lunedì 23 maggio 2016

Agur Gurpe, Capitano immortale.



Che strana carriera hai avuto, Carlos. Quante cadute, quante resurrezioni. Quanti insulti dagli avversari, quanto amore da parte della tua gente. Una dicotomia continua, lunga quanto la tua vita sportiva.
Troppo facile il paragone con la fenice, che comunque risorgeva una volta ogni 500 anni. La mitologia ne fornisce uno all’apparenza illogico ma, in fondo, calzante: l’Idra. Il mostro dalle infinite teste. Staccagliene una e ne ricresceranno due, tenta di indebolirla e la rafforzerai. E però destinata alla sconfitta, destino fatale di tutti: il tempo, non Eracle, ha infine avuto ragione dell’Idra navarra, schiacciandole l'ultima testa sotto il masso inesorabile dell’età. Mi si dirà: un mostro per rappresentare il migliore di tutti, il Capitano? Sì, e per due ragioni: perché le città di Spagna, novelle Lerna, sono stare per anni terrorizzate da lui, tutte tranne quella che difendeva; e perché in fondo l’Idra era un mostro solo per coloro che volevano vederlo a quel modo. Qualcuno ha mai chiesto le sue ragioni? Qualcuno ha voluto comprendere il diverso? Come l’Idra era amata solo da Era, che l’aveva allevata, così Gurpe è stato amato solo dalla gente di Bilbao, che lo ha accolto come un figlio. E tanto è bastato a entrambi.
Carlos Gurpegi Nausia arriva a Bilbao nel 1998, proveniente dalla cantera dell’Izarra. Centrocampista centrale di proiezione offensiva o trequartista, dopo una stagione in doppia cifra al Basconia (30 presenze, 15 reti) passa al Bilbao Athletic e viene riconvertito in mediano: ha piedi piuttosto ruvidi, ma anche una straordinaria capacità di strappare palloni agli avversari, due polmoni infiniti e una generosità pari solo alla resistenza fisica. Un perfetto interprete del ruolo di mastino di centrocampo, con tutte le caratteristiche tecniche e mentali per diventare da subito un idolo di San Mamés. L’esordio in prima squadra arriva il 31 marzo del 2002, dopo due ottime stagione al Bilbao Athletic in Segunda B; la partita contro il Villarreal è sfortunata (il Submarino Amarillo dilaga 5-2), ma per Carlos è l’inizio di un’avventura pazzesca. L’anno successivo è in campo da titolare alla prima di campionato, che guarda caso coincide col derby basco tra Athletic e Real Sociedad: Gurpegi la gioca tutta, la gioca bene e segna una doppietta nel 4-2 finale per i txuriurdin. Subito dopo il match si sottopone al controllo antidoping; tre mesi dopo, il 4 dicembre del 2002, la doccia fredda. L’inizio del calvario. La federazione notifica infatti all'Athletic la positività di Carlos al norandrosterone, un metabolita del nandrolone, confermata in seconda battuta dalle controanalisi. Per 5 anni Ibaigane e Madrid combattono a suon di ricorsi e carte bollate: il club sostiene che il giocatore produca spontaneamente un livello più alto del normale di norandrosterone, la federazione rifiuta questa tesi (insieme alle prove portate dal collegio difensivo del navarro) e chiede una squalifica di due anni. Nel maggio del 2005 l’Agenzia Mondiale Antidoping dirama una comunicazione ufficiale nella quale invita a effettuare speciali test di stabilità in presenza concentrazioni di nandrolone inferiore ai 10 ng/l, come nel caso di Carlos; peccato però che i suoi campioni di urina siano già stati distrutti. Nel 2007 la squalifica diviene effettiva, ed è solo una soddisfazione morale sapere che il norandrosterone verrà poi depennato dall’elenco delle sostanze dopanti. Gurpe finisce ai margini, impossibilitato perfino a giocare le amichevoli, ma ambiente e società non lo abbandonano: il suo posto in rosa viene lasciato vacante e non viene mai ventilata la possibilità di tagliarlo, anche solo per qualche mese. Il rientro, il 27 aprile del 2008, è una festa di popolo: tutta Bilbao celebra Carlos e quel nuovo inizio. Niente però è facile come sembra. Il numero 18 paga l’inattività e fatica a riprendere il proprio posto in squadra, assestandosi nell’undici titolare solo alla fine della stagione 2008/09, e quando tutto sembra andare per il verso giusto sono agli infortuni a tormentarlo; particolarmente pesante quello al ginocchio patito a ottobre del 2011 (il primo anno di Bielsa), che gli impedisce di prendere parte all’esaltante cammino della squadra in Coppa del re e in Europa League. Ed è davvero paradossale notare come uno dei giocatori più rappresentativi dell’Athletic contemporaneo non sia sceso in campo in nessuna delle quattro finali disputate negli ultimi anni dai Leoni: oltre alle due già ricordate, infatti, il navarro è rimasto in panchina anche nelle due finali di Copa contro il Barcellona del 2008/09 e del 2014/15. Cadere, rialzarsi, cadere ancora, tornare di nuovo in piedi. Gurpegi chiude il cerchio e si prende la rivincita sul destino giocando il ritorno della vittoriosa Supercoppa di quest’anno; è lui dunque ad alzare il primo trofeo vinto dai biancorossi dopo un digiuno di più di 30 anni.
Un risarcimento, anche se parziale, per un atleta che ha fatto della dedizione alla causa bilbaina la sua stella polare. Sempre in prima linea, sempre con un comportamento esemplare. Mai ha reagito agli insulti che, dopo la squalifica, gli sono stati riservati in quasi tutti i campi della Liga (“tossico” il più carino); mai ha rilasciato dichiarazioni polemiche nei confronti del club e dell'allenatore di turno, neppure quando ha perso lo status di titolare inamovibile. Per lui hanno sempre parlato i fatti, attraverso i quali ha mostrato di essere un uomo, prima che un capitano, davvero straordinario, il principale punto di riferimento dello spogliatoio negli ultimi anni.
Inutile dire che ci mancherà. Quando un pezzo di storia come Carlos Gurpegi se ne va, ogni innamorato della zurigorri perde un po’ di cuore. Diventerà un dirigente, forse un allenatore. Con quel carisma sarebbe il minimo. Vederlo in giacca e cravatta dirigere undici leoni dalla panchina di casa del San Mamés, invece, sarebbe davvero il massimo.

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