dell'Athletic. Da quel momento il suo cammino è caratterizzato da un'ascesa vertiginosa. Al primo anno in biancorosso segna 31 gol in 31 presenze di campionato, dominato dai ragazzi di Gontzal Suances, più 4 reti in 7 partite di Copa (sconfitta in finale con il Real Madrid). La stagione successiva (2013/2014) viene inserito nella rosa del Basconia, ma dopo 18 presenze, 7 gol e un'operazione al menisco si trasferisce nel Bilbao Athletic, in Segunda B, dove mette a referto 8 reti in 14 apparizioni. Inizia la <i>temporada</i> attuale nel <i>filial</i> e continua a stupire: va a bersaglio 13 volte in 18 partite e si segnala per il livello altissimo delle sue prestazioni. Con la squadra impegnata su tre fronti e l'apporto pressoché nullo di Viguera e Sola, la decisione di Valverde di convocarlo coi “grandi” dopo l'infortunio di Guillermo è giusta e naturale. L'impatto di Williams è clamoroso: pur segnando una sola rete col Torino in EL (anche perché viene utilizzato quasi esclusivamente come ala destra), la freschezza e l'indubbio talento lo rendono un elemento chiave dell'undici titolare nel giro di appena un mese, relegando in panchina un giocatore come Susaeta.<br />
Williams è un diamante ancora grezzo, tuttavia le sue potenzialità ne fanno fin da adesso uno dei giovani più interessanti dell'intera Liga. Rapidissimo ed estremamente agile, quando parte in progressione riesce a raggiungere dei picchi di velocità pazzeschi ed è pressoché inarrestabile in campo aperto, anche perché regge i contrasti come un'ala da rugby e buttarlo giù non per niente semplice. Ho in mente un'azione che spiega alla perfezione il concetto, nella vittoriosa semifinale di Copa contro l'Espanyol. Lanciato in profondità da Iraola, Williams si fionda verso la porta avversaria partendo almeno un paio di metri dietro il difensore più vicino: gli basta allungare la falcata per sfilargli accanto a velocità doppia. Quando l'altro centrale prova a fermarlo con una spallata, Iñaki lo evita con una piccola accelerazione e resiste al tentativo di carica, anche se poi pecca di scarsa freddezza e mette di poco a lato la conclusione (<a href="https://www.youtube.com/watch?v=4bXTQTkLIC4" target="_blank">video</a>, minuto 4'22''). Un riassunto perfetto dell'esplosività nel breve e delle doti fisiche non comuni del numero 30. Tecnicamente ha ancora notevoli margini di miglioramento, però sa già regalare dettagli di qualità (come il tunnel d'esterno rifilato a Hemed sabato scorso). Il suo ruolo naturale è quello di prima punta, pur se con caratteristiche diverse dal centravanti-boa alla Aduriz, ma sa disimpegnarsi con naturalezza anche sulle fasce. Avendo raggiunto la quota di partite stabilita per il rinnovo automatico (10 presenze da almeno 45 minuti), ha firmato il suo primo contratto da pro e la sua clausola è passata a 20 milioni di euro.<br />
Williams è sulla bocca di tutti in Spagna. È stato appena convocato per la prima volta nell'under 21 di Celades e ha ricevuto proposte concrete dalle nazionali maggiori di Liberia e Ghana, per le quali potrebbe giocare in quanto paesi d'origine dei genitori. Lui, però, non si sente africano, pur dicendosi estremamente orgoglioso delle proprie radici. Iñaki è basco fino al midollo, e per capirlo basta leggere le sue dichiarazioni (“Soy nacido en el mismo Bilbao, pero los de Bilbao ya sabes que nacemos donde queremos”) o vedere le sue foto di bambino con la divisa da gioco dell'Athletic, cosa che fa ben sperare rispetto al suo futuro nel Botxo. Non è stato il primo giocatore di colore a esordire con la <i>zurigorri</i> (questo onore spetta a Jonas Ramalho, che peraltro sta giocando benissimo a Girona e potrebbe tornare a vestirla il prossimo anno), ma senza dubbio è già un personaggio, con tutti i pro e i contro che questo comporta.<br />
Noi, per quanto poco possa contare, siamo con lui. E aspettiamo il giorno in cui segnerà al Bernabeu, sotto la curva dei fascisti Ultras Sur, o al Calderon, di fronte ai neonazisti del Frente Atlético. Quello che pochi anni fa era solo un sogno, oggi diventa ogni giorno più vicino.<br />
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<img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhVtDFlF5Tv74YGvTqlf0xGIJqh5ZxuVS0I5-s84dbM2lhX2pbsZ-soUEQgg3HhQs-gFI59Lp6wFdTLRJ20dk-RaH1BSu18L5nBFCEwFOLP1jVufN1MzcwCkeM_EuUhnD6uYEwHnyGjn_k/s1600/williams2.jpg" /><br />
<i>Il piccolo Iñaki con la zurigorri (foto Lainformacion.com).</i><br />
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<img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjY5-p1O9MzJeK6scLWpBkbXPzicuPFZ7hMaN7Rj9ol1SnX5jGQd-YIa4DA6a-A-Vku-9ZysNdGkSeAn15MFQ6RB8dlm6ycrUe6InK0LNPA9OmzcBd4VJIKlgMmUGFbrkRjSjAQQNnpyaI/s1600/foto783.jpg" height="183" width="320" />Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/18109859996365850503noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4533779175179611471.post-42391874224120185482015-03-08T11:52:00.001+01:002015-03-08T11:52:33.661+01:0026a giornata: Athletic 1-0 Real Madrid.<img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEij4_C3ogdNMiclg-ApWk44_NE4ppAdzhv1vQCYjkpnBeE8S3x-cnOeBeKX-HFiaLM5B4qBvSRsZ1z6AUXMrtVDgdJA9Dthf9swXwMLd24mSpsyNWLT0IFTUTgkd9entiE2BE4W585enS8/s1600/ath.jpg" />
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<i>Iraola omaggiato prima del match per le sue 500 presenze con l'Athletic (foto Athletic-club.eus).</i><br />
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<b>Athletic Club:</b> Iraizoz; De Marcos, Etxeita, Gurpegi, Balenziaga; Beñat, Mikel Rico (91' Toquero); Iraola, Muniain (64' Susaeta), Williams (73' Guillermo); Aduriz.<br />
<b>Real Madrid CF:</b> Casillas; Carvajal, Pepe, Varane, Marcelo; Illarramendi (71' Jesé), Kroos (76' Lucas Silva), Isco; Cristiano Ronaldo, Benzema (80' Chicharito), Bale.<br />
<b>Reti:</b> 26' Aduriz.<br />
<b>Arbitro:</b> Undiano Mallenco (Colegio Navarro).<br />
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Ci sono vittorie (meritate o meno), grandi vittorie e imprese. Quella contro il Madrid, campione d'Europa e del Mondo in carica nonché capolista in Liga, appartiene indubbiamente al terzo gruppo. Non tanto per la caratura dell'avversario, comunque eccezionale, ma per come è arrivata. L'ultimo successo dei Leoni contro i <i>blancos</i> risaliva a 5 anni fa (16 gennaio 2015, Athletic- Real Madrid 1-0), ma allora si trattò di un mezzo furto: la squadra di Caparros passò in vantaggio dopo 2 minuti con Llorente, di testa su corner di Yeste, dopodiché passo il resto del match trincerata nella sua metà campo, rinunciando del tutto ad attaccare (sparacchiare palloni in avanti a caso non conta) e sperando nella buona sorte per sfangarla.<br />
Ieri, invece, è stata tutta un'altra storia. Gli <i>zurigorri</i> hanno interpretato il primo tempo nel solco della prestazione di Copa contro l'Espanyol: pressing altissimo, voglia di arrivare sempre prima sulla palla e tanta qualità nel palleggio e nella manovra offensiva. Valverde finalmente ha risolto il nodo tattico della stagione, il trequartista: Muniain in quella posizione, e anzi libero di svariare sul fronte di attacco a suo piacimento (motivo per il quale molti giornalisti vedono l'Athletic schierato con un 4-4-2 a parer mio inesistente), ha tutto per consacrarsi definitivamente. L'inserimento in pianta stabile di Williams ha dato freschezza e fisicità alla fascia sinistra, mentre il nuovo assetto di quella destra (Iraola esterno alto e De Marcos terzino), sperimentato al Cornellà, anche ieri si è rivelato molto interessante: Andoni è dotato di una sapienza tattica e di un senso del gioco tali da poter essere efficace in ogni posizione del campo, e partendo davanti a De Marcos è in grado di dare quella "pausa", come dicono in Spagna, tipica dei centrocampisti centrali e che a destra permette a Oscar inserimenti devastanti da lontano. Il Madrid, ingabbiato dalla disposizione degli uomini di Valverde, per lunghi tratti è stato incapace di uscire in modo pulito dalla propria trequarti e in avanti non si è praticamente mai visto, mentre in difesa ha sofferto tantissimo e ha incassato il meritato gol biancorosso al 26'. L'azione, splendida, si è sviluppata sulla destra: la combinazione tra Iraola e De Marcos ha aperto il campo e fatto arretrare la linea difensiva delle <i>merengue</i> praticamente nella propria area, liberando la trequarti per l'inserimento di Mikel Rico; il cross del numero 17, tagliato e preciso, ha premiato il taglio diagonale di Aduriz, che poi ha girato splendidamente di testa spedendo il pallone sotto l'incrocio alla sinistra di Casillas. Un gol meraviglioso. L'Athletic ha contenuto la blanda reazione del Madrid fino al 45', trovando in Etxeita un baluardo assoluto, mentre nella ripresa la musica è cambiata. I madridisti hanno alzato ritmo e baricentro e hanno occupato quasi militarmente la metà campo avversaria, tuttavia gli <i>zurigorri</i> non si sono disuniti e, pur soffrendo, hanno continuato a difendersi con ordine senza rinunciare a farsi vedere davanti. Il reparto arretrato ha offerto in questa fase del match un rendimento esemplare: puntuali i terzini nelle diagonali, attenti e duri i centrali, efficace in ogni intervento il portiere. Iraizoz va lodato per due uscite salva-risultato su Benzema e Ronaldo, anche se nel finale ha rischiato di farsi battere da un cross sballato di Bale da 30 metri (per fortuna ci ha pensato San Palo). I Leoni hanno tirato poco, ma quando lo hanno fatto hanno rischiato di raddoppiare con Aduriz (palo anche per lui). Quando Undiano Mallenco ha fischiato la fine, lo stadio (finalmente all'altezza, troppe volte quest'anno il silenzio l'ha fatta da padrone) è esploso: campioni di tutto a casa, battuti, e Athletic per un pomeriggio sul tetto del Mondo calcistico.<br />
Sicuramente adesso si sprecheranno i commenti del tipo "se solo avessimo giocato così tutto l'anno...", commenti che prevengo con un paio di obiezioni. Numero 1: l'Athletic non ha (e non avrà mai) una rosa in grado di competere ai massimi livelli in tre competizioni. L'anno delle due finali di Bielsa in Liga la squadra mollò a marzo, arrivando comunque svuotata di energie a maggio. La nostra filosofia è nota, applicarla mantenendo la massima categoria in uno dei migliori campionati del globo è la nostra vera vittoria. Numero 2: la preparazione, a parer mio, è stata completamente sbagliata. Dopo il preliminare col Napoli i giocatori si sono afflosciati e nelle partite del girone di Champion's hanno mostrato una condizione da fine <i>temporada</i>. Ora la gamba è tornata e i risultati si vedono. Speriamo di arrivare così all'appuntamento con la storia del 30 maggio. Numero 3: quando i risultati non arrivano, quando partite abbordabili vengono perse a causa di errori banali, quando la classifica si fa preoccupante, la tenuta mentale di un gruppo viene messa a dura prova, tanto più quando il gruppo stesso è formato da tanti giovani e giovanissimi. A un certo punto della stagione tutti abbiamo temuto di dover lottare fino all'ultima giornata per la salvezza, dunque essersi ripresi (fatto non banale) costituisce già un bel risultato. Al quale si aggiunge la 38a finale di Coppa del Re, non proprio bruscolini. Insomma, l'Athletic c'è. E ieri lo ha ribadito per l'ennesima volta, proprio di fronte alla squadra più forte e titolata del pianeta. Scusate se è poco.<br />
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<b>Le pagelle dell'Athletic.</b><br />
<b>Iraizoz 6,5:</b> praticamente inoperoso nel primo tempo, nella ripresa viene chiamato più volte all'intervento risolutivo. Sicuro su Isco, è bravissimo a scegliere il tempo giusto nell'uscita su Benzema e addirittura si supera su Ronaldo, la cui conclusione quasi dal dischetto viene stoppata dal navarro con la mano destra. Mezzo voto in meno per la dormita sul cross sbagliato di Bale che per poco non lo beffa.<br />
<b>De Marcos 7:</b> non mi ha mai convinto nella posizione di terzino destro, ma va detto che con Iraola davanti sembra un altro. Più sicuro in difesa grazie ai raddoppi puntuali del numero 15, Oscar è libero di scatenare tutto il suo devastante potenziale di corsa quando si distende in avanti, risultando inarrestabile se ha campo per lanciarsi verso il fondo. È lui ad allargare la difesa del Madrid e a servire Rico nell'azione del gol. Positivo.<br />
<b>Etxeita 8,5:</b> a parer mio il migliore in campo. Semplicemente strepitoso per tutto il match, controlla benissimo Benzema in tandem con Gurpegi ma è sugli inserimenti degli altri madridisti che dà il meglio di sé. Respinge almeno tre o quattro conclusioni pericolose e salva la situazione con un paio di chiusure che valgono quanto un gol. Al momento è il nostro miglior centrale. MVP.<br />
<b>Gurpegi 7:</b> il vecchio leone ruggisce ancora. Non avrà più l'età (e le ginocchia, ahilui) per giocare ogni tre giorni, eppure dopo la grande partita contro l'Espanyol fa il bis di fronte a uno dei tridenti più forti del mondo. La brutta prestazione col Toro a qualcuno era sembrata il mesto congedo del capitano di mille battaglie, ma Carlos ancora non vuole appendere le scarpe al chiodo. Per fortuna.<br />
<b>Balenziaga 7,5:</b> spesso criticato per la scarsa qualità e qualche buco difensivo di troppo, Mikel mette in mostra il meglio del suo repertorio contro il Madrid. Attento in difesa e propositivo quando sale, si merita più di un applauso per la generosità assoluta con cui affronta avversari di un'altra categoria. Salva la patria e il risultato con una diagonale (e relativa scivolata) provvidenziale su Benzema, servito da Ronaldo per un comodo tap-in dentro l'area piccola. Soldatino.<br />
<b>Mikel Rico 7,5:</b> è un giocatore eccezionale, con un'intelligenza calcistica pari solo alla capienza dei suoi polmoni. Nonostante abbia piedi più delicati rispetto a un mediano standard, corre come un mulo e sa cantare e portare la croce come nessun altro in squadra. Tampona, ruba palla, si fa vedere per dare un appoggio facile ai compagni, raddoppia, si inserisce: è ovunque e sempre con grande efficacia. Suo l'assist per Aduriz (dal 90' <b>Toquero s.v.</b>).<br />
<b>Beñat 8:</b> talvolta le insistenze degli allenatori sono incomprensibili. Valverde ha passato un anno e mezzo cercando di tarsformare un regista dotatissimo in un trequartista, ricevendo in cambio prestazioni sconfortanti e quasi perdendo un elemento di qualità. Vorrei che qualcuno mi spiegasse l'utilità di prendere Illarramendi, ieri un fanatsama, quando in rosa c'è un centrocampista con la classe e i tempi di gioco di Beñat. Ieri semplicemente splendido (non ha perso un pallone uno in transizione offensiva), l'ex Betis ha fatto vedere di cosa è capace se viene messo nel suo ruolo. Ritrovato.<br />
<b>Iraola 8:</b> sarei tentato di dargli 502, come le sue partite ufficiali in maglia biancorossa. Un giocatore del genere nasce una volta ogni 30 anni e sarà impossibile sostituirlo quando si ritirerà. La mossa di Valverde di schierarlo ala potrebbe regalargli un finale di carriera più lungo del previsto: non corre più come quando aveva 20 anni, è chiaro, ma lo fa sempre in modo estremamente intelligente e la sua capacità di gestire la sfera è fondamentale quando l'Athletic deve avanzare. Marcelo contro di lui ci ha capito pochissimo. Clonatelo.<br />
<b>Muniain 7:</b> un altro rigenerato dal cambio di ruolo. Sulla sinistra si stava intristendo, lontano dal gioco e dalla porta, mentre da quando è accentrato è un giocatore diverso. Libero di svariare e muoversi alle spalle di Aduriz, è un pericolo costante per la difesa avversaria e con le sue accelerazioni può mettere in difficoltà chiunque. Se inizia a tirare può veramente fare il salto di qualità. Stanco, esce dopo un'ora (dal 64' <b>Susaeta 6,5:</b> sta trovando poco spazio ultimamente, ma quando entra gioca bene. Non spreca palloni e prova un paio di azioni interessanti. Atteggiamento giusto per uscire dal suo momento-no).<br />
<b>Williams 8:</b> partita clamorosa del classe '94 bilbaino, giocatore che ha tutti i mezzi per diventare un crack europeo nel giro di poche stagioni. Velocissimo e tecnico quanto basta, quando parte c'è sempre la sensazione (tipica dei calciatori di livello) che stia per accadere qualcosa. Dicono che sia un ragazzo serio e desideroso di migliorare: vederlo rincorrere gli avversari e chiudere un paio di volte in scivolata nella sua area conferma queste indicazioni. Lasciamolo crescere tranquillo, perché potrà regalarci tanto in futuro (dal 73' <b>Guillermo 6:</b> impatto discreto, si sacrifica sulla fascia ma non si nasconde. Altro ragazzo più che interessante, peccato solo per quell'infortunio che lo ha tolto di mezzo quando stava iniziando a mostrare belle cose).<br />
<b>Aduriz 8:</b> Tre palloni giocabili. Tre colpi di testa. Una palla fuori non di molto, un gol superlativo, un palo. Sinceramente, non so cosa debba fare di più un centravanti. Se il buon vino migliora invecchiando, Aritz al momento vale quanto una bottiglia di Chateau Lafite del 1800. Prima o poi bisognerà pensare di trovargli una valida alternativa, ma finché gioca così... Infinito.<br />
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<i>L'Athletic è in finale! E la sua gente festeggia (foto @AthleticClub).</i><br />
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<b>RCD Espanyol:</b> Pau; Arbilla, Álvaro, Moreno, Fuentes; Cañas, V. Sánchez, Lucas (69' Salva Sevilla), V. Álvarez (48' Caicedo); Sergio García, Stuani.<br />
<b>Athletic Club:</b> Iago Herrerín (66' Iraizoz); De Marcos, Gurpegi, Etxeita, Balenziaga; San José, Mikel Rico; Iraola, Muniain (83' Beñat), Williams (90' Laporte 90); Aduriz.<br />
<b>Reti:</b> 13' Aduriz, 42' Etxeita.<br />
<b>Arbitro:</b> Martínez Munuera (Valencia).<br />
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Ci vuole carattere per riuscire a rovesciare una stagione storta. E se l'Athletic ha una caratteristica innata nel proprio DNA, che sembra trasmettersi di generazione in generazione a prescindere da chi ne indossa la <i>camiseta</i> in un dato momento, questa è proprio la <i>garra</i>: la grinta, la cattiveria agonistica, il coraggio di affrontare ogni sfida a testa alta. Il carattere, insomma.<br />
Ieri la partita non l'hanno vinta il gol di Aduriz, le invenzioni di Muniain, le parate di Iago, il filtro di San José o le chiusure di Gurpegi. O, per meglio dire, non l'hanno vinta solo le prestazioni enormi dei giocatori. In primo luogo l'ha vinta la <i>garra</i>. La furia con cui i Leoni sono entrati in campo è stata esemplare: per quasi mezz'ora l'Espanyol non ci ha capito nulla, tra pressing altissimo, raddoppi continui e la caccia ossessiva alle seconde palle. La chiave del match, in fondo, è stata tutta qui: i padroni di casa sono entrati in campo pensando di vivacchiare sull'1-1 del San Mamés, convinti che prima o poi avrebbero trovato il pertugio giusto per colpire in contropiede; gli <i>zurigorri</i>, invece, non hanno fatto calcoli, ma hanno aggredito partita e avversari come se non vi fossero alternative. Interessante, in tal senso, la mossa di Valverde di schierare De Marcos terzino e di avanzare Iraola come ala, utile per sfruttare la sapienza tattica di Andoni e l'esuberanza fisica di Oscar, pericolosissimo quando sale lanciandosi da lontano. Il gol di Aduriz è stato esemplare dell'atteggiamento dei bilbaini: sulla palla dentro di De Marcos, respinta corta, Aduriz si è avventato per primo sulla sfera, ha controllato e ha segnato con un diagonale chirurgico alla sinistra di Pau. Trovato il gol, indispensabile ai fini della qualificazione, l'Athletic non ha mollato di un centimetro e ha continuato a premere, senza creare occasioni ma tenendo comunque lontano l'Espanyol dalla propria area. L'unica occasione vera per i <i>pericos</i> è arrivata a causa di un retropassaggio errato di Balenziaga che ha servito involontariamente Stuani, sul cui tiro Iago è stato provvidenziale. Intorno al 30' i biancorossi sono calati, ma non si sono mai disuniti in difesa e hanno addirittura trovato il raddoppio con Etxeita, splendido nell'inserimento in occasione del corner di Iraola.<br />
La ripresa è stata una lunga agonia per l'Espanyol, che avrebbe dovuto segnare 3 reti per qualificarsi. Troppo per la squadra di Sergio González, nonostante l'inserimento di un Caicedo propositivo e pericoloso (sua l'occasione più ghiotta, un tiro sfiorato da Iago e terminato sul palo). I Leoni hanno controllato e avrebbero anche potuto dilagare in contropiede, ma Williams (male nel primo tempo, meglio nel secondo) e Gurpegi non sono riusciti a siglare la rete di un 3-0 che avrebbe punito oltre i suoi demeriti i biancoblu di Barcellona.<br />
Siamo in finale, dunque. Contro un altro club di Barcellona, "leggermente" più forte dell'Espanyol, per la terza volta consecutiva (nel 2009 e nel 2012 non finì bene per noi). I <i>blaugrana</i> di Luis Enrique non saranno la squadra <i>monstre</i> di Pep Guardiola, tuttavia restano di un altro livello. Poco importa: nessuno parte battuto e la voglia di fare la storia è palpabile. Sarà la trentottesima finale per l'Athletic (anche se la LFP ci riconosce 37 finali e 23 successi invece di 24, non considerando la vittoria del nostro antenato Club Bizkaia), la terza negli ultimi sette anni: il segno di una continuità significativa dopo la lunghissima assenza dall'ultimo atto della Copa tra 1985 e 2009. Con la vittoria di ieri Valverde ha riscattato l'eliminazione in semifinale col Betis del 2005, uno dei suoi maggiori rimpianti sportivi; peccato che nell'ultimo atto non ci sia ad attenderci l'Osasuna, come sarebbe stato se avessimo vinto quella maledetta serie di rigori di 10 anni fa. Ma il passato è passato, mentre il futuro resta tutto da scrivere. Intanto, per le emozioni che sono stati capaci di regalarci dopo le tante delusioni patite quest'anno, a lui e ai suoi ragazzi dobbiamo dire solo una cosa: <i>eskerrik asko</i>, <i>mutilak</i>!<br />
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<i>Gurpegi esulta dopo il gol vittoria (foto Athletic-club.eus).</i><br />
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<b>SD Eibar:</b> Jaime; Boveda, Añibarro, Raul Navas, Lillo (46' Didac); Errasti, Dani Garcia (66' Saul); Capa, Arruabarrena, Manu del Moral; Piovaccari (66' Javi Lara).<br />
<b>Athletic Club:</b> Iraizoz; De Marcos, Gurpegi, Etxeita, Balenziaga; San José, Mikel Rico; Williams (75' Iraola), Muniain, Ibai (82' Susaeta), Guillermo (62' Aduriz).<br />
<b>Reti:</b> 36' Gurpegi.<br />
<b>Arbitro:</b> Teixeira Vitienes (Cantabria).<br />
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Ci voleva una vittoria per dimenticare l'eliminazione dall'Europa League e la vittoria, per fortuna, è arrivata. L'Eibar attuale, bisogna sottolinearlo, non è certo irresistibile: la squadra di Garitano era infatti reduce da quattro sconfitte consecutive, divenute cinque dopo lo 0-1 nel derby di ieri, e sinceramente mi sembra piuttosto a rischio, specie ora che ha finito la benzina di inizio stagione. È comunque un risultato che dà morale in previsione della prossima partita, senza dubbio la più importante dell'anno: la semifinale di ritorno di Copa contro l'Espanyol. Positivo, inoltre, il ricorso all'impiego di una linea offensiva quasi da squadra Primavera: tra il '94 Williams, il '93 Guillermo e il 92' Muniain, il venticinquenne Ibai ha fatto la figura del veterano di mille battaglie.<br />
A livello di gioco si è visto un Athletic piuttosto solido, spaventato solo un paio di volte dalle iniziative di Manu del Moral (l'unico degli <i>armeros</i> realmente pericoloso) e sempre in pieno controllo del match; unica pecca, la solita incapacità di finalizzare le molte azioni create, specie in un secondo tempo nel quale gli spazi per far male di rimessa non sono mancati. Un paio di buonissimi interventi di Jaime e una netta imprecisione nell'ultimo passaggio hanno impedito di segnare il gol della sicurezza, tuttavia la prova dei Leoni è stata ampiamente sopra la sufficienza. In particolare, Muniain ha confermato di muoversi molto bene come trequartista centrale, un ruolo dove potrebbe trovare la consacrazione che finora gli sta sfuggendo; più nel vivo del gioco rispetto a quando gioca sulla fascia, sa lasciare il segno con le sue accelerazioni e ha una buona visione dei movimenti dei compagni, anche se deve sensibilmente migliorare nelle tempistiche di passaggio. Williams ha ribadito di possedere numeri da giocatore vero, mentre Guille (al rientro dopo due mesi di stop) si è mosso bene e ha sfiorato la rete in un paio di occasioni, per poi calare fisiologicamente nel secondo tempo. Uno sguardo anche ai giocatori dell'Eibar nel mirino bilbaino per la prossima stagione: Boveda, arrivo pressoché sicuro a parametro zero, è stato tra i migliori dei suoi e ha controllato bene Ibai, mentre Ander Capa in avanti non si è visto.<br />
Un applauso va tributato a capitan Gurpegi, match-winner col suo bel colpo di testa (molto bello lo schema utilizzato nell'occasione: angolo battuto con palla a terra per De Marcos, appostato poco distante dal vertice destro dell'area di rigore, cross immediato sul secondo palo e rete): non era facile riprendersi dopo il brutto errore di giovedì scorso, decisivo ai fini della sconfitta col Toro, ma il capitano ha dimostrato per l'ennesima volta di avere una forza mentale senza pari. Felicità anche per il traguardo raggiunto da Iraola: entrando ieri a 15' dalla fine, Andoni ha collezionato la sua 500a presenza ufficiale con la <i>zurigorri</i> e si è issato al quarto posto assoluto nella classifica dei fedelissimi dell'Athletic (e il terzo gradino, occupato da Etxeberria, dista solo 14 partite). Un traguardo straordinario per un giocatore fantastico, che ha sempre dato tutto per la maglia biancorossa ed è un esempio clamorosa di serietà e professionalità. Mai sopra le righe, ha sempre preferito far parlare il campo: e il campo ha parlato, eccome. Quando esordì con la nostra maglia, nessuno gli avrebbe pronosticato una carriera del genere. <i>Zorionak ta eskerrik asko</i>, Andoni!<br />
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<i>Mikel Rico subito dopo aver segnato l'1-2 (foto Athletic-club.eus).</i><br />
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<b>Athletic Club:</b> Iraizoz; De Marcos, Etxeita, Laporte, Balenziaga (51' Aurtenetxe); San José, Mikel Rico; Susaeta (68' Beñat), Unai López, Muniain (77' Gurpegi); Aduriz.<br />
<b>FC Barcelona:</b> Bravo; Dani Alves (68' Adriano), Piqué, Mathieu, Jordi Alba; Busquets, Xavi (73' Rafinha), Rakitić; Neymar, Suárez (79' Pedro), Messi.<br />
<b>Reti:</b> 15' Messi, 26' Suárez, 59' Mikel Rico, 62' De Marcos (ag), 64' Neymar, 66' Aduriz, 86' Pedro.<br />
<b>Arbitro:</b> Mateu Lahoz (Colegio Valenciano).<br />
<b>Note:</b> espulso al 74' Etxeita (A) per gioco violento.<br />
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Se nella tua squadra ci sono tre dei primi cinque attaccanti del mondo, e uno di questi tre è pure il miglior giocatore del pianeta, per vincere ti basta che almeno uno di loro sia in serata: il calcio, in fondo, è un gioco semplice. Ieri sera, per sfortuna dell'Athletic, Messi, Neymar e Suárez hanno sfoderato una prestazione impensabile per il 99% degli esseri umani che, per passione o per lavoro, passano 90 minuti ogni tanto dando pedate a un pallone. E il Barça, chiaramente, ha vinto. Sta tutta qua l'essenza della partita, anche se uno di quei siti che stanno rendendo irrespirabile la blogosfera calcistica potrebbe menarla per qualche pagina con l'analisi tattica di ogni movimento, diagonale, sovrapposizione, eccetera visti ieri al San Mamés.<br />
I Leoni hanno interpretato il match come meglio non avrebbero potuto fare, soprattutto in un primo tempo nel quale hanno cercato di rimanere corti e compatti e hanno pressato benissimo, confondendo le idee agli avversari e impedendo loro di palleggiare come al solito in uscita dalla difesa. Il gol fortunato di Messi (punizione, peraltro inesistente, deviata dalla barriera) ha chiaramente mandato all'aria i piani degli <i>zurigorri</i>, che però hanno mantenuto la calma e sono riusciti a rendersi pericolosi senza mostrare troppo il fianco ai catalani. Purtroppo il calcio vive anche di episodi: Bravo ha tirato fuori dal cilindro una risposta di puro istinto su una deviazione in spaccata di Aduriz, dopodiché Suárez è andato a bersaglio a coronamento di un contropiede da manuale della squadra di Luis Enrique (facilitato da uno dei pochi errori di posizionamento del blocco difensivo biancorosso). Il palo colpito dal solito Aduriz in chiusura ha certificato una volta di più come la serata non fosse delle più favorevoli ai bilbaini. Nella ripresa è successo di tutto, complice il calo fisiologico di un Athletic non più in grado di pressare e chiudere con la stessa efficacia dei primi 45'. Mikel Rico ha accorciato le distanze al 59' (da applausi il filtrante di Unai López), ma il Barça si è portato sul 4-1 con una sfortunata deviazione di De Marcos su tocco di Messi e con una splendida azione di rimessa (palla sanguinosa persa da Muniain) finalizzata da un Neymar in gran serata. Due minuti dopo la rete del brasiliano, Aduriz ha rimesso i suoi in partita con una conclusione secca che ha sorpreso Bravo sul suo palo, ma ogni tentativo di rimonta <i>zurigorri</i> è stato vanificato dall'espulsione (un po' esagerata) di Etxeita per una brutta entrata su Suárez. Il sipario è calato definitivamente con il quinto e ultimo gol culé firmato da Pedro, anche se nell'occasione il 90% del merito è stato di un Messi fantascientifico: vedere per credere il suo tener palla insistito, tra finte e dribbling nel cuore della difesa dell'Athletic, finalizzato solo ad aspettare l'inserimento di Busquets dalla seconda linea. Uno spettacolo, sottolineato nell'occasione dai meritatissimi applausi del San Mamés.<br />
Il punteggio è stato forse ingeneroso, anche se la vittoria del Barcelona è assolutamente meritata. I Leoni, in ogni caso, possono essere soddisfatti: se avessero sempre mostrato l'atteggiamento di ieri sera, di certo adesso la classifica sarebbe molto diversa. Non è troppo tardi, comunque, e gli uomini di Valverde devono cominciare a dimostrarlo già da mercoledì, quando scenderanno in campo contro l'Espanyol per l'andata della semifinale di Copa del Rey.<br />
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Promossi e bocciati: in generale tutta la squadra, tranne un paio di eccezioni, è stata sopra la sufficienza. Iraizoz forse è stato poco reattivo in occasione della punizione deviata dello 0-1, poi però ha pareggiato i conti con una parata clamorosa su colpo di testa di Suárez. Etxeita e Laporte hanno retto sostanzialmente bene, così come la diga San José-Mikel Rico davanti a loro (imprescindibile specie quando la squadra andava a pressare nella trequarti del Barça). Se Aduriz è stato commovente per impegno e abnegazione, Unai López ha avuto momenti di gran calcio: bravissimo nella gestione del possesso, ha perso pochi palloni e ha fornito un paio di assist sontuosi (da grandissimo giocatore il filtrante per Aritz da cui è nata la rete di Mikel Rico).<br />
Dietro la lavagna solo Balenziaga e Muniain. Il primo, sostituito al 51' da un buon Aurtenetxe causa infortunio (almeno sembra), è stato letteralmente fatto a fettine dalle folate offensive di Messi e co. Muniain continua a essere a metà del guado: spiace dirlo, ma non sta mantenendo le grandissime promesse dell'esordio. A quel tempo in pochi gli avrebbero preferito Griezmann, e invece il francese ora è un giocatore fatto, pur con notevoli margini di miglioramento, mentre Iker è rimasto al palo. A lui dimostrare che questo giudizio è sbagliato.<br />
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<img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjY5-p1O9MzJeK6scLWpBkbXPzicuPFZ7hMaN7Rj9ol1SnX5jGQd-YIa4DA6a-A-Vku-9ZysNdGkSeAn15MFQ6RB8dlm6ycrUe6InK0LNPA9OmzcBd4VJIKlgMmUGFbrkRjSjAQQNnpyaI/s1600/foto783.jpg" height="183" width="320" />Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/18109859996365850503noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-4533779175179611471.post-49396530615470356762015-02-06T16:26:00.001+01:002015-02-06T17:46:23.272+01:00L’Athletic e l’Italia: una storia europea.<img border="0" src="http://www.aupaathletic.com/fotos/galeria/foto3788.jpg" height="349" width="500" />
<br />
<i>Carlos García e Lacruz contro Del Piero, Athletic Club-Juventus 0-0 del 21 ottobre 1998 (foto aupaAthletic.com).</i><br />
<br />
<b><i>di Igor Igor Santos Salazar, Peña Leones Italianos</i></b><br />
<br />
La storia dell'Athletic è legata a doppio filo alla storia stessa del calcio europeo. Non solo perché la squadra di Bilbao vide la luce sotto l'influsso, persino nel nome della società, del calcio inglese (basti ricordare come la sua maglia prenda i colori del Southampton e come molti dei suoi primi giocatori e allenatori furono inglesi) o perché sono ormai due le finali europee giocate (e perse...), ma anche per la fama internazionale della sua utopistica filosofia, della sua "eresia", come l'ha recentemente definita Gianni Mura, uomo molto sensibile alle tradizioni e alle diverse culture del calcio.<br />
E in questo rapporto inesauribile dell'Athletic tra le proprie radici nella terra basca e la sua apertura all'Europa, l'Italia occupa un luogo più significativo di quel che si potrebbe pensare. Infatti, nonostante la prima sfida contro una squadra italiana risalga al novembre del 1976 (ben vent'anni dopo il debutto ufficiale dell’Athletic in competizioni continentale a Porto), da allora (si era nel terzo governo Andreotti) la fortuna dei sorteggi ha voluto che gli <i>zurigorri</i> incontrassero altre sette volte squadre italiane. Quasi quarant'anni di sfide che hanno portato l'Athletic in giro per lo stivale da Torino a Napoli e da Genova a Milano e Parma, per un totale di 15 partite (8 a Bilbao e 7 in Italia) tra Coppa Uefa, Champions ed Europa League. Soltanto le sfide contro squadre inglesi (non poteva essere diversamente) superano quella statistica (18 partite).<br />
Quasi quarant'anni, dunque, separano il gol di Capello a San Mamés (effimero vantaggio rossonero) da quello di Ibai al Napoli nel "nuovo" San Mamés. Un periodo lungo abbastanza per offrire alcune tra le più ricordate (e rimpiante) storie dell'Athletic, prima tra tutte il gol di Bettega nella finale di ritorno della Coppa Uefa del 1977.<br />
Gli episodi sono tanti. I giocatori protagonisti sono nomi indimenticabili della storia dell'Atheltic e del calcio europeo: Capello e Rivera eliminati all’88’ da un rigore segnato a <a href="https://www.youtube.com/watch?v=zl8cH2WmBdA" target="_blank">San Siro</a>; la doppietta di Andrinua contro la Vecchia Signora (Bilbao, <a href="https://www.youtube.com/watch?v=RbwjEP4D-18" target="_blank">ottobre 1988</a>), resa inutile dal 5 a 1 dell'andata (la doppietta, là, fu merito di Laudrup). La vittoria a Marassi contro la Sampdoria di Klinsmann, Montella, Verón e Mihajlovic, l'unica, sino a oggi, in terra italiana (<a href="https://www.youtube.com/watch?v=yQKERtCsVjA" target="_blank">1 a 2</a>). E ancora i pareggi contro la Juve di Zidane e Del Piero in Champions (gol di <a href="https://www.youtube.com/watch?v=65toyu-FRaI" target="_blank">Guerrero</a> al Delle Alpi), le sfide contro il Parma, sempre sconfitto a Bilbao, prima da Ziganda, dieci anni più tardi, con Valverde in panchina, grazie ai gol di Gurpegi e Del Horno.<br />
In tutte queste storie, è Torino la città più volte visitata dal club e dai suoi tifosi (1977, 1988 e 1998). E la capitale sabauda ci attende ancora, diciassette anni più tardi, per rendere visita per la prima volta alla sponda <span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;">granata</span> della pedata cittadina. Un altro classico del calcio europeo. Un'altra partita dell'Athletic in Europa. Un'altra sfida nell’Italia. Un altro tassello della nostra centenaria storia. Eup!<br />
<br />
<b>Tabella 1. Cronistoria</b><br />
<table border="1">
<tbody>
<tr>
<th width="100"><div style="text-align: left;">
Data</div>
</th>
<th width="100"><div style="text-align: left;">
Competizione</div>
</th>
<th width="100"><div style="text-align: left;">
Turno</div>
</th>
<th width="200"><div style="text-align: left;">
Partita</div>
</th>
<th><div style="text-align: left;">
Risultato</div>
</th>
</tr>
<tr><td>24/11/1976</td>
<td>Uefa 76/77</td>
<td>1/8</td>
<td>Athletic-Milan</td>
<td>4:1</td></tr>
<tr><td>08/12/1976</td>
<td>Uefa 76/77</td>
<td>1/8</td>
<td>Milan-Athletic</td>
<td>3:1</td></tr>
<tr><td>04/05/1977</td>
<td>Uefa 76/77</td>
<td>Finale</td>
<td>Juventus-Athletic</td>
<td>1:0</td></tr>
<tr><td>18/05/1977</td>
<td>Uefa 76/77</td>
<td>Finale</td>
<td>Athletic-Juventus</td>
<td>2:1</td></tr>
<tr><td>26/10/1988</td>
<td>Uefa 88/89</td>
<td>1/16</td>
<td>Juventus-Athletic</td>
<td>5:1</td></tr>
<tr><td>09/11/1988</td>
<td>Uefa 88/89</td>
<td>1/16</td>
<td>Athletic-Juventus</td>
<td>3:2</td></tr>
<tr><td>22/11/1994</td>
<td>Uefa 94/95</td>
<td>1/8</td>
<td>Athletic-Parma</td>
<td>1:0</td></tr>
<tr><td>06/12/1994</td>
<td>Uefa 94/95</td>
<td>1/8</td>
<td>Parma-Athletic</td>
<td>4:2</td></tr>
<tr><td>16/09/1997</td>
<td>Uefa 97/98</td>
<td>1/32</td>
<td>Sampdoria-Athletic</td>
<td>1:2</td></tr>
<tr><td>30/09/1997</td>
<td>Uefa 97/98</td>
<td>1/32</td>
<td>Athletic-Sampdoria</td>
<td>2:0</td></tr>
<tr><td>21/10/1998</td>
<td>Ch. L. 98/99</td>
<td>Gruppi</td>
<td>Athletic-Juventus</td>
<td>0:0</td></tr>
<tr><td>04/11/1998</td>
<td>Ch. L. 98/99</td>
<td>Gruppi</td>
<td>Juventus-Athletic</td>
<td>1:1</td></tr>
<tr><td>21/10/2004</td>
<td>Uefa 04/05</td>
<td>Gruppi</td>
<td>Athletic-Parma</td>
<td>2:0</td></tr>
<tr><td>19/08/2014</td>
<td>Ch. L. 14/15</td>
<td>Preliminare</td>
<td>Napoli-Athletic</td>
<td>1:1</td></tr>
<tr><td>27/08/2014</td>
<td>Ch. L. 14/15</td>
<td>Preliminare</td>
<td>Athletic-Napoli</td>
<td>3:1</td></tr>
</tbody>
</table>
<br />
<b>Tabella 2. Riassunto</b><br />
<table border="1">
<tbody>
<tr>
<th width="100"><div style="text-align: left;">
</div>
</th>
<th width="100"><div style="text-align: left;">
Gare</div>
</th>
<th width="100"><div style="text-align: left;">
Vinte</div>
</th>
<th width="100"><div style="text-align: left;">
Pareggiate</div>
</th>
<th width="100"><div style="text-align: left;">
Perse</div>
</th>
<th width="100"><div style="text-align: left;">
GF</div>
</th>
<th width="100"><div style="text-align: left;">
GS</div>
</th>
</tr>
<tr><td>Casa</td>
<td>8</td>
<td>7</td>
<td>1</td>
<td>0</td>
<td>17</td>
<td>5</td></tr>
<tr><td>Trasferta</td>
<td>7</td>
<td>1</td>
<td>2</td>
<td>4</td>
<td>8</td>
<td>16</td></tr>
<tr><td>Totale</td>
<td>15</td>
<td>8</td>
<td>3</td>
<td>4</td>
<td>25</td>
<td>21</td></tr>
</tbody></table>
<br />
<img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjY5-p1O9MzJeK6scLWpBkbXPzicuPFZ7hMaN7Rj9ol1SnX5jGQd-YIa4DA6a-A-Vku-9ZysNdGkSeAn15MFQ6RB8dlm6ycrUe6InK0LNPA9OmzcBd4VJIKlgMmUGFbrkRjSjAQQNnpyaI/s1600/foto783.jpg" height="183" width="320" />Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/18109859996365850503noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4533779175179611471.post-50788028239416597942015-02-02T12:52:00.000+01:002015-02-02T12:52:14.353+01:0021a giornata: Levante 0-2 Athletic.<img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjk3xqh0C0BrMP-GiUMXuFe7RnEQb40SEhUXc7xYmg9qztqamPXilKI2RlBOZd5Hl9QWnt66Sa2uvfe_3Po-_0UOUjq5ght22FAUUsWmvSveAIggTv9eOihuw9UnJxuApAP2GzJ7qgwfbo/s1600/ath.jpg" />
<br />
<i>Aduriz dopo il primo gol: il numero 20 è stato ancora decisivo (foto Athletic-club.eus).</i><br />
<br />
<b>Levante UD:</b> Mariño; Morales, Vyntra, El Adoua, Juanfran; Camarasa, Simão Mate (46' Diop); Xumetra, Víctor Casadesús, Ivanschitz (56' Uche); David Barral (70' Rubén García).<br />
<b>Athletic Club:</b> Iraizoz; Iraola (90' Etxeita), Gurpegi, Laporte, Balenziaga; Iturraspe, Mikel Rico, De Marcos; Unai López (46' Susaeta), De Marcos, Muniain (78' San José); Aduriz.<br />
<b>Reti:</b> 49' e 90' Aduriz.<br />
<b>Arbitro:</b> Hernández Hernández (Colegio Canario).<br />
<br />
Per una squadra abbacchiata e con evidenti problemi di fiducia, l'unica cura possibile è ritrovare la vittoria: un vecchio adagio la cui validità è stata ridimostrata negli ultimi quattro giorni dall'Athletic. Ai Leoni, che non ottenevano un successo in campionato da novembre, passare il turno in Coppa giovedì scorso è indubbiamente servito per acquisire un minimo di convinzione in più rispetto alle ultime, miserrime esibizione nella Liga, e tanto è bastato per ottenere una vittoria al Ciutat de Valencia che vale tanto oro quanto pesa.<br />
Intendiamoci, il paziente è lungi dalla completa guarigione: nel primo tempo gli <i>zurigorri</i>, dopo un inizio promettente (e una traversa clamorosa colpita da Muniain), si sono progressivamente spenti, vittime delle proprie paure prima ancora che delle offensive del Levante. Volenterosi ma con ben poca qualità media, gli uomini di Alcaraz sono comunque riusciti a creare almeno un paio di buone occasioni da rete, tutto ciò mentre i biancorossi non riuscivano a servire un solo pallone decente a uno dei migliori centravanti del campionato. Valverde, a dirla tutta, ci ha messo del suo con la formazione iniziale: se il cambio Gurpegi-Etxeita era motivato (Xabi, diventato padre sabato, non aveva riposato molto), sinceramente non si capisce perché insistere con Unai López a destra, dov'è fuori dal gioco e non riesce a incidere, o per quale motivo non riproporre il positivo Beñat visto contro il Málaga. Per fortuna Txingurri, da tecnico intelligente qual è, ha rimediato all'intervallo, inserendo Susaeta per il giocane <i>cachorro</i>; è bastata questa semplice mossa per dare una scossa a tutta la squadra, scossa che peraltro ha avuto effetti immediati sulla partita. Prima lo stesso Susaeta è andato a pochi centimetri dal gol, con Mariño a fermare sulla linea il pallone calciato da Markel, quindi Aduriz ha firmato il vantaggio bilbaino con un'azione da mostrare a tutti i giovani con velleità da centravanti: perno sul difensore, controllo spalle alla porta di destro e girata vincente di sinistro. Una rete da applausi, che ha mostrato ancora una volta come l'Athletic dipenda in maniera viscerale dal suo numero 20. Trovato il vantaggio, i Leoni hanno giocato con più tranquillità e hanno sfiorato il raddoppio con Muniain, che si è divorato un gol fatto con un colpo di testa sciagurato. Non chiudere il match è stato senza dubbio l'aspetto più negativo del secondo tempo, in quanto il Levante nel finale è cresciuto ed è andato vicino al pareggio; per fortuna Iraizoz, in grande spolvero, ha salvato due volte in rapidissima successione su Xumetra e Rubén García. La seconda rete biancorossa è arrivata proprio al 90' col solito Aduriz, premiato stavolta da un filtrante di lusso di un ottimo Susaeta, ed è servita per evitare il prevedibile arrembaggio finale dei padroni di casa.<br />
A Bilbao si torna a respirare, dunque. Adesso è necessario dare continuità alle prestazioni e ai risultati, perché la zona "calda" della classifica è ancora pericolosamente vicina. La prossima partita col Barça sarà proibitiva, ma provarci è d'obbligo.<br />
<br />
<img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjY5-p1O9MzJeK6scLWpBkbXPzicuPFZ7hMaN7Rj9ol1SnX5jGQd-YIa4DA6a-A-Vku-9ZysNdGkSeAn15MFQ6RB8dlm6ycrUe6InK0LNPA9OmzcBd4VJIKlgMmUGFbrkRjSjAQQNnpyaI/s1600/foto783.jpg" height="183" width="320" />Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/18109859996365850503noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4533779175179611471.post-34247031737564584942015-01-30T16:37:00.002+01:002015-01-30T16:37:33.111+01:00Ritorno dei quarti di finale di Copa del Rey: Athletic 1-0 Málaga.<img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhT0lcHRIPfDquL6OUd_Wsze2j597jkS9wgTPvGLAZVHnJXDywMkGX_50QnM0cEIKRg0nAeIxErWvMvFHviDqUKOb8zfu05MIsLQ2GkO_jBKZJIaf-fbPcMKc7jD7swA65g63sgBOcBUdo/s1600/ath.jpg" />
<br />
<i>Finalmente a Bilbao si torna a festeggiare... (foto Athletic-club.eus).</i><br />
<br />
<b>Athletic Club:</b> Iago Herrerín; Iraola, Etxeita, Laporte, Balenziaga; Beñat (85' Iturraspe), San José, De Marcos (71' Rico); Susaeta, Aduriz, Muniain (91' Ibai)<br />
<b>Málaga CF:</b> Ochoa; Rosales, Angeleri, Weligton, Antunes; Horta (65' Castillejo), Camacho, Recio (77' Duda), Juanmi (64' Samuel); Amrabat, Javi Guerra.<br />
<b>Reti:</b> 48' Aduriz.<br />
<b>Arbitro:</b> Velasco Carballo (Madrid).<br />
<br />
Nella sera più importante, finalmente, la resurrezione. Quella di ieri è stata una grande prova, e l'aspetto più positivo è che i giocatori sono riusciti a offrirla proprio al momento giusto. Corti, cattivi, decisi: i Leoni si sono guadagnati meritatamente la semifinale di Copa del Rey, la numero 45 della loro storia. Ora c'è solo l'Espanyol a separarli dalla 36esima finale, traguardo importantissimo anche nell'ottica di una qualificazione europea ormai quasi impossibile da raggiungere attraverso la Liga.<br />
Valverde ha dimostrato di essere ancora lucido e ha proposto una formazione convincente: fuori Iturraspe, dentro Beñat nel suo vero ruolo, quello di regista arretrato, con un mediano puramente difensivo come San José a fargli da scudiero. Mikel Rico è stato sacrificato (può comunque giocare più avanzato, dove ieri c'era De Marcos), ma la mossa è servita a dimostrare come l'ex Betis sia in grado di esprimersi ai livelli che gli competono quando viene messo in condizione di farlo. La giocata del gol, non a caso, è nata da un contropiede condotto in modo magistrale dal numero 7, rapido nell'avanzata e in grado di regalare un passaggio a Susaeta perfetto per precisione e tempistica. Buonissime anche le prestazioni di Muniain e Susaeta, da me segnalati tra i peggiori della stagione nello scorso post, e grande la sicurezza data da Iago alla difesa. È da queste indicazioni che si devono gettare le basi per risalire in campionato, dove la situazione inizia a farsi delicata; serve una striscia di risultati utili per allontanarsi dalle secche della bassa classifica e occorre iniziare subito a far punti, partendo dalla cruciale partita di domenica prossima con il Levante.<br />
L'atteggiamento è stato l'altro aspetto positivo della serata oltre al risultato: da tempo non si vedeva una squadra così attenta, concentrata e convinta dei propri mezzi. Il fatto di non aver subito gol non potrà che dare un'ulteriore spinta al morale degli <i>zurigorri</i>, che ieri sono tornati ad essere pure fortunati; il Málaga, infatti, un gol lo aveva pure segnato, ma l'arbitro ha deciso di annullarlo per un fuorigioco che in realtà non era di Javi Guerra, l'autore della rete, ma di Juanmi. Giocata dubbia che ha premiato l'Athletic, un ulteriore segno dell'inversione di tendenza rispetto al recente passato. Ai biancorossi non mancano i giocatori di spessore, questo è chiaro. Serve solo un'iniezione di fiducia, proprio quella che potrebbe avere rappresentato la vittoria di ieri.<br />
<br />
<img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjY5-p1O9MzJeK6scLWpBkbXPzicuPFZ7hMaN7Rj9ol1SnX5jGQd-YIa4DA6a-A-Vku-9ZysNdGkSeAn15MFQ6RB8dlm6ycrUe6InK0LNPA9OmzcBd4VJIKlgMmUGFbrkRjSjAQQNnpyaI/s1600/foto783.jpg" height="183" width="320" />Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/18109859996365850503noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4533779175179611471.post-57448225273789725512015-01-28T12:09:00.002+01:002015-01-28T12:09:10.568+01:00A metà del guado.<img border="0" src="http://www1.pictures.zimbio.com/gi/Ander+Iturraspe+SSC+Napoli+v+Athletic+Club+o-OK5fdbAEZl.jpg" />
<br />
<i>Ander Iturraspe: passo indietro notevole per lui quest'anno (foto Zimbio.com).</i><br />
<br />
Archiviato il girone di andata della Liga 2014/2015 dopo la partita con il Villarreal (sconfitta per 2-0, la decima della stagione in campionato), la domanda è una sola: è la fine di un periodo orribile o l'inizio di qualcosa di peggiore? La domanda, con il terzultimo posto che dista solo 4 punti dopo il pareggio di domenica col Malaga, non è banale. La storia del calcio è piena di buone squadre che, rimaste impantanate nei bassifondi della classifica senza un vero motivo, non sono più riuscite ad uscirne: giornata dopo giornata i margini di recupero si assottigliano, ma la consapevolezza di essere più forti (in teoria) dei diretti concorrenti non fa scattare in tempo l'allarme rosso. E il destino è la retrocessione.<br />
Purtroppo, e lo dico toccando ferro, sto riscontrando un atteggiamento simile anche a Bilbao. La squadra non vince in campionato dal 29 novembre, il gioco latita, i protagonisti della splendida cavalcata dell'anno scorso sono <i>desaparecidos</i>, eppure in pochi si stanno preoccupando di quello che potrebbe essere il finale più amaro di sempre nella storia dell'Athletic. Le squadre dietro i Leoni sono ancora molte e il tempo per tirarsi fuori dalle secche non manca, tuttavia l'inerzia con cui l'ambiente sta attendendo un deciso cambio di passo inizia ad essere inquietante.<br />
E dire che il peggio sembrava passato, come scrivevo con poca lungimiranza un paio di mesi fa. Le quattro vittorie in cinque partite tra ottobre e novembre avevano rimesso in carreggiata la squadra, ma sono bastati alcuni risultati negativi (e pure sfortunati, su tutti la sconfitta casalinga contro l'Atlético Madrid) per toglierle tutte le certezze faticosamente messe insieme dopo la partenza a rilento e l'eliminazione dalla Champion's League. Il bilancio di questa prima parte della stagione, dunque, è ampiamente negativo.<br />
<br />
<b>Da salvare:</b> poco, pochissimo. Il terzo posto nel girone di Champion's è servito quantomeno per approdare in Europa League, ma alla luce delle enormi difficoltà della squadra l'impegno continentale potrebbe anche rivelarsi controproducente. Il cammino in Copa del Rey fin qui è stato positivo a livello di risultati, anche se le prestazioni della squadra sono state tra lo sciatto e il deprimente, con l'eccezione della vittoria per 4-2 a Vigo che spicca sulla mediocrità generale (scarsissimo il doppio confronto con l'Alcoyano, da dimenticare il ritorno con il Celta); la partita di giovedì con il Malaga, decisiva per il passaggio in semifinale, sarà il primo degli snodi cruciali della seconda parte della stagione. A livello di singoli, Etxeita è stato probabilmente l'unica nota davvero lieta, anche se un infortunio lo ha fermato nel momento migliore. Alcuni buoni sprazzi dei giovani (Unai López, Guillermo, Aketxe, Williams) non possono essere sufficienti per salvare la baracca. Dei "vecchi", gli unici a confermarsi sui livelli della scorsa <i>temporada</i> sono stati Mikel Rico, che però predica nel deserto, De Marcos, sempre a disposizione e utilissimo grazie alla sua duttilità, e l'unico centravanti in rosa degno di questo nome, Aritz Aduriz.<br />
<br />
<b>Da buttare:</b> tutto o quasi. In primis, il gioco, involutosi in maniera incredibile nell'arco di pochi mesi. L'Athletic, che l'anno scorso faceva del ritmo inferocito, del pressing ossessivo e della velocità delle combinazioni a terra i suoi punti di forza, si è trasformato in una squadra lenta, prevedibile e con pochissima <i>garra</i>. Inoltre gli avversari conoscono a memoria la disposizione tattica dei giocatori e il modo in cui interpretano le partite, e la mancanza del famigerato <i>plan B</i> (un problema che risale alla prima stagione di Bielsa) è un ritornello che sa tanto di coazione a ripetere. I migliori elementi biancorossi, dal canto loro, hanno fatto ben poco per invertire la tendenza al ribasso. Iturraspe è sembrato il cugino scarso dell'uomo che fu la chiave di volta per il raggiungimento del quarto posto: lento e confuso, con le sue dolorosissime perdite di palla in transizione offensiva ha causato alcune delle sconfitte più pesanti del girone di andata. Se il numero 8 è stato il simbolo dello smarrimento <i>zurigorri</i>, i suoi compagni non sono stati certo migliori di lui. Svagato e poco pugnace Laporte, in perenne difficoltà il pur volenteroso Balenziaga, in fisiologico declino Gurpegi e Iraola, troppo altalenante Iraizoz... La palma di peggiori va però a Muniain e Susaeta, due autentici ectoplasmi per i quali andrebbe allertata Federica Sciarelli. Trascurabile pure l'impatto del nuovo acquisto Borja Viguera, a un primo giudizio ancora inadatto alla Primera, mentre continua il personale calvario bilbaino di Beñat, irriconoscibile rispetto ai tempi del Betis e per il quale si profila un addio come soluzione agli enormi problemi di adattamento. Il fallimento del numero 7 nel ruolo di Ander Herrera rappresenta una spiegazione alle difficoltà di sviluppo del gioco della squadra, anche se sarebbe ingeneroso dare a lui tutta la colpa. E qui entra in ballo Valverde, che è stato a dir poco insufficiente nella gestione della rosa e nella ricerca di un'alternativa al solito 4-3-3/4-2-3-1. Uscito di scena Herrera, Txingurri ha continuato imperterrito a riproporre il suo schema di fiducia senza cercare nuove vie: una strategia rischiosa e avara di risultati, peraltro difficile da correggere in corsa (inserire ora un nuovo modulo sarebbe complicato). Lungi da me invocare un esonero, ma l'assenza di una reazione della guida tecnica di fronte ai continui rovesci dell'Athletic è preoccupante. Sembra quasi che Valverde sappia già che non continuerà il suo percorso sulla panchina biancorossa... cosa che, comunque, non giustificherebbe una sua eventuale perdita di interesse. Mi rifiuto di credere che a Ernesto non importi del club della sua vita, dunque spero che sia lui a svegliarsi per primo dal torpore diffuso che aleggia dalle parti del Botxo.<br />
<br />
<b>Prospettive a breve termine:</b> aldilà delle voci di mercato su Monreal (un classico) e Illarramendi (il giocatore sembra poco convinto), serve indubbiamente un cambio di mentalità. Una vittoria potrebbe sbloccare la squadra com'era già successo nel girone di andata, dopo però servono continuità e consapevolezza (dei propri mezzi, certo, ma anche della vicinanza alla zona pericolosa) per tirarsi al più presto fuori da guai. Da parte mia, ho abbandonato il "nuovo" layout per tornare alla vecchia grafica del blog: un po' perché non ero convinto, un po' per pura scaramanzia. Serve anche questa in momenti del genere!<br />
<br />
<img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjY5-p1O9MzJeK6scLWpBkbXPzicuPFZ7hMaN7Rj9ol1SnX5jGQd-YIa4DA6a-A-Vku-9ZysNdGkSeAn15MFQ6RB8dlm6ycrUe6InK0LNPA9OmzcBd4VJIKlgMmUGFbrkRjSjAQQNnpyaI/s1600/foto783.jpg" height="183" width="320" />Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/18109859996365850503noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-4533779175179611471.post-4276175992575250352014-12-01T15:18:00.001+01:002014-12-01T15:23:56.147+01:00DEP Jimmy.<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj37lBnoKjrZgkqLPkSFrKPdZpZGDtAMK_U8F3oFIKfNlBOfae3y60F52CVUlFILqCBzt9_eiyljBwjMcPki7uhP20W1pTJ_oIKKihQEbAg2dXOo3SxJYqGzdUIqPbQ8C58CIAQhi3NDlA/s1600/lutto_def.png" /></div>
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Oggi niente cronaca. Dopo quanto successo ieri a Madrid, parlare di calcio (nonostante la vittoria a Getafe) non ha senso, almeno per me.<br />
16 anni dopo il brutale assassinio di Aitor Zabaleta, un pacifico tifoso della Real Sociedad pugnalato al cuore nei pressi del Vicente Calderón nel 1998, il Frente Atlético ieri è tornato ad uccidere. La vittima è Francisco José Romero Taboada "Jimmy", <i>gallego</i> e membro dei Los Suaves, frangia dei Riazor Blues del Deportivo la Coruña. Un membro di un altro dei popoli odiati dai neofranchisti e un esponente di un gruppo di sinistra: il nemico perfetto. Dopo essere stato colpito alla testa, è stato gettato nel Manzanarre gelato ed è morto per un arresto cardiorespiratorio. Aveva due figli, uno dei quali di 4 anni.<br />
Lascio ai giornalai e ai vari pennivendoli le cronache degli scontri (concordati via Whatsapp, a quanto si dice), le speculazioni sui partecipanti (i Bukaneros del Rayo hanno negato ogni coinvolgimento, ad esempio) e le dotte riflessioni su un fatto del tutto evidente, ovvero che il calcio funziona da valvola di sfogo per tensioni sociali ormai oltre il livello di guardia. Nonostante la morte di Jimmy, nessun editorialista si sentirà di fare un passo indietro. Lo faremo noi tifosi decerebrati anche per loro. Di seguito, il comunicato della Peña Leones Italianos. Non ho altro da aggiungere.<br />
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La Peña Leones Italianos condanna la vile esecuzione, perché di questo si tratta, di stampo fascista perpetrata dal Frente Atlético, un gruppo che tuttora imperversa nel calcio spagnolo nonostante la chiara ideologia neonazista e gli atti gravissimi di cui si è reso responsabile nel tempo. Desideriamo inoltre porgere le nostre più sincere condoglianze alla famiglia e agli amici di Jimmy e a tutta la tifoseria del Depor in questi giorni di lutto. Il nostro profondo disprezzo va invece alla LFP e alla RFEF, che hanno lasciato tranquillamente proseguire lo spettacolo mentre una persona moriva. Il calcio moderno vorrebbe che ci trasformassimo tutti in automi, seduti in poltrona e pronti ad applaudire a comando: noi non siamo e non saremo mai così. Il vostro calcio-business non ci avrà mai complici. DEP Jimmy.Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/18109859996365850503noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4533779175179611471.post-64170824709821044122014-11-25T10:34:00.003+01:002014-11-25T10:36:02.446+01:0012a giornata: Athletic 3-1 Espanyol.<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi1-0-H73ptr6BnPSdR8oGvl8XJWEE1pW3JvVBATsLcMc3gmXQ_SNXydUbKzsjzhu2ku52wfSv9NBBJyXsNuOt1VTv5gDtzEVKsUyVyUvppCN5IQ71yq2iDxjUs4fg2TSutfVinlCAErWM/s1600/adu.png" /></div>
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Il calcio, si sa, non è una formula esatta, ma alla luce degli ultimi risultati dell'Athletic non posso non usare un'espressione tipica dei teoremi matematici: c.v.d., come volevasi dimostrare. Una volta smaltite le fatiche del preliminare, intese come carichi di lavoro specifici totalmente diversi rispetto al recente passato, i giocatori di Valverde hanno infatti ripreso a correre e a vincere, tirandosi fuori dalle zone più pericolose della classifica nel giro di un mese. Sarebbe facile, adesso, mettere alla berlina chi invocava l'esonero di Txingurri o proponeva roghi di piazza per alcuni singoli (un esempio su tutti quello di Etxeita, crocifisso dopo un errore col Porto e ora tra i più in forma), ma l'importante è solo e soltanto che i Leoni si siano ripresi; i tifosi da tastiera, quelli che a chiacchiere vincerebbero Liga e Champion's ogni anno, sinceramente lasciano il tempo che trovano.<br />
Contro l'Espanyol, che si presentava al San Mamés forte di una striscia di 7 partite senza sconfitte contro l'Athletic (i <i>pericos</i> sono stati i primi a violare il nuovo stadio in campionato, lo scorso 16 febbraio), gli <i>zurigorri</i> hanno disputato una partita quasi perfetta. Dopo una prima mezz'ora di studio, con una buona occasione per l'Espanyol in contropiede e poco altro, il gol di un Aduriz sempre più imprescindibile ha indirizzato la partita sui binari dei padroni di casa, splendidi nel gestire al meglio la restante ora di gioco come raramente avevano fatto negli incontri precedenti. Buona circolazione di palla (Iturraspe finalmente è stato all'altezza), pressing a folate ma intelligente, freddezza e lucidità nella trequarti avversaria: questi gli elementi di una vittoria meritata e mai in discussione, specie dopo il bellissimo 2-0 di Viguera. Finalmente Borja ha mostrato sprazzi convincenti di quel talento che gli ha permesso di diventare, la scorsa stagione, capocannoniere e miglior giocatore della Segunda Division; la sua rete, un intelligente tocco d'esterno ad anticipare il portiere, è stata un capolavoro di rapacità e senso del gol, un segnale incoraggiante per il prosieguo della <i>temporada</i> (anche perché Aduriz fin qui è stato commovente, ma non possiamo chiedergli di tirare la carretta da solo fino a giugno). Nella ripresa il copione non è cambiato, anche se l'Espanyol ha fatto qualcosina in più nella seconda parte della frazione, con un tiro fuori di pochissimo di Stuani e un palo colpito da Salva Sevilla. L'Athletic, tuttavia, non è mai andato veramente in sofferenza, anche grazie alla prestazione di alto livello della coppia centrale Laporte-Etxeita, sempre più affiatata e precisa negli interventi. L'eurogol di Iturraspe, un destro da 25 metri di rara precisione, ha dato il via in anticipo ai titoli di coda, peraltro non interrotti dal 3-1 buono solo per l'onore (e per interrompere l'imbattibilità di Iraizoz, che durava da 372 minuti) di Victor Sanchez.<br />
La marcia di avvicinamento ai livelli di gioco di qualche mese fa procede a buon ritmo. Muniain, Iturraspe, Mikel Rico e Laporte stanno iniziando a carburare, peccato solo che la qualificazione in Champion's sia compromessa. C'è però da ottenere la prima vittoria nel girone e da guadagnarsi il passaggio in Europa League: prossima fermata L'viv, avversario lo Shakhtar.<br />
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I più e i meno: merita un'ovazione Aritz Aduriz, senza il quale l'Athletic sarebbe perduto. Anche venerdì sera ha influito come nessun altro sul risultato, segnando un gol e inventando dal nulla l'azione (coronata da un assist sontuoso) che ha portato al raddoppio. E poi le palle difese, le sponde di testa, i corpo a corpo coi difensori avversari... andrebbe clonato, altroché. Bravo anche Borja Viguera, che ha realizzato il primo gol ufficiale in biancorosso e da lì in avanti è andato in crescendo, mostrando qualità non banali. Merita la continuità di cui ha bisogno. Muniain finalmente è stato incisivo, Mikel Rico sta salendo di livello e Iturraspe (gran gol a parte) è sulla via del pieno recupero. La coppia centrale Etxeita-Laporte ha confermato di essere in grandissimo spolvero.<br />
Nessuna insufficienza piena, anche se Susaeta pure con l'Espanyol non ha brillato particolarmente. Un po' sottotono, Markel, in linea con una prima parte di stagione non all'altezza dei suoi mezzi. E se altri giocatori venerdì hanno dato segni di ripresa, l'ala di Eibar (corner-assist per Aduriz a parte) non ha battuto colpi particolari. Sarà per la prossima...<br />
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<b>Athletic Club:</b> Iraizoz; De Marcos, Etxeita, Laporte, Balenziaga; Iturraspe, Mikel Rico; Susaeta (68' Beñat), Viguera, Muniain (88' Unai López); Aduriz (81' San José).<br />
<b>RCD Espanyol:</b> Casilla; Javi López (68' Arbilla), Colotto, Álvaro, Fuentes; Cañas, Víctor Sánchez; Lucas (55' Caicedo), Abraham (55' Salva Sevilla), Stuani; Sergio García.<br />
<b>Arbitro:</b> Melero López (Andalucía).<br />
<b>Reti:</b> 29' Aduriz, 43' Viguera, 77' Iturraspe, 84' Víctor Sánchez.<br />
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<i>Foto: Athletic-club.net.</i><br />
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<img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjcd4UuFeTFNJvKynKMGodkdjoVq4vb-IX-jCYwTWnSXK0u5FH-xGEj7wqEVRpgLn826_Z5_SZCe8gX18YeRJ3578SUt_xvGDV3IDoHp3bfPT1lmFKGgPYKM694CXhnibep6C6-qUpVCFI/s1600/ath.jpg" /></div>
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Buon pareggio dell'Athletic in uno degli stadi più "stregati" della Liga, quel Mestalla dove i Leoni hanno vinto solo una volta negli ultimi 27 anni. Ed è un pareggio che vale più del semplice punto ottenuto: gli uomini di Nuno Espirito Santo avevano infatti sempre vinto in casa, mentre il rendimento di quelli di Valverde in trasferta è stato finora piuttosto deficitario (1 vittoria, 4 sconfitte e il pareggio di ieri). Txingurri si è presentato inoltre con molte assenze e una formazione inedita (e con due giovanissimi) nelle posizioni offensive, con Guillermo a sinistra, Unai Lopez al centro e De Marcos a destra dietro a Borja Viguera.<br />
Date le premesse chiunque avrebbe firmato per il punto, ma ancor più importante è, a parer mio, la ritrovata solidità difensiva. Nelle ultime tre partite di campionato, l'Athletic non ha incassato reti nonostante abbia giocato contro il terzo (Valencia) e il quinto (Sevilla) miglior attacco; dato importantissimo vista la difficoltà dei biancorossi nell'andare a rete, specie quando Aduriz non è in campo. Anche ieri la coppia formata da Laporte ed Etxeita è stata quasi perfetta, tolto un errore di Xabi su Piatti al quale ha rimediato un Iraizoz molto attento; a sinistra Balenziaga cresce, e se Iraola a destra è in buone condizioni continua ad essere un cliente difficile per tutti sulla sua fascia di competenza. Intendiamoci, l'Athletic attuale non è neppure cugino di secondo grado di quello dello scorso anno, ma è giusto che non lo sia: la squadra aveva bisogno di ritrovare fiducia e l'unico modo per farlo, come dichiarato più volte da Valverde, era smettere di subire gol con la facilità dei primi tre mesi della <i>temporada</i>. L'operazione sta riuscendo: gli <i>zurigorri</i> si sono compattati, hanno smesso di regalare palloni agli avversari e hanno ricominciato a giocare con grinta e a pressare gli avversari con buona continuità. Le trame della scorsa stagione per il momento non si vedono, però il gioco semplice e lineare proposto ora da Iturraspe e soci sta portando quei risultati che finora non erano arrivati. Chiaramente la fase offensiva ne risente (non è certo colpa di Viguera se davanti arrivano palloni col contagocce...), tuttavia tenere in equilibrio il match è importante perché permette di poter sfruttare anche la minima occasione: ieri tale occasione è capitata a 10' dalla fine ad Etxeita in mischia, e se Diego Alves non avesse parato di faccia (!) ora staremmo commentando una vittoria clamorosa al Mestalla.<br />
La nuova sosta per le nazionali arriva al momento giusto: i ragazzi potranno ricaricare ulteriormente le pile per dare l'assalto all'Europa League e portarsi nelle zone più nobili della classifica, sfruttando un calendario <i>liguero</i> che adesso si farà più semplice (Real Madrid, Barça, Valencia, Sevilla, Malaga e Celta, ovvero sei delle prime sette, sono già state affrontate). Sull'avventura in Champion's, che per motivi di tempo non ho potuto seguire al meglio, scriverò un post riassuntivo durante la pausa.<br />
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<b>Valencia CF:</b> Diego Alves; Barragán, Mustafi, Otamendi, Gayá; Javi Fuego, Tavares; Feghouli (80' Carles Gil), Rodrigo, Piatti (68' Negredo); Alcácer.<br />
<b>Athletic Club:</b> Iraizoz; Iraola, Etxeita, Laporte, Balenziaga; Iturraspe, Mikel Rico; De Marcos, Unai López (51' Ibai), Guillermo (39' Beñat); Viguera (77' Kike Sola).<br />
<b>Arbitro:</b> Del Cerro Grande (Madrid).<br />
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<i>Foto: Athletic-club.net.</i><br />
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L'Athletic che risorge dopo un periodo estremamente buio, capace di ricordare a molti le sofferenze del "biennio nero" 2005/2007, ha la faccia pulita e piena di gioiosa stupefazione di Xabi Etxeita. Il centrale di Zornotza, dopo una stagione vissuta ai margini, è riuscito finalmente a ritagliarsi un ruolo da protagonista: gol vittoria una settimana fa ad Almeria, prestazione clamorosa ieri contro il Siviglia e sei punti in due partite che portano soprattutto la sua firma. Fatto strano per un centrale, ma se il ritorno della squadra su buoni livelli dipende innanzi tutto dal miglioramento della fase difensiva (parole di Valverde), è giusto che questa mini-serie positiva abbia trovato un testimonial come Etxeita. Ieri il numero 16 non ha sbagliato nulla: ottimo in marcatura su un cliente difficile come Bacca, ha strappato applausi a scena aperte con almeno tre chiusure eccezionali, dal valore né più né meno di un gol segnato; un piacere aver ritrovato il centrale che fu grandissimo protagonista della promozione dell'Elche di due anni fa, la cui sicurezza ha finito per contagiare in maniera più che positiva lo zoppicante Laporte di questa prima parte di <i>temporada</i>.<br />
In generale, comunque, è stato tutto l'Athletic a fornire una prestazione di grande spessore, ricordando in alcuni momenti la squadra fantastica di qualche mese fa. Di fronte a un Siviglia lanciatissimo (in caso di vittoria, gli andalusi sarebbero stati primi in solitaria davanti al Real Madrid), i Leoni hanno iniziato subito con l'intensità dei giorni migliori, aggredendo in modo ossessivo i portatori di palla avversari e proponendo il gioco diretto e verticale marchio di fabbrica di Valverde. Le fasce, in particolare, hanno martellato come mai prima d'ora quest'anno, e non è un caso che il gol sia nato sull'asse Susaeta (assist) - Aduriz (gran tiro al volo), seppur su un'azione iniziata da un calcio piazzato dalla sinistra. Genera ottimismo il numero contenuto degli errori in fase d'impostazione, fin qui vero tallone d'Achille della squadra, seppur Iturraspe sia ancora lontano dai suoi picchi di rendimento più alti. Il dilemma del trequartista sembra poi aver trovato una soluzione grazie a De Marcos: Oscar chiaramente non garantisce la qualità di Ander Herrera in transizione, ma è in grado di creare scompiglio nelle difese avversarie col suo movimento costante, i tagli dal centro verso l'esterno e la ricerca ossessiva della profondità; in attesa che Ager Aketxe maturi (i colpi, come ha mostrato ieri, sono quelli del centrocampista di razza), per il numero 10 si prospettano molte partite da titolare come vertice alto della mediana biancorossa.<br />
Novembre non poteva iniziare in un modo migliore per l'Athletic, atteso ora dal confronto con il Porto di mercoledì, decisivo per mantenere accesa la flebile speranza del passaggio del turno. La condizione fisica è in crescita, la convinzione è tornata e tanti giocatore-chiave fin qui deludenti stanno migliorando a vista d'occhio: possiamo farcela.<br />
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I più e i meno: voto 10 in pagella per Xabi Etxeita, autore di 90 minuti da Eniclopedia del Difensore Centrale. Aduriz ha dimostrato una volta di più di essere l'unico in grado di far male in area avversaria (e speriamo che il suo infortunio muscolare non sia grave), mentre De Marcos ha creato più di un grattacapo a Pareja e soci con i suoi movimenti. Bene anche Mikel Rico, continuo e splendido in interdizione, un Susaeta voglioso e un Muniain sempre al centro del gioco. A me è piaciuto molto anche Iraola, sicuramente in fase calante ma in possesso di una classe che lo rende tuttora un terzino elegante ed efficace (quando il fisico lo sostiene).<br />
In una giornata positiva quasi per tutti, da segnalare le persistenti difficoltà di Iturraspe, che non è tranquillo e dà l'impressione di giocare con la testa piena di cattivi pensieri. Guillermo ha lottato e si è impegnato parecchio, ma non sembra avere il fisico e l'attitudine del <i>puntero</i>.<br />
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<b>Athletic Club:</b> Iraizoz; Iraola, Etxeita, Laporte, Balenziaga; Iturraspe, Rico; Susaeta (61' Aketxe), Muniain (81' Gurpegui), De Marcos; Aduriz (28' Guillermo).<br />
<b>Sevilla FC:</b> Beto; Coke, Nico Pareja, Carriço, Tremoulinas; Krychowiak, Mbia (46' Banega); Aleix Vidal, Denis Suárez, Vitolo (46' Gameiro); Bacca (69' Iago Aspas).<br />
<b>Reti:</b> 13' Aduriz.<br />
<b>Arbitro:</b> Javier Estrada Fernández (Comité Catalán).<br />
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<i>Foto: Athletic-club.net.</i><br />
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Quattro sconfitte su cinque partite: per trovare un avvio così negativo dell'Athletic nella Liga bisogna andare indietro di diversi anni, e più precisamente al secondo del famigerato biennio nero (2 punti in 5 partite con Felix Sarriugarte in panchina). Eppure questa è la stessa squadra che, neanche un mese fa, si è guadagnata una storica qualificazione ai gironi di Champion's League mandando a casa un avversario del calibro del Napoli, non il primo venuto. Da allora i Leoni, tolto l'estemporaneo successo col Levante, non sono più riusciti a vincere, hanno palesato enormi difficoltà in zona il gol e hanno commesso errori degni della Prima Categoria. Molti commentatori parlano apertamente di crisi, individuando nella mancata sostituzione di Herrera e nella scarsa ampiezza della rosa (da cui deriverebbe la difficoltà di Valverde di ricorrere al turnover) le sue cause principali. Io invece vado controcorrente: eccovi i tre motivi per i quali, secondo me, l'Athletic non è in crisi.<br />
<b>1) La capacità di reazione:</b> il secondo tempo col Granada e il primo a Vallecas hanno mostrato una squadra viva, capace di lottare e decisa a ribaltare la situazione in cui si trova suo malgrado. L'anno scorso una partita come quella con la squadra di Caparros sarebbe finita con una vittoria in rimonta, mentre adesso è un periodo in cui va tutto storto e il pallone non è entrato. Il gioco, però, sta salendo di livello, così come la forma di alcuni giocatori. Anche Valverde mi sembra più reattivo: a Vallecas ha proposto un'inedita disposizione del triangolo di centrocampo, con Beñat al fianco di Iturraspe e Mikel Rico più avanzato, e in generale mi sembra più elastico del passato anche col turnover. Le sconfitte fanno male, ma ancor più grave sarebbe perdere senza dare segni di vita. Non mi sembra questo il caso.<br />
<b>2) Gli errori individuali:</b> ripercorrendo la genesi delle quattro sconfitte degli <i>zurigorri</i>, è impossibile non notare come siano il frutto non solo di prestazioni sotto la media, ma anche (e soprattutto) di alcune clamorose topiche dei singoli. A Malaga il gol dei padroni di casa è arrivato a causa di un retropassaggio troppo corto di Gurpegi a Iraizoz. A Barcellona un brutto Athletic stava portando a casa la pellaccia, nonostante non meritasse il punto, fino al disimpegno sbagliato di Laporte che ha innescato il contropiede di Messi e il successivo gol di Neymar. Contro il Granada Iturraspe è inciampato sul pallone (!) e ha lanciato a rete Cordoba, mentre il Rayo (che fino all'1-1 non aveva neppure visto il colore della divisa di Iraizoz) è stato gentilmente rimesso in partita da Gorka, che si è fatto passare un pallone innocuo sotto il petto. Quando questi errori scompariranno (e prima o poi succederà, anche solo per un mero dato statistico), i risultati saranno diversi. Una squadra che perde quattro volte a causa di quattro sciocchezze macroscopiche, alcune delle quali piuttosto rare da vedere sui campi della massima serie, può essere poco concentrata, poco serena o semplicemente sfortunata, ma non in crisi totale.<br />
<b>3) La squadra è quella dello scorso anno:</b> con l'eccezione (pesante) di Ander Herrera, allenatore e giocatori sono gli stessi capaci di conquistare un quarto posto miracoloso solo pochi mesi fa. Il gruppo ha le capacità tecniche e morali per tornare in alto, senza dubbio, a meno che non si voglia pensare che a Lezama siano diventati tutti degli asini dall'oggi al domani. Su questa partenza ad handicap pesano diversi fattori: la preparazione particolare (la squadra è stata portata al picco di forma per il preliminare e ora soffre, probabilmente per un carico aggiuntivo inserito dopo il Napoli; ciò spiegherebbe come Muniain, per dirne uno, volasse un mese fa e sia piuttosto imballato ora), la difficoltà nel reggere il duplice impegno campionato-Champion's, l'oggettiva difficoltà della sostituzione di Ander, la scarsa esperienza di giovani chiamati ad un ruolo da protagonisti... ciò nonostante, non bisogna dimenticare che siamo solo alla quinta giornata e che basterebbe inanellare un paio di risultati positivi per mettersi alle spalle il periodaccio attuale. L'Athletic si è conquistato un credito notevole lo scorso anno e non mi sembra giusto invocare addirittura l'esonero di Valverde (sì, ho letto anche questo) alle prime difficoltà.<br />
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<b>Rayo Vallecano:</b> Cristian Álvarez (46' Toño); Quini (27' Tito), Zé Castro, Ba, Insua; Trashorras, Baena; Licá (79' Manucho), Bueno, Kakuta; Leo Baptistao.<br />
<b>Athletic Club:</b> Iraizoz; De Marcos, Gurpegui, Laporte, Balenziaga; Iturraspe, Beñat, Mikel Rico (90' Toquero); Susaeta (60' Viguera), Aduriz, Muniain (81' Guillermo).<br />
<b>Reti:</b> 20' Aduriz, 38' e 89' Leo Baptistao.<br />
<b>Arbitro:</b> Melero López (Comité andaluz).<br />
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<i>Foto: Athletic-club.net.</i><br />
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<img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj197eCRCA9Vypo_kyxmeWINnW7m2aojBpz2mhD1OK83dQhWWaCcgbq_tMlM6oMuyZCKIrPfAfqgwFTDJWmypUhWqSEJ1K1_Zm2ckKJIbFpX1ceuwIcGEmAzG5d-cAuowg1oHwkvOJL2Mg/s1600/ath2.jpg" /></div>
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Se l'intenzione di Valverde era quella di testare l'affidabilità dei giocatori fin qui meno utilizzati, la risposta francamente non è stata positiva. Certo, sarebbe ingeneroso bocciare tutti dopo una sola partita, peraltro decisa da un clamoroso errore individuale di uno dei titolarissimi (Iturraspe); è però indubbio che i Leoni abbiano evidenziato scollature evidenti tra i reparti e una difficoltà nella manovra riconducibili, almeno in parte, alla mancanza di affiatamento delle riserve. Tutto ciò senza dimenticare gli avversari: il Granada ha mantenuto al San Mamés l'imbattibilità stagionale e ha in rosa alcuni elementi di buonissimo livello, su tutti Piti, Ruben Rochina e il velocissimo centravanti colombiano Jhon Cordoba. Caparros, con il suo classico 4-4-2, ha chiuso bene gli spazi all'Athletic e ha impostato la squadra per ottenere il massimo dai contropiede orchestrati sul suo ottimo duo d'attacco, un atteggiamento attendista che ha premiato il tecnico di Utrera con la prima vittoria contro la sua ex squadra da quando ha lasciato Bilbao. Continuano invece i problemi per Valverde, ma più che contro il turnover credo che Txingurri debba puntare il dito verso alcune delle supposte colonne della squadra: Moran e Unai Lopez non hanno giocato bene, è vero, ma se Susaeta e Muniain continuano a non incidere, se Aduriz non trova la porta e se anche un giocatore iper-affidabile come Iturraspe inizia a commettere errori da scuola calcio, il quadro generale si fa preoccupante. Intendiamoci, niente è compromesso: siamo solo alla quarta giornata e, come ha dichiarato Iraola, con 6 punti tra mercoledì e sabato (trasferta a Vallecas e derby casalingo con l'Eibar, dunque due match ampiamente alla portata degli <i>zurigorri</i>) la situazione diventerebbe immediatamente più tranquilla, però i giocatori devono darsi una svegliata. Nel secondo tempo si è vista una reazione discreta, frustrata purtroppo dalle parate di Roberto e dall'imprecisione al tiro dei biancorossi, ed è da lì che bisogna ripartire per invertire la tendenza (3 sconfitte su 4 partite di Liga sono davvero troppe). Tra le poche cose da salvare di ieri, oltre al ritorno di Iraola e alla buona partita di Etxeita, c'è sicuramente l'ottimo impatto sulla gara di Borja Viguera: entrato al posto di Unai Lopez, ha giocato da trequartista/seconda punta, combinando bene con i compagni ed elevando di molto il tasso di pericolosità dell'attacco. Finora l'ex Alaves, capocannoniere l'anno scorso in Segunda, è stato utilizzato pochissimo, ma non è difficile prevedere che potrebbe trovare molto più spazio nelle prossime settimane.<br />
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<b>Athletic Club:</b> Iraizoz; Iraola, Etxeita, San José, Balenziaga; Iturraspe, Morán (54' Mikel Rico); Susaeta (77' Guillermo), Unai López (46' Viguera), Muniain; Aduriz.<br />
<b>Granada CF:</b> Roberto; Nyom, Babin, Murillo, Foulquier; Héctor Yuste, Rochina (61' Eddy), Fran Rico, Piti (67' Juan Carlos); Success, Córdoba (73' Javi Márquez).<br />
<b>Reti:</b> 38' Córdoba.<br />
<b>Arbitro:</b> José Antonio Teixeira Vitienes (comité cantabro).<br />
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<i>Foto: Athletic-club.net.</i><br />
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<img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjY5-p1O9MzJeK6scLWpBkbXPzicuPFZ7hMaN7Rj9ol1SnX5jGQd-YIa4DA6a-A-Vku-9ZysNdGkSeAn15MFQ6RB8dlm6ycrUe6InK0LNPA9OmzcBd4VJIKlgMmUGFbrkRjSjAQQNnpyaI/s1600/foto783.jpg" height="183" width="320" /></div>
Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/18109859996365850503noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4533779175179611471.post-6917074608367225012014-09-18T19:16:00.001+02:002014-09-22T20:41:41.006+02:001a giornata del girone H di Champion's League: Athletic 0-0 Shakhtar.<div style="text-align: center;">
<img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi_RPfQ3yMUaTVdbnatb7akmBT5665LwMpLewPI-cfnJlqTWT_dtFrd9gFnFgGfmACjsknYwalJxwMQYFmJUAyaSO4CyMFM-NRAyOIKhnX4L99vSw-fzK1xWv03GIY6zROcmSBaLoVTDDA/s1600/ath1.jpg" height="375" width="500" />
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Non è andata come speravamo. Il ritorno dell'Athletic nella fase a gruppi della Champion's dopo ben 16 anni era iniziato nel migliore dei modi: San Mamés strapieno, la tradizionale offerta floreale al busto di Pichichi da parte di Srna (lo Shakhtar esordiva infatti alla Catedral), la musica più amata da calciatori e tifosi europei... ma una volta scesi in campo, i Leoni hanno dovuto fare i conti con un avversario duro e coriaceo, tutt'altro che il facile boccone che il sempre iper-ottimista ambiente <i>zurigorri</i> si era immaginato. Se il successo sul Napoli aveva spinto qualcuno a volare probabilmente troppo alto, lo 0-0 lo ha riportato coi piedi per terra: la Champion's League è una competizione terribilmente difficile, e la differenza tra una squadra che ci gioca ogni anno, talvolta da protagonista, e un'altra che vi si affacciava ieri per la prima volta nel nuovo millennio si è vista tutta. Quel grandissimo allenatore che risponde al nome di Mircea Lucescu (69 anni e non sentirli) ha preparato la partita alla perfezione e i suoi giocatori, come sempre, hanno seguito le indicazioni del romeno in modo perfetto. Se a tutto ciò si aggiunge l'emozione dell'esordio che ha appesantito le gambe di molti giocatori dell'Athletic, l'imprecisione negli ultimi 25 metri (difetto che sta diventando un peccato capitale per i biancorossi) e un equivoco tattico di cui parlerò più avanti, risulta chiaro come questa prima partita del girone H sia stata veramente dura per i bilbaini. L'Athletic è partito forte, con un pressing alto e la solita intensità sulle fasce, ma lo Shakhtar non si è scomposto e ha fatto leva sulle ottime doti di palleggio dei suoi giocatori (6 brasiliani in campo fanno la differenza, in tal senso) per superare i primi 10 minuti di forcing; dopodiché, i Leoni hanno perso slancio e gli ucraini hanno preso in mano le redini del gioco, chiamando più volte in causa Iraizoz e lasciando ben poche possibilità di ripartire a Muniain e compagni. I 90 minuti sono passati con poche emozioni, due mezze palle-gol <i>zurigorri</i> (una per Mikel Rico e l'altra per Ibai, con conclusioni purtroppo deboli e centrali), una punizione sull'esterno della rete sempre di Ibai e tanto, troppo Shakhtar. Niente di trascendentale per i minatori, intendiamoci, ma in ogni caso sono stati loro a dominare il possesso palla e a gestire i tempi del gioco. Valverde ha tentato di cambiare le carte in tavola, ma gli ingressi di Susaeta, Aketxe e Guillermo non sono serviti a far girare il match, nonostante il buon impatto soprattutto del giovane Ager. Il problema più evidente emerso ieri, ma comunque già palesatosi nelle prime giornate di campionato, è la difficoltà nel trovare una connessione proficua tra il doble pivote del centrocampo e il reparto offensivo; in altre parole, la partenza di Herrera per Manchester ha lasciato scoperta la squadra in un punto nevralgico dello schema di Txingurri, che aveva pensato di avere il ricambio in casa ma si sta probabilmente ricredendo. Beñat, infatti, è troppo lento e compassato per poter incidere in posizione avanzata: la colpa chiaramente non è del giocatore, però insistere nel proporlo come vertice alto potrebbe minare in modo consistente la già flebile autostima che il numero 7 ha ricostruito in estate dopo una <i>temporada</i> molto complicata. Per esprimersi al meglio, a parer mio l'ex Betis dovrebbe giocare nel suo ruolo naturale di centrocampista centrale di manovra, tuttavia al momento è chiuso dall'intoccabile coppia Iturraspe-Mikel Rico e potrebbe trovare spazio in tal senso solo con il turnover. Le alternative si chiamano Unai Lopez, Aketxe (che purtroppo si è rotto un dito del piede e ne avrà per almeno un mese e mezzo) o Muniain, con Ibai titolare sulla sinistra, altrimenti un'altra soluzione potrebbe essere una rischiosa modifica del sistema di gioco. La scelta non sarà facile per Valverde, eppure non sembra più rinviabile se si vuole evitare di essere prevedibili nella metà campo altrui come a Barcellona e ieri con lo Shakhtar.<br />
Migliori e peggiori: sugli scudi Iraizoz, indubbiamente in un momento magico, l'impeccabile coppia Gurpegi-Laporte e un Mikel Rico inesauribile. Male invece il già citato Beñat, Muniain (del tutto fuori dal match) e Aduriz, controfigura sbiadita del bomber implacabile del preliminare col Napoli.<br />
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<b>Athletic Club:</b> Iraizoz; De Marcos, Laporte, Gurpegi, Balenziaga; Iturraspe, Mikel Rico; Ibai, Beñat (63' Susaeta), Muniain (74' Aketxe); Aduriz (76' Guillermo).<br />
<b>Shakhtar:</b> Pyatov, Srna, Kucher, Rakitskiy, Azevedo; Fernando Lucas (72' Fred), Stepanenko; Costa Teixeira, Taison (79' Marlos); Adriano (88' Gladkiy).<br />
<b>Arbitro:</b> Tasos Sidiropoulos (Grecia).<br />
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<i>Foto: Athletic-club.net.</i><br />
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<img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjY5-p1O9MzJeK6scLWpBkbXPzicuPFZ7hMaN7Rj9ol1SnX5jGQd-YIa4DA6a-A-Vku-9ZysNdGkSeAn15MFQ6RB8dlm6ycrUe6InK0LNPA9OmzcBd4VJIKlgMmUGFbrkRjSjAQQNnpyaI/s1600/foto783.jpg" height="183" width="320" />Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/18109859996365850503noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-4533779175179611471.post-55406296874208899642014-09-15T21:47:00.000+02:002014-09-22T20:41:57.403+02:003a giornata: Barcelona 2-0 Athletic.<img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjuP6qrU5iUDy3RC7jlfnnZNxy6uFHHu3UTP8RNqYyI1VF8KzyNLAEOV-KkhyphenhyphenryDJbjCPdT5F15pCIKuYRulPCohiOJObv33mg38A6JH-EVH2pVLdHb12yv1nzUjCvo63V_wzI0dHeebKw/s1600/123.png" height="240" width="320" />
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Nonostante i commenti del giorno dopo siano stati più positivi che altro, personalmente non sono per nulla soddisfatto della prova dell'Athletic al Camp Nou (dove i biancorossi hanno ottenuto l'undicesima sconfitta nelle ultime 11 stagioni...). Il motivo non risiede tanto nella sconfitta in sé, che contro il Barcelona può starci, quanto nell'atteggiamento oltremodo remissivo dei Leoni, apparsi rinunciatari e scesi chiaramente in campo per puntare al pareggio. Un errore grave, gravissimo. Conta poco sottolineare come il primo gol di Neymar sia arrivato al 79', quasi a voler intendere che il piano era pressoché riuscito: tralasciando il fatto che alla fine, in ogni caso, la sconfitta è arrivata, non si può non sottolineare come la decisione di lasciare l'iniziativa al Barça abbia clamorosamente favorito la squadra di Luis Enrique, che ha così potuto esaltare i propri punti di forza e mascherare le proprie debolezze. Sì, perché i <i>blaugrana</i> al momento sono ancora un cantiere aperto, e se è vero che in attacco fanno paura (anche se per vincerla hanno dovuto aspettare l'ingresso di un campione vero come Neymar, al posto di un Munir interessantissimo ma ancora acerbo), è innegabile che non abbiano ancora assimilato le idee tattiche del loro allenatore; in particolare, sabato si sono trovati più volte sfilacciati, con distanze anche abissali tra i reparti, e senza dubbio una squadra più cinica dell'Athletic avrebbe approfittato in altro modo dei molti contropiede concessi dai <i>culé</i> (per tacere della loro difesa più che rivedibile, con un Piqué ormai in caduta libera). Di fronte a un Barcelona di medio cabotaggio era lecito attendersi qualcosa di più, premesso in ogni caso che sulla scelta di attendere e ripartire c'è poco da discutere, visto che andare a far possesso palla nella culla del <i>tiqui-taqua</i> è una missione impossibile. Tuttavia, un conto è occupare gli spazi con aggressività per poi sfruttare al massimo ogni ripartenza, un altro è attestarsi dietro la metà campo badando a non prenderle e riducendo la fase offensiva a qualche sporadica iniziativa dei singoli. In alcuni frangenti i biancorossi mi sono sembrati quasi "caparrossiani" nell'interpretazione del match, come se riconoscessero la superiorità degli avversari e aspettassero l'inevitabile conclusione. Iraola in settimana aveva dichiarato che l'Athletic dà il peggio di sé quando si chiude dietro: aveva ragione, come si è visto in campo sabato pomeriggio, eppure trincerarsi nella propria metà campo è stato proprio ciò che la squadra ha fatto. Un vero peccato, soprattutto perché gli <i>zurigorri</i> erano partiti molto bene, con alcune buone iniziative su entrambe le fasce e un piglio simile a quello del <i>clasico</i> dello scorso anno, conclusosi con un immeritato 2-1 per i catalani dopo 90 minuti giocati alla pari. Forse l'imminente partita di martedì con lo Shakhtar ha suggerito (inconsciamente o meno) ai giocatori di risparmiare energie fisiche e mentali, ma la sensazione di aver sprecato un'ottima occasione per tornare a fare punti al Camp Nou resta.<br />
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A livello di singoli, sono state splendide le prestazioni di Iraizoz (probabilmente nel miglior momento della carriera) e Iturraspe, autore di alcune chiusure difensive strepitose e sempre lucido col pallone tra i piedi; bene anche Gurpegi, Mikel Rico e un De Marcos molto positivo in fase di spinta. Laporte ha macchiato con l'errore in disimpegno che ha innescato l'1-0 una partita fin lì perfetta, ma ha comunque confermato di avere una caratura da grandissimo centrale. Insufficienze per tutto l'attacco: fumoso e inconcludente Susaeta, troppo incostante Muniain, isolato e poco pungente Aduriz. La nota maggiormente negativa, a mio parere, è però rappresentata da Beñat, che mi sembra davvero poco a suo agio come trequartista, ruolo per il quale non possiede né il passo né i tempi di gioco; se Unai Lopez o Aketxe dovessero esplodere, credo che anche quest'anno il numero 7 avrebbe più di un problema ad assicurarsi un posto da titolare.<br />
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<b>FC Barcelona:</b> Bravo; Montoya, Mathieu, Mascherano (45' Piqué), Alba; Busquets, Rakitic, Iniesta; Munir (62' Neymar), Messi, Pedro (77' Sandro).<br />
<b>Athletic Club:</b> Iraizoz; De Marcos, Laporte, Gurpegi, Balenziaga; Iturraspe, Mikel Rico, Beñat (62' Ibai); Susaeta (62' Unai Lopez), Aduriz, Muniain.<br />
<b>Reti:</b> 79' e 83' Neymar.<br />
<b>Arbitro:</b> David Fernández Borbalán.<br />
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<i>Foto: Athletic-club.net.</i><br />
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Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/18109859996365850503noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-4533779175179611471.post-58983879372604003802014-08-16T21:46:00.000+02:002014-08-16T21:46:36.694+02:00Si va in ferie!<img border="0" src="http://atavolaconwilli.cucinare.meglio.it/wp-content/uploads/sites/32/2012/09/ChiusoPerFerie.gif" />
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Anche quest'anno è arrivato il momento delle (meritate?) ferie: il blog resterà chiuso fino alla prima settimana di settembre, dunque non vi troverete gli aggiornamenti sul preliminare di Champion's League col Napoli e sull'inizio della Liga. Spero di riuscire a postare qualcosa sui canali social (Facebook e Twitter), i cui feed trovate subito in alto nella colonna a destra, tuttavia non posso promettere nulla. Con l'occasione vorrei parlare brevemente del nuovo aspetto del blog, che, come avrete sicuramente notato, ha cambiato layout e non solo. Come avevo avuto modo di scrivere qualche tempo fa, ho intenzione di trasformarlo da sito di attualità a spazio per analisi, riflessioni e approfondimenti sul club <i>zurigorri</i>; attraverso i social network darò conto di tutte le principali news sulla squadra e cercherò di coprire in diretta le partite, mentre sul blog rimarranno gli articoli post-gara (per lo meno dei match principali), che saranno affiancati da quelle "rubriche" che ho sempre avuto in mente (focus sulla <i>cantera</i>, "Che fine ha fatto", storia e storie dell'Athletic e dei suoi giocatori principali, ecc.) ma che, per motivi di tempo, non sono mai riuscito ad iniziare o a portare avanti con costanza. Lascio infine a vostra disposizione i commenti del post per scambiarvi idee e impressioni su quanto accadrà nei prossimi giorni, raccomandandovi (ma so che sarete impeccabili come sempre!) di utilizzarli con grande attenzione, visto che la moderazione sarà assente. Buone vacanze a tutti, aupa Athletic!<br />
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<img border="0" src="http://www.aupaathletic.com/Fotos/galeria/foto783.jpg" height="183" width="320" />Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/18109859996365850503noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-4533779175179611471.post-89093615494912226292014-08-08T16:11:00.002+02:002014-08-09T19:15:25.020+02:00Lezama 2013/2014: analisi della stagione dei cachorros.<img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgFyjWKKpa35YyPavAfINhXvgaNvnkFQOND76BvMzU3mvwdjz3l0naCyG04bUtk_l47kD3RD35i7Jk2gi0v18MQvAmwUbdF5eby8OO4KXK7QqfXRI54n2hnQ2nggIPUBfxyNqvKnicXPIA/s1600/lezamaaa.jpg" />
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Seguendo una tradizione estiva ormai consolidata, torno a proporvi il resoconto delle tre principali squadre giovanili biancorosse (Bilbao Athletic, Basconia e Juvenil de Honor) nella <i>temporada</i> passata. Anche in quest'occasione mi sono avvalso dell'aiuto indispensabile de <a href="http://lacanteradelezama.com/" target="_blank">La Cantera de Lezama</a> (che ha pure un ottimo <a href="http://twitter.com/canteradelezama" target="_blank">account Twitter</a>), sito riconosciuto anche dai media ufficiali come principale fonte di informazioni riguardo alla <i>cantera</i> degli <i>zurigorri</i>. Ringraziando ancora <a href="http://twitter.com/canteraJavi" target="_blank">Javi</a>, fondatore e principale redattore del web magazine, vi lascio senza ulteriori preamboli alle prese con il post, senza dubbio abbastanza lungo (eufemismo). Buona lettura!<br />
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<b>Bilbao Athletic</b><br />
Il finale amarissimo (sconfitta all'ultima giornata con il Leganés e addio playoff) non deve far sottostimare la seconda stagione consecutiva di alto livello disputata dai <i>cachorros</i>. Gran parte del merito va data a Ziganda, capace di costruire una squadra in grado di rimanere nelle posizioni nobili della classifica fino alla fine nonostante i moltissimi cambi operati in estate dalla società, fatto normale per un <i>filial</i> (il cui scopo è far crescere i giovani, non vincere). Kuko ha comunque potuto contare su una rosa ben assortita e ricca di giocatori di talento, nella quale sono emersi alcuni elementi di valore assoluto. Ecco, reparto per reparto, un'analisi dettagliata dei singoli.<br />
<b>Portieri:</b> dopo un 2013 ricco più di infortuni che di partite, <b>Kepa</b> Arrizabalaga è finalmente riuscito a trovare continuità (nonostante la rottura di un pollice a gennaio) e ha ribadito di avere le carte in regola per poter salire a breve in prima squadra. Imbattuto 9 volte su 25 partite, ha offerto ottime prestazioni, specie nel finale della <i>temporada</i>, ed è tornato a mostrare quell'eleganza e quella sobrietà che da sempre lo contraddistinguono. Il maggior protagonismo di Kepa ha tolto spazio a Gorka <b>Magunazelaia</b>, buon rincalzo quando il titolare è stato assente ma di livello inferiore rispetto a vari prospetti di Lezama nel ruolo, ragion per cui la dirigenza ha deciso di svincolarlo dopo 3 stagioni nel Bilbao Athletic.<br />
<b>Difensori:</b> sugli scudi il capitano Unai <b>Bustinza</b>, terzino destro (ma all'occorrenza anche centrale) insostituibile sia in campo che nello spogliatoio; il suo rendimento costante e di ottimo livello ne farà il sostituto naturale di Iraola a partire dalla stagione che sta per iniziare. A destra si sono visti anche Markel <b>Etxeberria</b> (13 presenze) e Iñigo <b>Lekue</b> (25, ma solo 10 da titolare), due giocatori dal profilo simile: tanta corsa, buona tecnica (soprattutto il primo) e una spiccata predisposizione a curare di più la fase offensiva. Etxeberria, titolare fino all'infortunio che lo ha tenuto fuori 4 mesi, resta una delle grandi speranze di Lezama nel ruolo.<br />
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Nel pacchetto dei centrali a mettersi maggiormente in luce è stato Oscar <b>Gil</b>; mediano ai tempi dello Juvenil, da qualche anno è stato arretrato e ha mostrato di avere qualità molto interessanti come difensore: è potente ma anche rapido, salta molto (pur non essendo altissimo) e gioca sempre con semplicità e grande concentrazione. <b>Jon Garcia</b> (titolare inamovibile) e <b>Mikel</b> Fernandez (solo 12 partite a causa degli infortuni), nonostante abbiano offerto un rendimento all'altezza, non sono stati confermati in vista della prossima stagione.</div>
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Concludiamo con i laterali sinistri: Egoitz <b>Magdaleno</b>, partito titolare ed in seguito stoppato dagli infortuni, è un esterno alto riconvertito a terzino con tutti i pro e i contro del caso, ovvero ottima incidenza in attacco e scarsa propensione difensiva; Igor <b>Arnaez</b>, infortunato durante tutto il girone di andata, è stato uno dei migliori in quello di ritorno, segnalandosi per la disciplina tattica e l'ottima capacità di corsa, tuttavia non è stato confermato per i raggiunti limiti di età (chi supera i 23 anni non può fare la spola tra <i>filial</i> e prima squadra, dunque in questi casi bisogna scegliere e chi non può salire viene spesso sacrificato).</div>
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<b>Centrocampisti:</b> fa notizia la rescissione di Iñigo <b>Eguaras</b>, giocatore chiave nella mediana di Ziganda grazie alla splendida tecnica e alla capacità di far uscire il pallone dalla trequarti difensiva con grande facilità. Forse ancora un po' leggero nei contrasti, il navarro sembrava destinato ad un prestito, invece è stato ceduto definitivamente in Segunda. Il suo sostituto sarà al 100% Iker <b>Undabarrena</b>, un classe '95 che quest'anno ha assaggiato la categoria grazie alle 9 presenze da titolare e ai 12 ingressi a partita in corso; mediano dotato di gran tecnica e ottimo passaggio, dovrà migliorare in fase difensiva per fare il salto di qualità. Purtroppo <b>Jon Iru</b> continua ad essere perseguitato dalla sfortuna: dopo essere rimasto fermo fino a gennaio per un infortunio, l'incontrista bilbaino ha giocato bene nella seconda parte del campionato e sembrava poter essere protagonista nella nuova <i>temporada</i>, ma la rottura di un legamento crociato del ginocchio lo obbligherà ad un altro lungo stop forzato.</div>
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Per quanto riguarda i "creativi" di centrocampo, sia Ager <b>Aketxe</b> che <b>Unai Lopez</b> hanno disputato un campionato strepitoso. Il primo, apparso in tutte e 38 le partite del torneo (36 da titolare), ha avuto un peso enorme nel sistema offensivo della squadra: autore di 6 gol e 10 assist, è stato spesso fondamentale con i suoi velenosissimi calci piazzati (possiede un sinistro educatissimo) ed è migliorato sia a livello fisico che dal punto di vista tattico, meritandosi il titolo di miglior <i>cachorro</i> dell'anno da parte de La Cantera de Lezama. Lopez è stato invece la rivelazione dell'anno: alla prima esperienza in assoluto in Segunda B, il 18enne trequartista di Errenteria ha stupito tutti per la qualità assolutamente superiore alla media del suo <i>futbol</i>, fatto non solo di colpi di classe e di una grande visione di gioco, ma anche di una <i>garra</i> e di una vena combattiva che vanno ben aldilà del fisico minuto. Non è un caso che entrambi i ragazzi siano stato scelti da Valverde per il precampionato della prima squadra.</div>
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<b>Attaccanti:</b> come certificato dalle 9 presenze collezionate con i "grandi" in Primera, <b>Guillermo</b> ha mantenuto l'alto livello di prestazioni (anche dal punto di vista realizzativo) che aveva raggiunto nella seconda parte della stagione 2012/2013, ribadendo il suo status di punto di riferimento principale tra gli attaccanti di Lezama. Centravanti rapido e dal buon fiuto del gol, è letale quando viene lanciato negli spazi, mentre perde di efficacia nelle partite più "fisiche" o quando deve giocare spalle alla porta; può essere anche utilizzato sulla fascia e Valverde lo ha già provato come ala. La promozione in prima squadra di Guille ha aperto il gran ballo delle prime punte, che alla fine ha premiato il fenomenale Iñaki <b>Williams</b> (arrivato a metà stagione dal Basconia): il <i>coloured</i> bilbaino ha tutto per diventare un campione, in quanto è dotato di una progressione devastante, di una discreta tecnica e di un fantastico fiuto del gol (8 reti in 14 presenze parlano chiaro, peraltro alternandosi tra il ruolo di centravanti e quello di ala destra); i netti miglioramenti nel gioco aereo e in quello spalle alla porta lo rendono il principale candidato alla maglia da <i>puntero</i> titolare per la prossima stagione. L'irruzione di Williams ha fatalmente tolto spazio a Mario <b>Barco</b>, classico riferimento centrale dotato di buoni mezzi fisici e di un gran colpo di testa; il navarro resta comunque un'opzione utile per Ziganda, che potrà utilizzarlo per variare il gioco o per sparigliare le carte a partita in corso.</div>
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Tra gli esterni offensivi, da sottolineare la stagione travolgente di Iker <b>Guarrotxena</b>, che ha confermato di poter fare la differenza se gli infortuni lo lasciano in pace. Ala destra classica, portata al dribbling e alla ricerca del cross dal fondo, Iker è in grado sia di servire palloni perfetti ai compagni che di andare a concludere l'azione in prima persona, come confermano i numeri eccelsi che ha collezionato (11 reti e 6 assist); in un futuro prossimo potrebbe diventare l'erede di Susaeta, mentre per il momento andrà a farsi le ossa in Segunda. Ci si aspettava di più da <b>Sabin</b> Merino, reduce da una stagione di altissimo livello al Basconia, ma lo spostamento da prima punta ad esterno sinistro non gli ha giovato; Ziganda ha comunque dimostrato di apprezzarlo, visto che lo ha schierato 38 volte (26 da titolare), ma sinceramente in molti vorrebbero vederlo giocare con continuità nel suo ruolo naturale. Male, infine, Jonxa <b>Vidal</b>, passato nel giro di un anno da titolare fisso, sul quale si erano generate buone aspettative, ad elemento di secondo piano. La decisione di lasciarlo libero è un'ulteriore conferma della sua perdita di importanza nello scacchiere di Lezama.<br />
<b>Stagione 2014/2015</b><br />
<b>Arrivi:</b> Alex Remiro, Jon Ander, Yeray Alvarez, Unai Bilbao, Urtzi Iriondo, Gorka Iturraspe, Martin Bengoa, Aitor Seguin, Jurgi Oteo, Gorka Santamaria (Basconia); Nestor Salinas (Amorebieta, fine prestito); Ander Artabe (Laudio, fine prestito); Jorge Garcia (Barakaldo); Mikel Juaristi (Laudio); Jon Ander Amelibia (Arenas); Mikel Vesga (Alaves B).<br />
<b>Partenze:</b> Magunazelaia (Oviedo); Jon Garcia (CD Lugo); Arnaez (svincolato); Mikel Fernandez (Eldense); Eguaras (CE Sabadell); Jonxa (Barakaldo); Guarrotxena (CD Tenerife); Bustinza, Aketxe (Athletic).<br />
<b>Rosa (tra parentesi l'anno di nascita dei giocatori)</b><br />
<b>Portieri:</b> Kepa (1994), Remiro (1995).<br />
<b>Difensori:</b> Oscar Gil (1995), Etxeberria (1995), Lekue (1993), Magdaleno (1991), Yeray (1995), Unai Bilbao (1994), Urtzi Iriondo (1995), Artabe (1993), Juaristi (1992), Amelibia (1994).<br />
<b>Centrocampisti:</b> Undabarrena (1995), Jon Iru (1993), Unai Lopez (1995), Gorka Iturraspe (1994), Bengoa (1994), Salinas (1993), Jorge Garcia (1993), Vesga (1993).<br />
<b>Attaccanti:</b> Seguin (1995), Jurgi (1996), Mario Barco (1992), Williams (1994), Sabin (1992), Santamaria (1995).<br />
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<b>Basconia</b></div>
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Se il Bilbao Athletic ha disputato un ottimo campionato, la <i>temporada</i> del Basconia finisce direttamente tra quelle da incorniciare. I gialloneri, dopo una partenza complicata, hanno messo la quinta nel girone di ritorno e hanno scalato posizioni su posizioni, concludendo al quarto posto il loro girone di Tercera. Sfortunatamente, la mancata qualificazione del Bilbao Athletic ai playoff ha impedito alla squadra di Vicen Gomez (ottimo tecnico, passato purtroppo alle giovanili della Dinamo Kiev) di disputare i propri, perché, in caso di promozione del Basconia, l'Athletic si sarebbe trovato con due squadre satellite in Segunda B (eventualità vietata dalla LFP). Ciò non cancella un'annata comunque bellissima, nella quale molti giovani si sono messi in luce con delle prestazioni davvero incoraggianti per il futuro del club.<br />
Nota: dei tre elementi che hanno giocato metà stagione nel Basconia e metà nello Juvenil de Honor (Villalibre, Rahmani, De Eguino) si parla nell'articolo sullo stesso JdH.<br />
<b>Portieri:</b> ad alternarsi tra i pali sono stati Alex <b>Remiro</b> e <b>Jon Ander</b> Felipe, due estremi difensori molto diversi tra loro. Alto e dominatore del gioco aereo il primo (comunque dotato di buoni riflessi), più piccolo di statura ma con grandissime doti tra i pali il secondo; entrambi hanno ben figurato, tuttavia a Lezama puntano forte su Remiro e Jon Ander è stato infatti ceduto in prestito.<br />
<b>Difensori:</b> la coppia centrale <b>Yeray</b> Alvarez-<b>Unai Bilbao</b> si è rivelata una delle chiavi della buonissima stagione del Basconia. Yeray, un vero leader, è un centrale completo, rapido, efficace nei contrasti e nel gioco aereo, mentre il gigante Unai (192 cm di altezza) è un difensore sobrio, senza fronzoli e chiaramente dominante sui palloni alti; entrambi sono stati promossi al Bilbao Athletic. Buona anche la stagione di Imanol <b>Corral</b> (che sarà parte della rosa giallonera anche il prossimo anno), centrale sinistro impiegabile anche come terzino, mentre il veterano Unai <b>Elgezabal</b> è stato relegato ad un ruolo secondario dall'ottimo rendimento di Yeray e non è stato confermato.<br />
Più che discreti i laterali Jon <b>Agirrezabala</b>, terzino destro bloccato però da un infortunio nel momento migliore della stagione, e Urtzi <b>Iriondo</b>, mancino, molto veloce e anche piuttosto tecnico.<br />
<b>Centrocampisti:</b> come in prima squadra è stato l'anno di Ander Iturraspe, così nel Basconia il fratello <b>Gorka</b> si è ritagliato un ruolo da grande protagonista. Interno destro molto tecnico, forse un po' lezioso in alcuni frangenti del gioco, si è trovato a meraviglia nel sistema basato sulle combinazioni palla a terra sviluppato da Vicen Gomez; fisicamente è ancora in fase di maturazione, ma senza dubbio si è segnalato come un centrocampista da tenere in grande considerazione. Qualche metro più indietro di Gorka ha brillato anche Martin <b>Bengoa</b>, proposto quest'anno per la prima volta nel ruolo di <i>pivote</i> basso e rivelatosi vero motore della squadra; tecnicamente dotato, è migliorato sia fisicamente che tatticamente, perciò non sorprende la scelta dei tecnici di Lezama di promuoverlo nel Bilbao Athletic. Il posto di <i>volante</i> sinistro è stato occupato soprattutto da Asier <b>Etxaburu</b>, centrocampista completo e molto bravo negli inserimenti a fari spenti, purtroppo frenato nelle ultime partite da un infortunio. Ha trovato poco spazio da titolare Iñigo <b>Barrenetxea</b>, comunque molto utilizzato e con discreto profitto (ha un buon tiro da fuori, come testimoniano i 4 gol segnati), mentre Mikeldi <b>Jimeno</b>, in seguito all'infortunio di Agirrezabala, è stato utilizzato più da terzino destro che da centrocampista, risultando in ogni caso molto utile grazie alla polivalenza e alla grande esperienza nella categoria. Purtroppo la temporada di Victor <b>Monteiro</b>, talentuoso centrocampista o esterno, è durata solo sei partite, in quanto un bruttissimo infortunio lo ha tenuto fuori per quasi 9 mesi.<br />
<b>Attaccanti:</b> grande annata per tutti i giocatori offensivi del Basconia. Impossibile non partire dal "killer" Gorka <b>Santamaria</b>, confermatosi cannoniere implacabile: per lui ben 20 gol in 37 presenze che, sommati agli 11 dell'anno prima, fanno 31 in 64 partite di Tercera. Numeri impressionanti per un ragazzo di appena 19 anni, un attaccante dal fisico minuto ma in grado di segnare in ogni modo, chiamato ora a dimostrare tutte le sua qualità nel Bilbao Athletic. Nel posto di centravanti hanno giocato anche il già citato Williams e Villalibre, di cui si parlerà in seguito. Sulle fasce, da sottolineare le spettacolari stagioni di Aitor <b>Seguin</b> e <b>Jurgi</b> Oteo. Seguin è un mancino dal piede eccellente, veloce e ottimo esecutore di calci piazzati, mentre Jurgi è un'ala destra rapidissima, inarrestabile in dribbling e con qualità tecniche spettacolari. I due hanno segnato un totale di 23 gol e sono stati promossi nel <i>filial</i> principale.<br />
<b>Stagione 2014/2015</b><br />
<b>Arrivi:</b> Unai Simon (Juvenil Nacional); Iñigo Baqué, Camilo Bobadilla, Iñigo Cordoba, Unai Etxebarria, Andoni Lopez, Xiker, Yanis Rahmani, Iker De Eguino, Iker Revuelta, Ander Santamaria, Julen Uriguen, Urtzi Urzelai, Asier Villalibre (Juvenil de Honor); Ander Alday (Alaves B); Gorka Perez (Barakaldo); Gorka Guruzeta (Antiguoko).<br />
<b>Partenze:</b> Remiro, Yeray, Unai Bilbao, Urtzi Iriondo, Gorka Iturraspe, Benoga, Seguin, Jurgi, Santamaria (Bilbao Athletic); Jon Ander (Amorebieta, prestito); Elgezabal (Cultural Durango).<br />
<b>Rosa (tra parentesi l'anno di nascita dei giocatori)</b><br />
<b>Portieri:</b> Etxebarria (1996), Simon (1997).<br />
<b>Difensori:</b> Agirrezabala (1995), Jimeno (1994), Corral (1994), Baqué (1997), Xiker (1997), Ander Santamaria (1995), Andoni Lopez (1996).<br />
<b>Centrocampisti:</b> De Eguino (1995), Barrenetxea (1994), Etxaburu (1994), Yanis (1995), Monteiro (1994), Cordoba (1997), Uriguen (1995), Urzelai (1995), Alday (1994), Gorka Perez (1995).<br />
<b>Attaccanti:</b> Camilo (1995), Guruzeta (1996), Revuelta (1995), Villalibre (1997).<br />
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<b>Juvenil de Honor</b><br />
Sul blog La Cantera de Lezama purtroppo non è stato pubblicato il resoconto dell'annata dello Juvenil de Honor, perciò non ho i mezzi per fare un'analisi dettagliata della stagione della squadra. Sono comunque riuscito a contattare Javi, che mi ha dato qualche informazione sui <i>cachorros</i> più interessanti della rosa 2014/2015 della terza formazione (in ordine di importanza, ma anche di età) del settore giovanile biancorosso.<br />
Per quanto riguarda la difesa, vi sono tre elementi molto promettenti: il centrale Unai <b>Nuñez</b> ha grandi mezzi fisici, tecnica discreta e una buona rapidità nelle chiusure; Aitor <b>Arego</b> è un terzino sinistro bravo in copertura ma ancor più efficace in fase di spinta; Jon <b>Sillero</b>, infine, può giocare sia a destra che nel mezzo e risalta per la potenza, nonostante un fisico ancora da strutturare. A centrocampo sono da tenere d'occhio Ander <b>Mediavilla</b>, trequartista di grandissima qualità la cui ascesa è stata purtroppo interrotta da due gravi infortuni consecutivi, la mezzapunta Asier <b>Parra</b>, altro giocatore dotato di un talento sopra la media, e il mediano Ander <b>Dulce</b>, completo ed efficace in entrambe le fasi. In attacco, infine, riflettori puntati su Alejandro <b>Larrayoz</b>, rapido e dai buonissimi movimenti offensivi, e <b>Iñigo</b> Vicente, un 9 atipico e poco interessato allo sviluppo del gioco, ma dotato di uno straordinario senso del gol e letale quando si tratta di finalizzare (46 le reti segnate tra Cadete Liga Vasca e Juvenil Nacional nell'ultima stagione).</div>
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Vi sono poi i tre elementi che hanno fatto la spola tra JDH e Basconia. Il primo è Iker <b>De Eguino</b>, un <i>pivote</i> dagli ottimi mezzi tecnici e fondamentale per l'equilibrio tattico che è in grado di dare alla squadra; frenato da un infortunio la scorsa stagione, sarà uno dei più attesi dei gialloneri nella <i>temporada</i> che sta per iniziare. Il franco-algerino <b>Yanis</b> Rahmani rappresenta una delle principali promesse di Lezama: trequartista mancino di gran classe, è un numero 10 quasi d'altri tempi, dotato di una facilità di calcio straordinaria e anche di un buon senso del gol (11 in 30 presenze tra Basconia e Juvenil de Honor lo scorso anno), forse solo un po' troppo individualista. Yanis dividerà lo status di stella assoluta del Basconia con Asier <b>Villalibre</b>, attaccante classe '97 che sta bruciando le tappe, avvicinandosi come precocità ai record fatti segnare a suo tempo da un certo Iker Muniain. Centravanti rapido ma potente, ha un sinistro che sa colpire in maniera chirurgica e possiede un fiuto in area di rigore proprio dei grandi cannonieri; in più è madrelingua euskera, non ha procuratore e sembra un ragazzo molto alla mano, ragion per cui è già un beniamino di questo blog! Di certo i tecnici della <i>cantera</i> confidano molto in lui, anche perché finora ha ripagato la fiducia con numeri da capogiro: per rimanere alla passata stagione, ha segnato 15 gol in 25 partite con lo Juvenil de Honor e 6 reti in 11 presenze col Basconia, davvero niente male per un giocatore che deve ancora compiere diciassette anni.<br />
<b>Stagione 2014/2015</b><br />
<b>Arrivi:</b> Javier Alonso, Aitor Arberas, Aitor Arego, Ander Dulce, Unai Ferreras, Gorka Garai, Luken Iturrino, Alejandro Larrayoz, Alvaro Mateo, Unai Nuñez, Antonio Jesus Salado, Alexander Valiño (Juvenil Nacional); Jon Sillero, Iñigo Vicente (Cadete Liga Vasca); Hodei Oleaga (Arenas, fine prestito); Iñigo Arzuaga, Andoni Fernandez (Arenas).<br />
<b>Partenze:</b> Baqué, Camilo, Cordoba, Unai Etxebarria, Andoni Lopez, Xiker, Yanis, De Eguino, Revuelta, Ander Santamaria, Uriguen, Urzelai, Villalibre (Basconia); Gorka Ruiz (Barakaldo JDH); Lander Hernandez, Maecky Lubrano (svincolati).<br />
<b>Rosa (tra parentesi l'anno di nascita dei giocatori)</b><br />
<b>Portieri:</b> Areitio (1996), Oleaga (1996).<br />
<b>Difensori:</b> Arberas (1997), Arego (1997), Ferreras (1997), Mateo (1997), Núñez (1997), Sillero (1998).<br />
<b>Centrocampisti:</b> Alonso (1997), Azpiazu (1996), Dulce (1998), Garai (1997), Iturrino (1997), Mediavilla (1996), Parra (1997).<br />
<b>Attaccanti:</b> Arzuaga (1997), Fernández (1996), Larrayoz (1997), Salado (1997), Valiño (1997), Iñigo Vicente (1998), Zatón (1996).<br />
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