venerdì 28 agosto 2009

Ritorno del quarto turno preliminare di UEFA: Tromsø 1-1 Athletic.


L'esultanza contenuta di Javi Martinez dopo il gol del vantaggio (foto As).

Tromsø IL: Ramovic; Hogli, Tore Reginiussen, Koppinen, Yndestad (89' Taboga); Knudsen (82' Strand), Knarvik (94' Isaksen), Jensen, Lindpere; Moldskred, Rushfeldt.
Athletic Club: Iraizoz; Iraola, Amorebieta, Ocio, Castillo; Susaeta (89' Koikili), Javi Martínez, Yeste (93' Gurpegui), De Marcos (68' Iturraspe); Toquero, Llorente.
Reti: 55' Javi Martínez (rig.), 61' Rushfeldt.
Arbitro: Tony Chapron (Francia).

Alla fine di partite come quella di ieri mi faccio spesso una domanda (sì, alla Marzullo) che non esiterei a definire filosofica, se il contesto dal quale si origina non fosse una cosa poco seria come il calcio: è meglio perdere dopo aver giocato al massimo delle proprie possibilità e uscire quindi a testa alta, fra gli applausi di tutto il pubblico, oppure vincere immeritatamente ed essere accompagnati negli spogliatoi dai fischi e dalle grida di rabbia dei tifosi? Da buon italiano dovrei propendere per la seconda opzione, e non nego di provare una perversa soddisfazione le rarissime volte in cui l'Athletic batte uno dei suoi rivali storici con un golletto in contropiede o con un rigore dubbio, ma ci sono anche delle occasioni in cui mi vergogno sinceramente dell'affermazione della mia squadra. Come ieri, appunto. Di fronte ad un avversario di bassa caratura e senza grandi nomi, forte solo della propria organizzazione tattica, i Leoni hanno mostrato un calcio poverissimo e si sono fatti mettere sotto senza mezzi termini, guadagnandosi la qualificazione solo grazie ad un penalty poco chiaro e agli errori di mira dei norvegesi. Dai padroni di casa ci si aspettavano tanta volontà e altrettanta approssimazione tecnica, come poi si è verificato, mentre dai bilbaini era lecito attendersi una partita assolutamente diversa, condotta col piglio della squadra che sa di essere superiore e vuole andarsi a prendere la qualificazione. Caparros era stato chiaro in conferenza stampa: i miei giocatori, aveva detto, non sono capaci di fare calcoli o di speculare sul risultato dell'andata, per cui sarà una partita da giocare a viso aperto. Una dichiarazione che sarebbe stato meglio non fare, vista la figura barbina rimediata sull'erba sintetica dello stadio Alfheim. Quasi viene da rimpiangere la "squadra B" che ha preso tre scoppole in Supercoppa: in quell'occasione c'è stata almeno la comoda giustificazione della differenza di valori in campo, mentre non esiste una sola scusa che possa cancellare l'immagine pessima data dai biancorossi nel profondo nord di Tromsø.
Partito con una formazione criticabile (perché Toquero dentro per Muniain?), l'Athletic fin dall'inizio subisce l'azione costante e il pressing ordinato dei padroni di casa, pericolosi in più di un'occasione con Moldskred. I biancorossi, nonostante il livello degli avversari da squadra di Segunda, perdono immediatamente il filo del discorso ed "esibiscono" i loro difetti ormai risaputi: scollamento tra centrocampo e attacco, mancanza di idee in avanti ed estrema permeabilità della difesa, esposta da una mediana troppo leggera per la presenza di Yeste alle penetrazioni centrali degli avversari. Non stupisce dunque che sia il Tromsø a farsi vedere con costanza dalle parti di Iraizoz, molto attento specie nelle prese alte, mentre i baschi danno un segno della loro presenza in campo solo con due conclusioni da fuori di Javi Martinez e Susaeta. Al 44' un brivido corre sulla schiena dei tifosi zurigorri: assist di Moldskred per Lindpere e l'estone conclude fuori di un niente. Nella ripresa il copione non sembra mutare, quand'ecco un tiro di de Marcos venire stoppato da Koppinen in piena area al 55'; l'arbitro fischia la massima punizione, ma sinceramente non saprei dire se il finlandese abbia toccato o meno il pallone col braccio. In ogni caso, sul dischetto va Javi Martinez che realizza proprio come all'andata. Fine delle sofferenze bilbaine? Per niente: dopo cinque minuti, infatti, Aitor Ocio si fa scavalcare da Rushfeldt su cross proveniente da destra e l'incornata seguente dell'ex nazionale norvegese si tramuta in una perfida palombella che si insacca dopo aver scavalcato Gorka. Da qui in avanti inizia un vero e proprio monologo dei padroni di casa, encomiabili per coraggio e forza di volontà nella loro ricerca del gol-qualificazione ma poco fortunati al momento di finalizzare, anche a causa di un tasso tecnico a dir poco scarso. Caparros non fa nulla per diminuire la pressione norvegese e anzi pensa bene di togliere de Marcos per inserire Iturraspe, dirottando Toquero sulla fascia destra e lasciando il solo Llorente, peraltro fuori forma, a lottare in avanti; decisione poco felice, visto che l'Athletic non riuscirà più a concludere con un minimo di pericolosità verso Ramovic. Knudsen di testa e Reginiussuen con una castagna da fuori spaventano invece Iraizoz, ma dopo un lunghissimo recupero (meglio censurare le perdite di tempo dei Leoni e l'espulsione del portiere di casa, provocata dall'uscita dal campo al rallentatore di Yeste...) l'arbitro fischia la fine e sancisce il passaggio del turno dei bilbaini. Non c'è onore e non ci sono applausi verso di loro, però, ma solo i fischi da parte dei norvegesi e la vergogna provata dalla maggior parte dei tifosi biancorossi che hanno assistito alla partita.
Nella conferenza stampa del dopo gara, Caparros si è detto soddisfatto del risultato e ha liquidato con una battuta le critiche sul gioco pessimo. "Mi aspettavo una partita così": beato lui. Noi ci aspetteremmo un Athletic capace di farsi ammirare per la garra e per la mentalità vincente che da sempre caratterizza la sua storia, non un Athletic fischiato dal pubblico norvegese dopo una qualificazione scippata con due rigori generosissimi. Finché ci sarà Jokin in panchina, tuttavia, la nostra dimensione resterà questa.

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