giovedì 26 maggio 2011

Presentato Ander Herrera.


Ander Herrera con la sua nuova maglia (foto Athletic-club.net).

Il campionato si è chiuso solo pochi giorni fa, ma l’Athletic ha già presentato, nella serata di ieri, quello che senza dubbio sarà il fiore all’occhiello della campagna acquisti 2011: Ander Herrera. Come da accordo con il Saragozza (cui sono stati versati 8,5 milioni che potrebbero diventare più di 10 a seconda delle prestazioni del giocatore, non proprio bruscolini), una volta che il club aragonese ha concluso la sua Liga, ottenendo peraltro la salvezza all’ultimo turno, il 22enne centrocampista si è immediatamente trasferito a Bilbao, dov’è nato ma dove non ha mai giocato; il padre, infatti, chiuse la sua carriera da giocatore a Saragozza diventando poi dirigente della società, e fu lì che suo figlio mosse i primi passi nel mondo del calcio. Parlando dell’acquisto in sé, chi frequenta questo blog sa già che a suo tempo l’operazione non mi ha trovato assolutamente d’accordo, vuoi per il costo, vuoi soprattutto perché l’Athletic è un club di cantera, e va da sé che acquistare altrove un calciatore toglie spazi importanti a chi si è formato nelle giovanili (in questo caso a Iturraspe e forse anche a Ruiz de Galarreta, classe ’93 di cui si dice un gran bene). Ora che l’affare è stato fatto da tempo e che Herrera è stato presentato, però, è inutile intavolare ragionamenti più o meno interessanti sulla filosofia dell’Athletic; credo sia più proficuo soffermarsi sulle caratteristiche tecniche di Ander e capire coma potrà inserirsi nel gioco biancorosso e cosa potrà dare in termini di valore aggiunto. Innanzi tutto, sgombriamo il campo da eventuali dubbi sulla bravura del giocatore: Herrera è un progetto di campione, pochi scherzi, e starà al prossimo allenatore dei Leoni farlo sbocciare in maniera definitiva. Dal punto di vista tattico, l’ex numero 8 del Saragozza è elemento versatile e capace di ricoprire più ruoli: esterno destro (di quelli portati ad accentrarsi più che a cercare il fondo), mezzala, trequartista centrale (il suo ruolo naturale) e, da quest’anno, anche regista in un classico doble pivote con un mastino a scortarlo. Non sapendo quale sarà il destino di Caparros è difficile dire come verrà impiegato Ander, tuttavia a Bilbao non si gioca con un “10” dietro le punte dai tempi dello Yeste di Valverde, per cui si può tranquillamente ipotizzare che il ragazzo verrà impiegato prevalentemente come centrocampista puro. L’ipotetica coppia che andrebbe a formare in tal caso con Javi Martinez, inutile dirlo, è intrigante come poche, in potenza una delle migliori della Liga e senza dubbio la più forte dai tempi di Gurpegi-Orbaiz pre-squalifica di Carlos e pre-infortunio al ginocchio di Pablo. Più volte ho sottolineato come Javi Martinez sia un calciatore con caratteristiche uniche nel panorama spagnolo, che però non comprendono la capacità di organizzare la manovra come un regista; il navarro ha una buona tecnica e sa come velocizzare l’azione giocando a uno-due tocchi, però non ha nelle corde i lanci di 30 metri, non sa vedere i buchi nelle difese avversarie e fatica a trovare i passaggi necessari a scardinare squadre bloccate. Herrera, al contrario, possiede un controllo di palla e una visione di gioco straordinari, oltre alla naturale predisposizione alla triangolazione con i compagni e alla ricerca del dialogo rasoterra: proprio il centrocampista che manca all’Athletic, dunque. Ciò che gli manca fisicamente e a livello di attitudine difensiva potrebbe facilmente essere compensato dall’esplosività e dalla facilità di corsa di Javi Martinez, e a questo punto vi lascio immaginare cosa potrebbe combinare un duo del genere. Se poi Caparros (o chi siederà al suo posto) decidesse di optare per uno schema con Gurpegi e JM nel mezzo e Ander nella sua posizione preferita, qualche metro più avanti, il discorso potrebbe farsi se possibile ancor più interessante; con Jokin penso che una strada del genere sia pura fantascienza, eventualmente vedremo cosa deciderà un altro allenatore nel caso in cui l’utrerano non dovesse essere confermato. Insomma, pur non approvando per una questione di filosofia l’acquisto di Herrera, credo che dal punto di vista squisitamente tecnico-tattico Ibaigane abbia messo a segno un colpaccio clamoroso, specie considerando che, allo stato attuale delle cose, sembra che le uniche due squadre in grado di comprare giocatori sopra la media siano Barcellona e Madrid. Che un prospetto di valore assoluto come Ander abbia scelto Bilbao rappresenta un fatto più unico che raro, dovuto con tutta probabilità a tre fattori: la pressione del padre, tifoso biancorosso e il cui sogno da calciatore, ahilui irrealizzato, era quello di giocare con la maglia zurigorri; l’opera di convincimento di alcuni compagni di under 21 (Javi Martinez, San José, Muniain), che senza dubbio gli avranno parlato delle rinnovate ambizioni della società; la semplice constatazione che in un club di primissima fascia imporsi non è facile per uno della sua età (vedasi quanto successo a Canales a Madrid), mentre giocare nell’Athletic significa potersi assumere delle responsabilità in un ambiente che comunque non richiede la vittoria di un trofeo come unico metro di paragone per valutare una stagione (e quindi mette meno pressione). Francamente non penso che Herrera abbia scelto i Leoni per diventarne una bandiera, ma che abbia ritenuto di potersi ritagliare un ruolo di primo piano in una squadra che comunque è in Europa (e tra le prime sei nella Liga) per poi spiccare il volo, anche perché l’attuale selezionatore della nazionale, Del Bosque, ha mostrato di non avere i pregiudizi del suo predecessore in materia di calciatori dell’Athletic. Vedremo, intanto ongi etorri, Ander!

Situazione mister: Urrutia, che sarà probabilmente l’unica alternativa seria a Macua, secondo Marca sta scandagliando il mercato internazionale per individuare l’allenatore col cui nome si presenterà alle prossime elezioni. In mezzo alle classiche sparate nel puro stile del quotidiano iberico (tra le altre, Villas Boas – fra un po’ verrà fuori che lo vuole pure il Pizzighettone -, Rijkaard e addirittura Van Gaal!), c’è un tecnico che vedrei benissimo nel Botxo e che avevo citato in un commento di qualche tempo fa: Didier Deshamps. Basco francese, l’ex capitano della Juventus manifestò a fine carriera l’intenzione di chiudere col calcio disputando un’ultima stagione da professionista proprio con l’Athletic, ma la trattativa col Chelsea saltò e lui si accasò al Valencia. A fine stagione Deshamps abbandonerà al 99% la panchina del Marsiglia e sarà disponibile, io sinceramente lo vedrei benissimo, per carattere e idea di calcio, sulla nostra panchina. E voi?

martedì 24 maggio 2011

38a giornata: Racing 1-2 Athletic.


La gioia biancorossa a fine partita (foto Athletic-club.net).

Racing Santander: Toño; Pinillos (55' Kennedy), Torrejón, Henrique, Christian; Francis, Tziolis, Lacen, Munitis (77' Cisma); Giovani, Rosenberg (69' Bolado).
Athletic Club: Iraizoz; Iraola, Ekiza, Amorebieta, Castillo; David López (89' Gurpegui), Orbaiz, Javi Martínez, Muniain (84' Gabilondo); Toquero (74' Ibai Gómez), Llorente.
Reti: 20' David López, 21' Llorente, 88' Kennedy.
Arbitro: Alfonso Álvarez Izquierdo (comité catalán).
Note: espulso al 73' Francis (R) per doppia ammonizione.

Signore e signori, siamo in UEFA, e dalla porta principale! Con la vittoria di ieri al Sardinero, infatti, l’Athletic ha ottenuto la certezza del sesto posto e ha così evitato il turno preliminare che toccherà all’Atletico Madrid, giunto settimo a causa della classifica avulsa. Non è stata una bella partita dei Leoni, bravi però a capitalizzare al massimo le occasioni create e a sfruttare la vena di un Llorente versione trascinatore; segnando ieri, il numero 9 ha concluso la stagione a quota 18 reti in 38 partite (totale stagionale 19 in 41), numeri che non si vedevano dai tempi del miglior Urzaiz. A Nando sono bastati due lampi nel giro di un solo minuto per decidere la partita: al 19’ si è guadagnato una punizione dal limite poi trasformata dal destro di David Lopez, sempre più somigliante – con la dovuta distanza, s’intende – al Beckham ultima maniera, quindi ha segnato al 20’ sfruttando una bella verticale di Orbaiz e un errore di Henrique. Il Racing fino a quel momento aveva letteralmente dominato e ha subito il colpo, abbattendosi ancor di più quando Iraizoz ha salvato due volte, al 33’ e al 35’, sull’ex attaccante del Werder Brema Rosenberg, presentatosi in entrambi i casi solo davanti al portiere navarro. La ripresa è stata giocata in controllo da parte dei biancorossi, specie dopo il rosso rimediato al 73' da Francis per doppia ammonizione; il gol di Kennedy a due minuti dal termine teoricamente avrebbe potuto accendere il finale di gara, tuttavia i padroni di casa non ne avevano abbastanza per mettere seriamente in pericolo la porta altrui. Vincendo nella sempre difficile trasferta in terra cantabrica l’Athletic ha così respinto l’assalto dell’Atletico Madrid e ha reso inutile la vittoria dei colchoneros a Maiorca, ottenendo un sesto posto che rappresenta il miglior risultato di Caparros nel suo quadriennio alla guida della squadra. Come valutare la stagione degli zurigorri? Positivamente, senza dubbio, anche se tutti i dubbi espressi nel post precedente dedicato interamente a Jokin restano. In tutta sincerità, credo che il ciclo dell’allenatore di Utrera debba finire qui perché questo risultato è il massimo che il tecnico potrà mai ottenere a Bilbao. Caparros è storicamente un tecnico bravissimo a ricostruire, a far rendere al massimo rose anche poco competitive (salvò un Depor forse peggiore di quello che è retrocesso quest’anno), a creare le condizioni migliori per proiettare una squadra al vertice. Il problema nasce quando va fatto l’ultimo salto di qualità, il passo decisivo per abbandonare la condizione “vorrei ma non posso” e diventare grandi una volta per tutte, raggiungendo davvero quel vertice e non mollandolo alle prime difficoltà. Esemplificativa, in tal senso, la sua esperienza a Siviglia: ricostruì l’ambiente, lanciò alcuni giovani di belle speranze che sarebbero poi diventati grandissimi giocatori, insomma gettò le fondamenta di quello che sarebbe diventato il Siviglia vincitore di titoli in serie, in patria e in Europa. Quando gli andalusi alzarono la UEFA, però, a guidarli c’era Juande Ramos, che raccolse i frutti del lavoro di Caparros e li valorizzò al meglio. Insomma, per farla breve Jokin sembra essere un allenatore di medio cabotaggio, bravo in determinate situazioni ma non spendibile in contesti più ambiziosi, soprattutto perché la sua idea iper-conservativa di calcio mal si sposa con le esigenze di chi gioca per le prime posizioni della classifica o per arrivare in fondo a determinate competizioni; poi si sa che alla fine vince solo una squadra, ma gli atteggiamenti tra chi accoglie un sesto posto come un risultato fantasmagorico e chi lotta fino all’ultima giornata per arrivare almeno quarto sono diversi, eccome. Ora che la stagione è conclusa tutta l’attenzione si concentrerà sulle elezioni presidenziali piuttosto che sul mercato, visto che sarà molto differente a seconda di chi verrà eletto; anche qui cercherò di dare conto dei programmi dei candidati, non appena si presenteranno ufficialmente, e del futuro che si prospetta per il nostro amato club. Spero di non dover scrivere niente su una o più cessioni eccellenti, anche se le voci di una possibile partenza di Llorente o Javi Martinez (o addirittura entrambi) sono tornate a farsi sentire con insistenza.

martedì 17 maggio 2011

Caparros sì o no?


Joaquin Caparros (foto Zimbio.com).

Poco da dire sulle ultime due partite di Liga che non ho commentato. Martedì con il Depor l'Athletic ha restituito il favore-salvezza che i galiziani ci fecero nel 2006, quando il 2-1 ottenuto in trasferta al Riazor alla penultima giornata permise ai Leoni, allora guidati da Clemente, di ottenere la permanenza in Primera al termine di una stagione davvero travagliata. Stavolta erano i biancazzurri a dover ottenere i tre punti per portarsi in una zona di classifica più tranquilla, e va detto che i bilbaini hanno quantomeno giocato sottoritmo dopo essere passati subito in vantaggio, specie nella ripresa. L'autorete di Castillo ha sancito il 2-1 per i padroni di casa e la loro quasi certa salvezza. Ieri al San Mamés è andato in scena il più classico dei pareggi che accontentano tutti: il Malaga con il punto ottenuto si è salvato matematicamente, mentre l’Athletic ha ottenuto la certezza della qualificazione UEFA, la 25a della storia zurigorri. La partita è stata viva fino all’1-1 di David Lopez su rigore (se non avete visto l’azione fatelo subito: prima il riojano ha calciato sulla traversa un penalty concesso per fallo di Demichelis su Llorente, quindi ha insaccato un secondo rigore causato dal “mani” di Eliseu sulla respinta del legno!), dopodiché le squadre hanno smesso di giocare, meritandosi i fischi di un San Mamés poco incline ad accettare certe sceneggiate. I Leoni bene o male hanno fatto il loro dovere, ora gli resta solo da vincere l’ultima di campionato per evitare un turno di qualificazione ai gironi UEFA in più.
Dato che non trovo nient'altro da aggiungere sulle partite, ne approfitto per postare il pezzo su Caparros che avevo preannunciato nei giorni scorsi. Nient'altro che l'elenco (spero il più obiettivo possibile) sui motivi per cui tenerlo e su quelli per cui salutarsi a fine stagione. Voi da che parte state?


Perché tenerlo:
1. Ha preso la squadra dopo un biennio orribile, nel quale venne sfiorata per due volte consecutive la retrocessione (l’anno prima, quello di Sarriugarte-Mané, la salvezza venne ottenuta solo all’ultima giornata), e le ha dato un’innegabile continuità di risultati, tenendola sempre lontana dalle zone pericolose della classifica.
2. Sotto la sua direzione la difesa ha smesso di essere il principale tallone d’Achille dell’Athletic. Non dimentichiamo che, prima dell’arrivo dell’utrerano, il reparto arretrato biancorosso era il più battuto della Liga nel nuovo millennio, mentre adesso si è stabilizzato ad un discreto livello di rendimento, fortunatamente lontano da quello delle difese più battute del torneo. In particolare, il primo anno di Caparros fu il migliore dal punto di vista del rendimento del reparto arretrato, con pochi gol incassati e una ritrovata sicurezza che si percepiva chiaramente durante le partite; tale situazione è andata scemando nel corso delle stagioni, tuttavia è innegabile che i Leoni non siano più i colabrodi di qualche tempo fa.
3. Ci ha riportato in Europa dopo cinque anni di lontananza (quattro se si considera l’irrisoria partecipazione all’Intertoto con Mendilibar, finita subito con l’eliminazione al primo turno). La campagna in Coppa UEFA fu peraltro positiva fino al doppio confronto agli ottavi con l’Anderlecht, giocato male e conclusosi con una scoppola memorabile subita a Bruxelles. Non dimentichiamo inoltre che l’anno scorso siamo stati in corsa fino a poche giornate dalla fine del campionato per la qualificazione in Champion’s League, traguardo che manca dal 1998.
4. Nel 2009 ha guidato i Leoni alla prima finale di Coppa del Re dopo un digiuno infinito, lungo ben 24 anni (l’ultima era stata Athletic-Atletico Madrid 1-2 del 1985). Il cammino in quell’edizione di Copa non fu clamoroso (prima della semifinale con Siviglia i biancorossi eliminarono Recreativo di Huelva, Osasuna e Sporting Gijon), tuttavia resta innegabile la grande impresa compiuta dal mister e dai suoi giocatori. La finale contro il Barcellona fu giocata bene per mezz’ora, poi i blaugrana rimontarono il gol iniziale di Toquero e a quel punto si notarono tutte le lacune della squadra in fase di proposizione del gioco. L’impresa però, come detto, resta.
5. Ha lanciato in prima squadra molti giovani del vivaio, non tutti confermatisi ad alti livelli ma in generale utili alla causa della prima squadra. Su tutti spiccano i nomi di Susaeta, Iturraspe e soprattutto Muniain.
6. Ha incoraggiato la politica di monitoraggio delle squadre minori basche al fine di ingaggiare quei famosi “talenti di provincia” non ancora esplosi oppure finiti, per un motivo o per un altro, a calcare i palcoscenici meno prestigiosi del futbol iberico. Una politica che ha pagato, portando agli ingaggi di due colonne della prima squadra come Koikili e Toquero e a quelli di alcune giovani promesse come De Marcos, Igor Martinez e Urko Vera.
7. Ha dato un impianto di gioco riconoscibile alla squadra (4-4-2 verticale che privilegia le fasce e gli inserimenti sulle seconde palle) e innegabilmente ha mostrato momenti di buon calcio, soprattutto quest’anno.

Perché non tenerlo:
1. La scarsa qualità del gioco è senza dubbio uno dei più grandi crucci dei tifosi biancorossi da quando Caparros siede sulla panchina dell’Athletic. Difficoltà nel manovrare rasoterra, nessuna ricerca della superiorità nel possesso palla, scarsa attenzione all’elaborazione dell’azione offensiva attraverso il coinvolgimento di più di 3-4 giocatori: tutto ciò porta ad avere un gioco sì verticale e diretto, ma anche maledettamente facile da leggere e poco attraente dal punto di vista estetico. Diciamoci la verità: tante, troppe volte le partite dei Leoni sono state uno strazio e hanno rappresentato un inno all’anti-calcio più spinto. Qualcosa di meglio si è avuto in questa stagione, almeno fino a metà campionato: troppo poco, però, per dimenticare le decine di pomeriggi trascorsi a vedere pallonate dalla difesa per la testa di Llorente, e stop.
2. Considerando la qualità complessiva della rosa, che può contare su tre nazionali maggiori (di cui due campioni del Mondo) e uno svariato numero di nazionali under 21 o minori, risulta chiaro che la sfilza di posizioni di metà tabellone messa insieme dall’Athletic sotto la guida di Caparros non rappresenta un traguardo così lusinghiero. Nel contesto di una Liga impoveritasi anno dopo anno nella sua classe media (basti pensare al ridimensionamento notevole di realtà quali Siviglia, Valencia e Atletico Madrid, per tacere del Depor o delle retrocesse “di lusso” Celta Vigo, Betis e Real Sociedad), essere arrivati solo due volte sopra il decimo posto non mi pare un grandissimo risultato. Si poteva fare di più, senza dubbio.
3. Analizzare nello specifico le varie stagioni biancorosse significa salire sulle montagne russe, paragone che spesso ho proposto nei miei commenti. E d’altra parte è proprio l’alternanza tra vittorie e sconfitte, tra buone prestazioni e partite inguardabili a costituire uno dei tratti principali della gestione di Caparros. Quante volte ci siamo esaltati per una serie di belle vittorie per poi sprofondare nell’incertezza causata da una serie di risultati negativi? A ben guardare, è stata proprio questa mancanza di continuità nel corso di una singola stagione a negarci piazzamenti finali migliori di quelli poi ottenuti. Un esempio perfetto di ciò si è avuto in questa temporada, con la serie di quattro vittorie consecutive (record della stagione 1997/98 eguagliato) vanificata dalle pessime prestazioni nelle gare successive. Con un po’ più di continuità, la zona Champion’s adesso sarebbe molto più vicina.
4. Un altro aspetto che su questo blog è stato più volte sottolineato è l’atteggiamento troppo rinunciatario assunto dalla squadra in determinate partite, soprattutto in trasferta. La “prudenza” di Caparros ci avrà anche evitato le figuracce del biennio precedente al suo insediamento, tuttavia credo che i punti persi a causa dell’eccessivo difensivismo siano molti di più di quelli guadagnati grazie ad esso. Difficile dimenticare le barricate innalzate dalla squadra innumerevoli volte dopo essere passata in vantaggio, e che solo in rari casi hanno resistito (mi viene in mente l’1-0 al San Mamés contro il Madrid, gol dopo 2’ e poi 88 minuti di assalti merengues respinti in qualche modo). Spesso ho pensato che un club come l’Athletic avrebbe dovuto affrontare certi incontri in ben altro modo, e credo proprio di non essere stato il solo a farlo.
5. Uno dei meriti riconosciuti spesso e volentieri a Jokin è la valorizzazione del settore giovanile, ma è tutt’oro quel che luccica? In realtà, non è difficile notare che la percentuale di giovani “made in Lezama” fatti esordire in Primera dal tecnico di Utrera non è così elevata… ma soprattutto, sono davvero pochi quei canterani che, dopo aver esordito, sono riusciti a conservare una maglia della prima squadra nelle stagioni successive.
6. Ha avallato la discutibile politica societaria degli acquisti da altri club. In campagna elettorale (e sulla scorta di due stagioni pessime prima delle elezioni), Macua promise di rafforzare la squadra con innesti esterni, e infatti arrivarono David Lopez, Cuellar, Munoz e compagnia; da allora, ogni anno sono stati acquistati diversi calciatori, spesso neppure troppo validi, e in tal modo si sono tolti spazi importanti ai giovani del vivaio. Peraltro molti dei soldi spesi potevano essere risparmiati, visto che sono stati spesso investiti in calciatori poco o mai utilizzati; per quale motivo, dunque, l’allenatore ha sempre approvato operazioni del genere per poi non sfruttare minimamente la maggior parte delle nuove risorse fornitegli dalla società?
7. La sua gestione della rosa è stata quantomeno discutibile. E non si parla solo dei nuovi arrivi (anche se sarebbe bello avere una spiegazione dei casi di Cuellar, Munoz, Inigo Velez, Del Olmo e Diaz de Cerio, presi per non giocare mai), ma anche di alcuni senatori accantonati senza tanti problemi. Incredibile in tal senso il caso di Gurpegi: osannato dall’allenatore al rientro dopo la squalifica (le parole esatte di Caparros furono: è Carlos il nostro più grande acquisto), per un anno ha giocato poco e sovente fuori ruolo, dopodiché ha fatto la voce grossa, minacciando di andarsene nel caso in cui l’ostracismo verso di lui non fosse finito, e magicamente è ritornato titolare (ora è quasi indispensabile). Sorte che non è toccata a Ustaritz, mai inserito seriamente nel giro dei titolari, mentre ad Amorebieta è andata meglio: dopo l’infortunio di quest’anno ha fatto quasi un mese tra panchina e tribuna, poi il calo verticale di San José ha consigliato al mister di ripescarlo in tutta fretta.
8. È fossilizzato su un 11 base che non cambia praticamente mai e sembra non conoscere il significato della parola “turnover”, a prescindere dal numero di competizioni su cui la squadra deve competere. Gente come Iraola, Javi Martinez e Llorente è costretta a giocare anche se non si regge in piedi (come si è visto benissimo quest’anno), mentre ci sono elementi potenzialmente freschi che fanno la muffa in panchina.
9. In questi quattro anni Jokin ha mostrato spesso poca reattività in panchina: raramente ha effettuato cambi decisivi e pochissime volte ha cambiato lo schieramento della squadra in corso d’opera per fare bottino pieno.
10. La dedizione con cui propone il 4-4-2 come unico schema di riferimento è proverbiale, tanto da meritarsi un coro scherzoso ma non troppo (“Ca-par-ros, cuatro cuatro dos!”). Sacrificare uomini di talento (uno su tutti Yeste, costretto a giocare in mille ruoli diversi tranne il suo) sull’altare di uno schema immutabile non mi è mai sembrato un segno di particolare perizia tattica.
11. Ai tempi di Valverde ce la giocavamo con tutti, Barcellona e Real Madrid compresi: chi si è scordato dell’1-1 al San Mamés con i blaugrana di Rijkaard (partita eccezionale) o del 2-0 ottenuto al Bernabeu? Nonostante qualche vittoria prestigiosa, su tutte il già citato 1-0 al San Mamés con le merengues, solo in rarissimi casi l’Athletic di Caparros ha dato l’impressione di potersela davvero giocare con le squadre migliori della Liga. Mancanza non da poco per un club della storia e del prestigio di quello basco.

martedì 10 maggio 2011

35a giornata: Athletic 3-2 Levante.


L'esultanza di Toquero dopo il gol del'1-0 (foto Athletic-club.net).

Athletic Club: Iraizoz; Iraola, San José, Ekiza, Castillo; David López, Orbaiz (50' Gurpegui), Javi Martínez, Muniain (65' Gabilondo); Toquero, Llorente (77' Urko Vera).
Levante: Munúa; Javi Venta, Ballesteros, Nano, Juanfran; Xavi Torres, Iborra (72' Pallardó); Xisco Nadal, Rubén Suárez (55' Jefferson Montero), Valdo; Caicedo (62' Stuani).
Reti: 30' Toquero, 47' David López (rig.), 62' Llorente, 76' Stuani, 85' Nano.
Arbitro: Ramírez Domínguez (Comité andaluz).

Che sia la volta buona? Approfittando della giornata estremamente positiva per i risultati sugli altri campi (sconfitte interne di Siviglia e Atletico Madrid, preventivata sconfitta dell'Espanyol nel derby catalano), l'Athletic ha fatto un balzo forse decisivo verso la qualificazione alla prossima Coppa UEFA; ai Leoni, infatti, basterà vincere mercoledì al Riazor col Depor per assicurarsi matematicamente il settimo posto, l'ultimo utile in chiave europea. I biancorossi dovevavno vincere con il Levante e l'hanno fatto, pur rischiando troppo negli ultimi minuti: in vantaggio per 3-0 dopo poco più di un'ora di gioco, hanno incassato due reti evitabilissime nel finale e hanno dovuto stringere i denti per strappare ai valenciani i sospirati tre punti. Missione compiuta, dunque, e bisogna riconoscere che c'è una certa soddisfazione nel constatare come siano lontani i tempi bui dell'ultima partita che avevamo disputato al San Mamés contro il Levante: nel 2007 ci giocammo la salvezza all'ultima giornata, tirando un sospiro di sollievo dopo il 2-0 conclusivo (e su quella partita fu anche aperta un'inchiesta, poi archiviata), mentre stavolta avevamo l'Europa nel mirino. Poco da dire sulla gara: atteggiamento giusto fin dall'inizio e gol meritato al 30' per i padroni di casa (assist da leccarsi i baffi di Muniain per Toquero e tunnel al portiere in uscita), anche se la squadra di Luis Garcia ha dato battaglia e si è dimostrata in un buon momento. Le reti nella ripresa di David Lopez su un rigore alquanto fiscale e di Llorente, che prima aveva fallito un paio di occasioni clamorose, sembravano aver chiuso la partita, ma la rete di Stuani a finalizzare un gran contropiede levantino ha riaperto i giochi. Nano ha poi segnato il 3-2 in mischia e per l'Athletic ci sono stati 5 minuti di passione fino al fischio finale, che per fortuna è arrivato con i Leoni ancora avanti. Da sottolineare la gran prova di Toquero, autore di un gol e di un assist, e la brillante prestazione di Muniain. Adesso manca davvero poco, speriamo che i nostri ragazzi riescano a chiudere il discorso europeo al più presto.

mercoledì 4 maggio 2011

34a giornata: Espanyol 2-1 Athletic.


Iturraspe in azione, da notare la nuova maglia da trasferta (foto As.com).

RCD Espanyol: Kameni; Galán, Amat, Raúl Rodríguez, Chica; Verdú (90' David López), Javi Márquez (75' Rui Fonte); Luis García (75' Isaías), Iván Alonso, Callejón; Osvaldo.
Athletic Club: Iraizoz; Iraola, Ekiza, Amorebieta, Castillo; Gurpegi, Javi Martínez; Susaeta, Iturraspe (46' Llorente), Muniaín (65' Ustaritz); Toquero (58' Orbaiz).
Reti: 34' Osvaldo, 42' Susaeta, 76' Iván Alonso.
Arbitro: José A. Teixeira Vitienes (comité cántabro).

Siamo alle solite. Ancora una volta Caparros ha scelto di giocare per il pareggio, per quel punticino che avrebbe tenuto l'Espanyol a distanza di sicurezza (-6 a 4 giornate dalla fine del campionato), e puntualmente è tornato a Bilbao con una sconfitta in saccoccia. Sconfitta difficile da digerire e che complica maledettamente la strada verso l'Europa, ma sconfitta del tutto meritata. L'Athletic aveva anche avuto la fortuna di rimettere in carreggiata la partita con uno dei suoi tipici gol estemporanei (nell'occasione, uno splendido calcio piazzato di Markel Susaeta), eppure è riuscito a sprecare tutto con una condotta di gara indecente, letteralmente indegna di una squadra gloriosa come quella biancorossa. A fine stagione si tireranno le somme, ma non capisco come facciano i difensori di Jokin a rimanere fermi nelle loro posizioni dopo prestazioni come quella di Barcellona.
Il mister di Utrera stupisce tutti e fa riposare Llorente proprio nella partita che, in caso di vittoria, potrebe chiudere il discorso UEFA: al posto di Nando c'è Toquero come prima punta, supportato da una linea di trequartisti formata da Susaeta, Iturraspe (fuori ruolo) e Muniain; in difesa viene confermata la coppia Ekiza-Amorebieta, così come Castillo in luogo di Koikili. Ragionamenti sui moduli e sugli uomini a parte, è l'atteggiamento giusto a mancare fin dalle prime battute: i Leoni sono remissivi come gattini e lasciano palla e iniziativa agli avversari, limitandosi a presidiare la propria metà campo e a lanciare lungo per Toquero, purtroppo inadeguato da centravanti unico. L'Espanyol sfiora la rete in un paio di occasioni (clamorosa una parata di Iraizoz su Ivan Alonso, presentatosi solo davanti al portiere navarro), quindi al 34' raccoglie i frutti della pressione continua segnando con Osvaldo in sospetta posizione di fuorigioco. I biancorossi, presentatosi in campo con la nuova maglia verde da trasferta, non si danno una mossa nemmeno dopo lo svantaggio: il pelotazo dalla difesa resta l'opzione privilegiata per portarsi in avanti, e va da sé che in una situazione tattica del genere la presenza di Iturraspe diventa quasi superflua, visto che il giovane centrocampista non ha le caratteristiche fisiche per giocare sulle seconde palle come fa Toquero quando agisce in coppia con Llorente. Al 42', però, i bilbaini vanno in gol al primo tiro in porta. Il merito è tutto di Susaeta, che batte alla perfezione un calcio di punizione dal limite e insacca la sua prima rete stagionale. In chiusura di tempo ai padroni di casa non viene poi assegnato un rigore solare per fallo di Iraizoz, uscito malissimo, su Ivan Alonso. Vedendo Llorente in campo a inizio ripresa si ha la speranza che Caparros abbia deciso di cambiare qualcosa nel gioco dei suoi, invece il copione resta immutato nonostante il passaggio al 4-4-2. Addirittura l'allenatore supera sé stesso con due cambi che sarebbe eufemistico definire trapattoniani: Orbaiz per Toquero al 58' (con Susaeta avanzato a seconda punta) e Ustaritz per Muniain (!) al 65', mossa che comporta l'adozione di una difesa a 5 mai vista in precedenza. Una roba del genere non può che essere punita dagli dei del calcio, e giustamente al 75' Ivan Alonso la butta dentro su assist di Osvaldo, penetrato in area (ironia del destino) proprio dalla parte del neo-entrato Ustaritz. Una volta sotto l'Athletic si sveglia e negli ultimi 10 minuti spaventa Kameni con un tiro di Gurpegi e un paio di mischioni furibondi in area, senza però trovare il fondamentale gol del 2-2.
E così siamo di nuovo a commentare una sconfitta derivata da un'attitudine non difensivistica, termine che non mi dispiace e che può essere associato a un calcio di grande qualità, ma rinunciataria ad ogni livello. Come si possa pretendere di non uscire sconfitti quando si tira in porta due volte in tutto il match e, cosa più grave, si lascia l'iniziativa nelle mani avversarie per 80 minuti filati è cosa aldilà della mia comprensione. Caparros ci aveva illuso fino a metà stagione, mostrando un'idea di gioco semplice, piacevole ed efficace, tuttavia adesso è tornato quello di sempre. E' troppo sperare che il prossimo anno non sieda più sulla nostra panchina?

giovedì 21 aprile 2011

Aymeric Laporte: futuro Leone?


Aymeric con la maglia biancorossa (foto Sudouest.fr).


E' molto tempo che non parlo di cantera e voglio tornare a farlo postando questo ottimo articolo di Isabella Rubens, curatrice del blog "Ligue 2 e dintorni" (trovate il link a destra), su Aymeric Laporte, giovanissimo difensore basco-francese di cui si dice un gran bene. Ringraziando ancora Isabella per la gentilezza, vi segnalo che potete trovare il post completo (ho dovuto riadattarlo per motivi di spazio) cliccando qui.

In Aquitania e precisamente ad Agen, il 27 maggio 1994 nasce Aymeric Laporte, che il 26 gennaio 2011, quattordici anni dopo l'ultima partita di Lizarazu al San Mamés, esordendo in prima squadra nell'amichevole di Zalla diventa ufficialmente il secondo giocatore non spagnolo ad indossare la gloriosa casacca rojiblanca: destino vuole che come l'illustre predecessore anche lui sia un difensore e anche lui sia mancino. Il ruolo di Aymeric in realtà è un po' differente, trattandosi di un centrale difensivo sinistro adattabile ad esterno. L'Athletic Bilbao sembra credere davvero moltissimo nel potenziale di questo piccolo gigante, sedici anni e otto mesi e già 1.87 di altezza per 75 kg, visto che nel primo contratto da professionista del ragazzo è stata inserita una clausola di rescissione di 18 milioni di euro (clausole del genere vengono inserite nei primi contratti da “pro” dei giovani più promettenti dopo i famosi scippi di San José e Berchiche).
La storia di Laporte inizia nel SU Agen: con la maglia biancoblu del piccolo club amatoriale aquitano Aymeric gioca dai cinque ai quindici anni, fino al giorno in cui affronta una selezione di Bizkaia con un’omologa aquitana; mentre il gruppo si trova ancora sulla via del ritorno, il padre di Laporte riceve la telefonata del presidente dell'Athletic, che gli propone un provino per il figlio in occasione di un torneo. Ad adocchiarlo durante l'amichevole è stato Laurent Strzelczak, ex giocatore ed allenatore delle giovanili dell'Aviron Bayonnais, club basco francese, oggi osservatore per i Leoni.
E così Aymeric rompe gli indugi e il venerdì successivo sale su un treno per Bilbao, dove convince subito tutti. Poiché la nuova normativa UEFA vieta ai club di tesserare un minore di sedici anni se nato in un altro stato, inizialmente continua a fare la spola, allenandosi per tutta la settimana a Bilbao con i ragazzi della cantera per poi tornare in Aquitania e giocare nel fine settimana con gli Under 17 Nazionali dello stesso Aviron Bayonnais, con il quale l'Athletic ha stipulato nel 2008 una convenzione di partenariato.
L'infortunio al ginocchio destro che subisce durante un torneo potrebbe mettere tutto in discussione, ma lo staff medico dell'Athletic riesce a rimettere in piedi il ragazzo senza ricorrere all'intervento chirurgico al menisco e ai legamenti crociati previsto inizialmente ed Aymeric durante il periodo in cui è costretto a star fermo dà prova del carattere forte che sembra contraddistinguerlo.
Negli ultimi tre mesi è impressionante l'accelerazione che subisce la sua carriera, senza dubbio grazie anche al prezioso lavoro svolto nel settore giovanile rojiblanco: dopo due partite con lo Juvenil B, prima di Natale viene convocato per la prima volta nella selezione basca per affrontare una selezione di San Sebastian ad Anoeta e con la maglia verde di Euskadi va subito in gol di testa su corner, confermando la sua pericolosità nell’area avversaria; dopo altre tre partite, arriva anche la prima chiamata della Francia Under 17. L'ottava partita in maglia biancorossa la gioca con lo Juvenil A e la decima è proprio l'amichevole a Zalla. Il tecnico Joaquin Caparros, che lo conosce bene perché Aymeric partecipa ogni martedì ad una seduta specifica della prima squadra per la difesa, lo schiera da titolare nel suo ruolo, centrale difensivo alla sinistra di Ustaritz, ed ottiene da lui quarantacinque minuti ad alto livello: Laporte dimostra la sicurezza di un veterano e non perde un pallone, facendo intravedere il suo spirito da lottatore e le sue qualità di rilancio e permettendosi anche la licenza di venire in avanti palla al piede; nella ripresa non rientrerà in campo e per la cronaca la partita si concluderà sul 3-0 per gli ospiti.
E arriviamo così agli ultimi due mesi e alla firma del contratto dopo una trattativa resa estenuante dall'inserimento di altri club. La sensazione è che Aymeric possa davvero bruciare le tappe, anche perché le premesse sono incoraggianti sia sul piano tecnico che su quello caratteriale.

Isabella Rubens - Ligue 2 e dintorni

martedì 19 aprile 2011

32a giornata: Osasuna 1-2 Athletic.


Muniain esulta davanti ai tifosi dell'Osasuna dopo il gol-vittoria (foto Athletic-club.net).

Osasuna: Ricardo; Nelson, Sergio, Miguel Flaño, Monreal; Puñal, Nekounam; Cejudo (67' Soriano), Pandiani (77' Coro), Camuñas (86' Lekic); Kike Sola.
Athletic Club: Iraizoz; Iraola, Ekiza, Amorebieta, Castillo; Gurpegui (6' David López), Iturraspe, Orbaiz (56' Susaeta), Muniain; Toquero (61' San José), Llorente.
Reti: 51' Kike Sola, 69' Llorente, 90' Muniain.
Arbitro: Paradas Romero (Comité Andaluz).
Note: espulsi al 57' Castillo (A) e all'87' Sergio (O), entrambi per doppia ammonizione.

Grazie a un regalo di Ricardo, portiere dell’Osasuna, l’Athletic ottiene una rimonta insperata e stacca Siviglia e Atletico Madrid nella corsa alla qualificazione UEFA. Non è stato un bel derby, chiariamolo subito: specie nel primo tempo, la partita è stata infatti nervosa e molto contratta, con pochissime occasioni da gol e una ruvidezza nei contrasti che ha ben rappresentato la tensione che attualmente corre nei rapporti tra le due società. Spettacolo migliore nella ripresa, se non altro per l’alternarsi di episodi e per il finale segnato dall’incredibile azione che ha portato al gol di Muniain. Sensazioni contrapposte a fine gara: i Leoni si sono rilanciati d’autorità nel loro sprint europeo, i rojillos invece vedono da molto vicino la zona retrocessione.
Nonostante i magri risultati ottenuti contro il Madrid, Caparros ripropone il centrocampo “muscolare” con Gurpegi a destra e la coppia Orbaiz-Iturraspe (sostituto di Javi Martinez) nel mezzo; in difesa si rivede Amorebieta, che rileva un San José a corto di fiato nelle ultime uscite, mentre non c’è turnover per Llorente, regolarmente al suo posto al centro dell’attacco. Il primo tempo, come già anticipato, è di una noia mortale: l’Osasuna mostra un possesso palla prolungato ma sterile, l’Athletic non riesce mai a passare dal settore centrale della mediana e opta per verticalizzazioni o azioni sulle fasce mai pericolose, soprattutto perché non supportate dal movimento in blocco della squadra; i bilbaini ancora una volta appaiono sulle gambe e non riescono ad accompagnare armoniosamente la manovra offensiva, finendo per attaccare solo tramite palle lunghe o iniziative dei singoli. In questo contesto desolante, l’unico episodio di rilievo è rappresentato dall’infortunio di Gurpegi, costretto a uscire dopo 6 minuti a causa di uno scontro fortuito con Monreal: per Carlos sette punti di sutura alla testa e una visita all’ospedale di Pamplona prima del rientro a Bilbao. Dopo 45’ davvero mosci, senza uno straccio di palla-gol netta, il derby si accende nella ripresa, e gli eventi sembrano spingerlo verso i navarri. I padroni di casa prima passano in vantaggio al 51’ con una girata in mischia di Kike Sola, prodotto della cantera di Lezama, quindi si ritrovano in superiorità numerica a causa del rosso per doppia ammonizione di Castillo, probabilmente il giocatore più espulso della Liga in rapporto ai minuti giocati (anche se va detto che il secondo giallo è inesistente, Nelson si tuffa e l’arbitro abbocca). Il palo colpito da un cross di Camuñas legittima il vantaggio dell’Osasuna e non lascia molte speranze per l’ultima mezz’ora ai biancorossi, che però trovano risorse inaspettate e iniziano a giocare a calcio proprio nel loro momento di maggior difficoltà. Vuoi per un certo rilassamento dei navarri, vuoi per la rabbia seguita allo svantaggio, l’Athletic sale di tono: i bilbaini tengono di più la palla a terra e cercano maggiormente la regia di Iturraspe, molto cresciuto rispetto al primo tempo, che smista velocemente il pallone cercando la verticalità di David Lopez e Susaeta, entrato al posto di Orbaiz (con Muniain a transitare con ampia libertà di movimento nella terra di nessuno tra Llorente e il centrocampo). Ed è sull’asse Itu-Lopez che si sviluppa l’azione dell’1-1: il biscaglino apre sulla destra, l’ex rojillo mette dentro un gran cross e Llorente, alla prima assistenza decente, si smarca benissimo e colpisce alla perfezione di testa. Il pareggio è un risultato che va bene a tutti, sia ai Leoni, in 10 e piuttosto stanchi, sia all’Osasuna, alla ricerca di punti buoni per tenere lontano il terzultimo posto; le squadre si accontentano e non forzano granché in avanti, ma al 90’ Ricardo decide di fare un regalo agli avversari uscendo senza motivo su un lancio lungo per Muniain e scontrandosi con Nelson, peraltro in anticipo: Iker deve solo prendere la mira e insaccare a porta vuota con un destro liftato dalla distanza.
Finisce dunque 2-1 per l’Athletic un derby brutto e mal giocato da entrambe le formazioni, apparse sottotono e con pochi elementi nelle giuste condizioni per incidere. Non mi piace ripetere concetti già espressi nelle scorse settimane, tuttavia devo tornare a scrivere che i bilbaini mi sembrano “cotti”, anche se possono contare su alcune individualità in grado di risolvere partite contro rivali non trascendentali. Domenica prossima altro derby, stavolta contro la Real Sociedad; nell’undici iniziale ci saranno giocoforza molte novità, visto che Iraizoz, Muniain, Castillo e Iturraspe saranno squalificati, ma per i Leoni l’obiettivo non cambia: vincere (c’è anche la brutta sconfitta dell’andata da riscattare) e proseguire la corsa verso l’Europa.

martedì 12 aprile 2011

31a giornata: Athletic 0-3 Real Madrid.


Kakà batte Iraizoz dal dischetto e segna il suo primo gol (foto Athletic-club.net).

Athletic Club: Iraizoz; Iraola, San José, Ekiza, Castillo; Gurpegui (46' David López), Orbaiz, Javi Martínez (61' Iturraspe), Muniain; Toquero (78' Gabilondo), Llorente.
Real Madrid: Casillas; Sergio Ramos, Albiol, Garay (77' Carvalho), Arbeloa; Pepe, Lass, Granero; Kaká, Di María (66' Xabi Alonso); Higuaín (61' Cristiano Ronaldo).
Reti: 13' e 53' Kaká (rig.), 69' Cristiano Ronaldo.
Arbitro: Clos Gómez (colegio aragonés).

E’ più difficile commentare uno 0-3 di fronte agli arci-rivali del Madrid o provare a dare una spiegazione al calo verticale dell’Athletic negli ultimi due mesi? Tra queste due opzioni opterei per la prima, senza dubbio. E non solo a causa del mio cuore tifoso, che mi rende amarissimo il boccone inghiottito sabato pomeriggio, ma anche perché le ragioni delle prestazioni deficitarie offerte dalla squadra biancorossa dopo l’illusoria serie di quattro vittorie consecutive mi sembrano del tutto palesi. Un allenatore ripiombato nei dubbi e nelle contraddizioni tattiche che pareva essersi lasciato alle spalle; una condizione fisica pessima, con molti giocatori bolliti o quasi; una mancanza di carattere, di mentalità vincente, di attitudine pugnace nelle partite che contano sotto gli occhi di tutti. Dal mix di questi tre fattori nasce, secondo me, lo scadimento del gioco dei Leoni e il conseguente precipitare in classifica, col vantaggio sulle inseguitrici praticamente azzerato. La partita contro un Real Madrid imbottito di riserve e con la testa lontanissima dalla Liga è stata impietosa nel mostrare tutti i difetti dei bilbaini in soli 90 minuti, e serve a poco prendersela con l’arbitraggio pro-merengues o con gli errori dei singoli, che pure ci sono stati: l’Athletic è alla canna del gas e servirà un mezzo miracolo per strappare una qualificazione UEFA che solo poche giornate fa era vicinissima.
Caparros conferma la squadra vittoriosa sul campo dell’Almeria, riproponendo dunque Gurpegi sulla destra con Orbaiz in cabina di regia; in difesa resta intoccabile la coppia San José-Ekiza, mentre a sinistra si rivede Castillo. Come detto, il Madrid presenta invece un undici modello squadra B: in panchina, infatti, si accomodano Cristiano Ronaldo, Marcelo, Adebayor, Ricardo Carvalho,Ozil e Xabi Alonso, insomma non proprio gli ultimi venuti. Fin dalle battute iniziali i Leoni si mostrano molto meno freschi dei loro rivali storici, cui le riserve danno il giusto apporto di brillantezza atletica; Gurpegi, il più in palla dei centrocampisti, è isolato sulla fascia, quando al centro Orbaiz non ha più il passo per giocare a ritmi alti e Javi Martinez necessita visibilmente di una pausa. Mourinho con grande intelligenza sceglie di lasciare il possesso palla agli avversari, protegge la difesa con Pepe in posizione di mediano e imposta una partita basata sulle ripartenze rapide una volta riconquistato il pallone, cosa che avviene spesso a causa della lentezza della manovra basca e del confronto impietoso tra le due linee di centrocampo. La difesa zurigorri si trova dunque scoperta in molte occasioni e i tagli di Di Maria e Kakà prendono d’infilata i due centrali, esposti a delle brutte figure negli uno contro uno. L’azione del primo gol madridista è emblematica di quanto appena illustrato: Iraola sale ma l’Athletic perde palla, Di Maria viene immediatamente servito nello spazio lasciato vuoto dal terzino e con la sua velocità punta verso la porta tagliando fuori San José, poi è innegabile che Iraizoz sbagli come un principiante nell’uscire (l’argentino infatti era ancora in posizione troppo laterale per far male) e nel commettere un fallo evitabile in piena area. Rigore netto e Kakà non sbaglia. La reazione dei Leoni è confusa e lascia ancora più spazi al contropiede del Madrid, vicinissimo al gol due volte con Higuain (il suo tiro di prima da 40 metri dopo un’uscita di testa di Iraizoz, uscito di poco, sarebbe stato la fotocopia di quello di Stankovic allo Schalke) e altre due con un immarcabile Di Maria, mentre per i padroni di casa si segnalano solo una conclusione di Muniain parata senza problemi da Casillas e un tiro di Gurpegi che fa la barba al palo; aldilà delle occasioni, è però l’andamento generale del match a risultare sfavorevole ai biancorossi, che non danno mai l’impressione di poter prendere il sopravvento, anche se solo per pochi minuti, e rischiano di capitolare ogni volta che gli uomini di Mourinho decidono di accelerare. La ripresa inizia con David Lopez al posto di Gurpegi, scelta incomprensibile nonostante il cartellino giallo rimediato da Carlos nella prima frazione: togliere l’unico centrocampista apparso in partita per inserire un esterno senza cambio di passo è una mossa per me assurda, e non a caso la sostituzione non apporterà nulla al gioco dell’Athletic. I Leoni provano a pressare con maggior intensità, si guadagnano un paio di punizione dalla trequarti non sfruttate ma mostrano presto di non avere in mezzo al campo il ritmo necessario per infastidire il Madrid; quando poi il signor Clos Gomez decreta al 53’ un secondo rigore per un fallo di Castillo su Di Maria (il tocco c’è, l’argentino però cade come se qualcuno dalle tribune gli sparasse), realizzato con freddezza ancora da Kakà, la gara finisce con 40 minuti di anticipo. Poco dopo Toquero sfiora il 2-1 con un sinistro a lato dopo un buco dei centrali merengues, mentre al 69' non sbaglia Cristiano Ronaldo, entrato da otto minuti, che si beve San José e scarica in rete per il 3-0 definitivo.
Tralasciando l’inutile cronaca del resto della partita, credo sia opportuno concentrarsi sui problemi che la squadra sta palesando e che probabilmente la terranno fuori dalla prossima coppa UEFA. Delle formazioni in lotta per un posto europeo, infatti, l’Athletic è quella messa peggio, sia dal punto di vista fisico sia da quello mentale, minato da una serie di risultati sconfortanti. La cosa che più mi ha colpito della partita di sabato è stata l’assenza assoluta di carattere, per di più di fronte a una squadra piena di giocatori di seconda fascia e già rassegnata ad assistere alla vittoria blaugrana in Liga: se la famosa garra dei bilbaini, molto meno leggendaria di quanto si potrebbe pensare, non viene espressa in partite del genere, quando deve venire fuori? La mancanza di personalità di alcuni giocatori, Llorente su tutti, è quasi disarmante e fa il paio con una condizione atletica drammaticamente in calo. Sembra di assistere a un film già visto negli anni scorsi, con la squadra in lotta per l’Europa fino ai due terzi del campionato che si squaglia quando gli altri riprendono tono; se tre indizi fanno una prova, a questo punto è lecito sospettare dei metodi di preparazione scelti dall’allenatore, che peraltro ci mette sempre del suo ignorando anche un pur minimo turnover (esempio tratta dalla partita di sabato: sotto di tre gol a 20 minuti dal termine, perché non dare un po’ di riposo a Llorente?). Molti, troppi elementi hanno assoluto bisogno di tirare il fiato, e non a caso col Madrid i giocatori più brillanti fisicamente sono stati Toquero, che è stato fermo 3 settimane per infortunio, il redivivo Castillo e i soliti Muniain (che ha l’età verdissima dalla sua) e Gurpegi, un uomo che non si risparmia mai. Insomma, lo sprint per una piazza UEFA è stato appena lanciato, ma l’Athletic sta già arrancando e per spuntarla dovrà fare davvero un'impresa.

Le pagelle dell’Athletic.

Iraizoz 4: decide in negativo la partita con l’uscita senza senso che frutta il rigore del vantaggio madridista. Sembra in confusione, è spesso incerto e si avventura fuori dalla sua porta anche quando non dovrebbe: perché non dare almeno una possibilità a Raul, molto bravo nell’amichevole con il Celtic?
Iraola 5: gioca quasi di più nella metà campo avversaria che nella propria, segno che gli manca il fiato per fare entrambe le fasi, e nei buchi che lascia Di Maria sguazza a piacimento. E’ uno dei giocatori che più avrebbe bisogno di riposare, ma sembra che Caparros non contempli la possibilità di tenerlo fuori anche solo per un turno.
San José 4,5: lasciato solo di fronte agli inserimenti dei trequartisti avversari, mostra di non avere ancora la personalità e la classe per gestire determinate situazioni di gioco. Completa un pomeriggio da incubo facendosi saltare come un pivello da Cristiano Ronaldo in occasione del 3-0. Acerbo.
Ekiza 5: stesso discorso del compagno di reparto. Soffre tremendamente in campo aperto e non ha gli strumenti per leggere i contropiedi del Madrid in maniera ottimale. Una difesa di sbarbatelli può andare bene ogni tanto, ma contro certe squadre un po’ d’esperienza non guasterebbe.
Castillo 4,5: continua ad ogni partita a far aumentare le recriminazioni verso chi lo ha riportato a Bilbao. In difesa è un disastro e sul rigore è più che ingenuo: vero che Di Maria si lascia andare, ma con un arbitro che non aspetta altro come si fa a provare un intervento in scivolata in area? Un po’ meglio quando spinge, ma non mette due cross di fila. Rimandatelo a San Sebastian.
Gurpegi 6,5: nonostante venga confinato per l’ennesima volta sulla fascia, riesce a far sentire il suo peso a centrocampo pur con la spada di Damocle di un’ammonizione nei primissimi minuti. Spesso si accentra per dare una mano e non può coprire tutti i buchi, ma fa quel che può al massimo delle sue possibilità. La sua sostituzione è assolutamente dannosa (dal 46’ David Lopez 5: un fantasma che vaga per il campo, si vede solo quando va a battere le punizioni. Inutile).
Orbaiz 5: non ha più il passo per giocare a ritmi elevati e non riesce sia a contrastare che a cucire il gioco. Vederlo annaspare in mezzo al campo suscita una gran tristezza se si pensa al giocatore che fu, ma l’allenatore non sembra accorgersene. Largo ai giovani.
Javi Martinez 5: cotto come poche altre volte era capitato di vederlo. Viene surclassato dai centrocampisti blancos senza reagire e contribuisce a scoprire la difesa allungandosi e non rientrando in tempo. Pure lui necessita di una pausa, altrimenti rischia di finire la stagione sulle ginocchia (dal 61' Iturraspe 6: nella mezz'ora che disputa si mette in grande evidenza, a quando la promozione a titolare?).
Muniain 7: il migliore dei suoi, ed è indicativo che a svettare su tutti sia un ragazzino di 18 anni. Gioca senza timori reverenziali e costringe Ramos, non il primo che passa, a stare spesso sulle sue, obbligandolo peraltro al fallo sistematico quando prende palla. Gli manca ancora la conclusione, se lima questo difetto può diventare decisivo.
Toquero 6-: corre tanto come sempre ed è uno dei pochi a palesare una condizione fisica decente, peccato che sprechi l’opportunità di riaprire il match spedendo fuori il pallone del possibile 2-1 In ogni caso i suoi limiti sono noti e non gli si può chiedere di cantare e portare la croce. Utile (dal 78' Gabilondo s.v.) ...
Llorente 5: stretto nella morsa Albiol-Garay, aiutati sovente da Pepe, riceve pochi palloni giocabili e non incide. Mostra comunque scarso carattere e poca attitudine alla lotta, oltre a proseguire nella serie di partite senza segnare. Deve rifiatare, ma chi lo spiega a Caparros?

Caparros 5: prepara la partita male e la gestisce peggio. Piazzare Gurpegi sulla fascia toglie peso specifico al centrocampo e scopre il settore centrale, inoltre non convincono alcune scelte di formazione (Castillo su tutte). Non riesce a reagire al vantaggio madridista: non cambia nulla in avanti, dove Llorente è troppo isolato, aspetta il solito calcio piazzato che stavolta non arriva e finisce per perdere di goleada. La stagione ormai è avviata sui binari delle annate appena trascorse, cosa di certo non positiva. Il suo tempo a Bilbao sembra finito.

mercoledì 6 aprile 2011

30a giornata: Almeria 1-3 Athletic.


Muniain (nascosto dai difensori dell'Almeria) ha appena insaccato il gol dell'1-1 (foto Athletic-club.net).

UD Almería: Diego Alves; Michel, Marcelo Silva, Carlos García (82' Corona), Luna; M'Bami, Bernardello; Juanma Ortiz (57' Kalu Uche), Piatti, Crusat (63' Ortiz Bernal); Ulloa.
Athletic Club: Iraizoz; Iraola, San José, Ekiza, Castillo; Gurpegi, Orbaiz, Javi Martínez (46' Iturraspe), Muniain (86' Amorebieta); Toquero, Llorente (80' De Marcos).
Reti: 5' Piatti, 28' Muniain, 51' Toquero, 60' Orbaiz.
Arbitro: Mateu Lahoz (colegio valenciano).

Con un buon secondo tempo (dopo una prima frazione inguardabile) l’Athletic supera il fanalino di coda Almeria, squadra non certo peggiore di chi la precede ma precipitata in un baratro di insicurezza da cui difficilmente riuscirà ad uscire. Agli uomini di Caparros è bastato uno sforzo minimo per rimontare una partita iniziata male e per portare a casa tre punti vitali in chiave europea, visti i risultati delle immediate inseguitrici: ora i Leoni sono quinti a pari punti con il Siviglia e possono continuare a sognare un posto nella prossima Coppa UEFA.
Jokin lascia a Bilbao Koikili, Susaeta e Urko Vera, schiera titolare Castillo e torna a proporre Gurpegi sulla destra, con Javi Martinez e Orbaiz nel mezzo; in attacco si rivede Toquero dopo tre settimane di stop, mentre Amorebieta si accomoda ancora una volta in panchina. L’approccio alla partita dell’Almeria è molto più deciso di quello dei baschi, timidi e quasi svogliati, e dopo appena 5’ i padroni di casa vanno in vantaggio con un’azione esemplificativa dell’attitudine opposta delle due squadre: Crusat aggredisce sulla trequarti Orbaiz, troppo lento nel disimpegno, e serve subito Piatti, che si infila in mezzo ai due centrali e batte Iraizoz da distanza ravvicinata. Il gioco dei bilbaini non riesce a decollare e la manovra si affida solo al lancio lungo, ma l’Almeria non ha la qualità e la tranquillità necessarie per amministrare il vantaggio e approfittare della giornata-no di tre giocatori chiave, Iraola, Javi Martinez e Llorente, probabilmente stanchi dopo la partita in nazionale sul campo di patate della Lituania. La squadra di Oltra, brava solo a difendersi con ordine, non riesce a creare le condizioni per sferrare il colpo del k.o. e così facendo lascia in partita gli avversari: errore fatale, perché i Leoni sono maestri nello sfruttare l’episodio e dopo una prima avvisaglia al 19’ (colpo di testa di Gurpegi su cui Muniain arriva in ritardo di un niente) pareggiano. Orbaiz batte un altro calcio d'angolo, Gurpegi svetta ancora una volta e sul suo colpo di testa Diego Alves può solo toccare il pallone, che finisce sui piedi di Bart Simpson per il più comodo dei tap-in. In pratica la fotocopia dell’azione di prima, coronata stavolta dalla rete. L’Almeria subisce il colpo, l’Athletic è soddisfatto per il pareggio e si arriva all’intervallo senza troppi sussulti. La ripresa si apre con Iturraspe in campo al posto di un impalpabile Javi Martinez, e il giovane di Abadiño non spreca l’occasione concessagli dall’utrerano; subito in partita, Ander si piazza al fianco di Orbaiz e dirige le operazioni come un direttore d’orchestra consumato, velocizzando il gioco e dando maggior verticalità alle offensive basche. I padroni di casa perdono visibilmente terreno e alla prima occasione vengono puniti da Toquero, che riceve palla da Llorente sul vertice destro dell’area, rientra e col sinistro conclude sul primo palo, trovando il 2-1 con l’evidente complicità del portiere. Neanche il tempo di riorganizzare le idee che l’Almeria va sotto di nuovo: il merito stavolta è di Orbaiz, che si inventa un tiro-capolavoro da più di 30 metri (non si capisce bene se voluto o meno, ma tant’è) e realizza così il primo gol della stagione. Il 3-1, più casuale che altro, mette la partita in ghiacciaia e nell’ultima mezz’ora gli zurigorri si limitano a tenere la palla lontana dalla propria porta senza forzare più di tanto. Iraizoz fa buona guardia su due conclusioni pericolose di Piatti ed Ulloa e al fischio finale il punteggio non è cambiato.
Massimo risultato col minimo sforzo, Athletic cinico, il peso della qualità: di frasi fatte per descrivere questa vittoria ce ne sarebbero parecchie, ma la verità è che l’Almeria sembra psicologicamente non attrezzata per reggere lo stress della lotta punto su punto verso la salvezza. Una volta incassato il pareggio sugli sviluppi di una palla inattiva (situazione che la squadra basca sa sfruttare come poche altre nella Liga), gli andalusi hanno mollato e sono stati travolti quando Caparros ha dato ai suoi maggior ordine con l’ingresso di Iturraspe. Se per gli uomini di Oltra la situazione si fa quasi disperata, i Leoni toccano quota 45 e possono tornare a sorridere: la classifica dal quinto posto in giù è sempre molto corta (teoricamente anche il Levante, nono a 38 punti col Maiorca e autore di un’incredibile rimonta, può aspirare a un posto UEFA) e ci sarà da stringere i denti, ma per ora siamo davanti e questo è ciò che conta. Intanto sabato prossimo è il momento di una delle partita più importanti dell’anno: al San Mamés arriva il Real Madrid. C’è da aggiungere altro?

martedì 22 marzo 2011

29a giornata: Athletic 0-1 Villarreal.


Il colpo di testa vincente di Marco Ruben (foto As.com).

Athletic Club: Iraizoz; Iraola, San José, Ekiza, Koikili (80' Gabilondo); David López (63' Urko Vera), Orbaiz, Javi Martínez, Muniain; De Marcos (68' Susaeta), Llorente.
Villarreal CF: Diego López; Mario, Gonzalo, Musacchio, Catalá; Bruno, Marchena, Cazorla (71' Cani); Borja Valero (83' Kiko); Marco Ruben, Rossi (87' Wakaso).
Reti: 58' Marco Ruben.
Arbitro: Estrada Fernández (Comité Catalán).

Il cammino dell’Athletic verso l’Europa si complica maledettamente dopo la sconfitta con il Villarreal, un risultato forse troppo severo per i Leoni ma che è comunque sintomatico di un momento poco felice della squadra di Caparros. Ed è proprio Jokin a finire per primo sul banco degli imputati: tutti (me compreso) si erano illusi che l’utrerano avesse trovato la quadratura del cerchio, ma il ripresentarsi dei soliti alti e bassi è un chiaro indizio dell’impossibilità di fare il definitivo salto di qualità con questo allenatore. Io per primo ho voluto dargli credito, arrivando anche a scrivere che si meritasse il rinnovo (pur non condividendo tale soluzione), però adesso sono del parere che abbia esaurito le prove d’appello. Se non è riuscito a dare continuità alle prestazioni della squadra in quattro anni, dubito che lo farà nel prossimo futuro e a questo punto penso che anche in società stiano cominciando a valutare altre soluzioni, come mostrano alcune critiche all’allenatore apparse su giornali vicini ad Ibaigane.
Per quanto riguarda la partita, ieri l’Athletic ha giocato davvero male e non è riuscito ad evitare la “trappola” preparatagli da Garrido. Con i suoi giocatori reduci dalla partita di Coppa UEFA, l’allenatore del Villarreal ha giustamente deciso di impostare una partita di puro contenimento e ha irretito la manovra dei bilbaini grazie a una perfetta organizzione difensiva: squadra corta, ottima occupazione degli spazi, pressing assente e pallino del gioco lasciato ai padroni di casa, notoriamente in difficoltà contro avversari schierati a protezione della propria area. Nel primo tempo il Submarino amarillo non si è quasi mai visto dal centrocampo in su, ma allo stesso tempo ha lasciato poco o nulla all’attacco dei Leoni, peraltro guidato da un Llorente in giornata-no e che necessita visibilmente di una pausa. Un colpo di testa alto di poco di Nando e un tiro-cross pericoloso di Muniain sono stati gli unici tiri in porta degli zurigorri, produzione francamente misera per poter avanzare pretese di vittoria. La ripresa ha visto un Villarreal maggiormente propositivo, e al 58’ un gran cross di Borja Valero (giocatore straordinario, di gran lunga il migliore in campo) ha pescato Marco Ruben solissimo a centro area per il colpo di testa dello 0-1. Lo svantaggio ha dato la sveglia all’Athletic e ha ravvivato la partita, fin lì poco spettacolare e giocata a ritmi davvero bassi, ma la reazione biancorossa è stata disorganizzata e anche piuttosto sterile. Palloni buttati in mezzo tanti, azioni manovrate poche, e alla fine si può solo recriminare per un colpo di testa fuori di un niente di Javi Martinez e per le grandi parate di Diego Lopez su Susaeta e Llorente (anche Iraizoz però è dovuto intervenire su Rossi e Cazorla, giacché il Villarreal ha goduto di ampi spazi per distendersi in contropiede). A nulla è servita la mossa di Caparros di mettere dentro l’eroe di Getafe, Urko Vera, ed è chiaro che un 23enne esordiente in Primera non può essere ogni domenica il salvatore della patria. Il punteggio dunque non è più cambiato e il Submarino amarillo ha potuto festeggiare una vittoria fondamentale con cui ha riagganciato il Valencia in terza posizione.
Tutt’altra musica in casa Athletic, raggiunto dal Siviglia al sesto posto e con un vantaggio di soli tre punti sull’ottava, l’Atletico Madrid. La situazione di classifica si è fatta improvvisamente complicata e la squadra non sta fornendo un’immagine convincente di sé: troppo giocatori sono fuori condizione, il gioco si è nettamente involuto e l’assenza di Toquero, l’uomo più in forma di tutta la rosa, si sta rivelando – incredibile a dirsi – una gran brutta tegola, perché là davanti nessuno riesce ad assicurare quel costante contributo di pressing, corsa e tagli sugli esterni ad allargare le difese che il numero 2 stava fornendo con grande continuità. Se a tutto ciò si aggiunge l’immobilismo di Caparros, sempre poco reattivo quando si tratta di dare una sterzata in corsa per ribaltare un risultato, il quadro è completo e non induce a pensare positivo. Dopo la pausa per le nazionali (a proposito: complimenti a Iraola, convocato da Del Bosque; della Spagna m’importa meno di zero, ma sarebbe stato scandaloso che il rendimento di Andoni continuasse a non venire premiato) i Leoni affronteranno l’Almeria, ed è inutile dire che servirà una vittoria per riprendere a correre nella volata per un posto europeo.