sabato 28 aprile 2012

Semifinale di ritorno di Coppa UEFA: Athletic 3-1 Sporting.


Llorente, quasi in lacrime, esulta dopo il gol del 3-1: l'Athletic è in finale (foto Athletic-club.net).

Athletic Club: Iraizoz; Iraola, Javi Martínez, Amorebieta, Aurtenetxe; Iturraspe, Herrera (94' Íñigo Pérez), Muniain (90' Ekiza); Susaeta, Llorente, Ibai Gómez (93' Toquero).
Sporting Clube de Portugal: Rui Patrício; Joao Pereira, Polga, Xandao, Insúa; Schaars, André Martins (83' Carrillo), Matías Fernández (46' Carriço); Pereirinha (63' Jeffren), Capel; Van Wolfswinkel.
Reti: 17' Susaeta, 43' Van Wolfswinkel, 45' Ibai Gómez, 88' Llorente.
Arbitro: Martin Atkinson (Inghilterra).

Ci sono occasioni in cui le parole, semplicemente, non riescono a venir fuori. Questa è un'occasione del genere. 35 anni sono una mezza vita, e un'infinità nel calcio. 35 anni fa in Coppa dei Campioni andava solo chi vinceva il campionato, la seconda e la terza finivano in UEFA e per arrivare in finale occorreva scontrarsi con delle vere corazzate, ma il mondo del pallone era senza dubbio diverso; oggi sappiamo tutti dei paurosi buchi di bilancio di chi vuol competere (i Rangers insegnano, 100 milioni di debiti per vincere la Scottish Premier League...), quindi non pare azzardato affermare che le possibilità di mettersi in luce, per una realtà di medio cabotaggio, si siano di molto ridotte rispetto al passato. Ecco dove sta il valore di ciò che ha fatto l'Athletic: raggiungere una finale europea con una squadra di paesani, giocatori al 90% fatti in casa, senza stelle iperpagate e potendo contare solo sulla determinazione di chi va in campo e sul sostegno di chi resta fuori, è un'impresa talmente incredibile che per descriverla servirebbe un poeta più che un blogger. Commentare la vittoria di giovedì sera è pericoloso, perché è forte il rischio di scrivere banalità, di scadere nella retorica; epperò chi segue questo club sa benissimo che parlare di attaccamento imparagonabile, di amore per la maglia e di legame indissolubile col popolo non sono solo frasi vuote, buttate in pasto al tifoso per farlo sentire orgoglioso degli 11 mercenari che per caso si sono trovati a rappresentarlo. Le lacrime di Llorente per me sono il vero emblema della partita con lo Sporting: un giocatore non amatissimo, accusato spesso di "sentire" più i colori della selezione spagnola rispetto a quelli zurigorri, si è messo a piangere in campo come un ragazzino, dichiarando a fine partita che certe cose possono succedere solo a Bilbao. E poi il pianto di Iribar negli spogliatoi, il canto incessante del San Mamés, l'omaggio a chi, come capitan Gurpegi, non ha potuto essere della partita... Tutto ha contribuito a creare un'atmosfera magica, chiaramente percepibile anche dietro uno schermo televisivo. Che ci fosse qualcosa di diverso, nelle celebrazioni dopo il fischio finale, lo hanno capito in tanti, ma solo chi conosce l'Athletic sapeva che ad essere diverso è proprio l'Athletic, con buona pace di chi accusa questa società di razzismo e intolleranza (sì, mi è toccato leggere anche questo: il prezzo da pagare quando si diventa più noti è che la gente inizia a dare fiato alle trombe anche se non sa di cosa parla). Ieri i Leoni hanno rifilato un ceffone in faccia al calcio moderno, e noi con loro. Ripensandoci adesso, è tutto il cammino dei biancorossi ad apparire quasi metaforico per gli avversari incontrati (ed eliminati): il Red Bull Salzburg, ignobile squadra che ha cambiato stemma e colori sociali per volere della multinazionale che le dà il nome; il Paris Saint-Germain degli sceicchi, il cui progetto spero naufraghi miseramente contro il Montpellier; il Manchester United dei Glazer e dei debiti; lo Schalke 04 targato Gazprom, un'azienda sulla quale è bene stendere un velo pietoso. Tutti triturati dal football retrò dei nostri baschi. A questo punto non ha importanza come andrà la finale con l'Atletico Madrid: il mondo ha imparato che un altro calcio non solo è possibile, ma che talvolta riesce pure a vincere.
E la partita con lo Sporting? Parlare di tattica dopo tutte le emozioni vissute l'altro giorno non è facile, e devo dire che non ero nemmeno troppo lucido per seguire bene questo aspetto del match. In ogni caso, rispetto alla partita di andata c'è stata una sostanziale novità: l'Athletic è sceso in campo. Contrariamente a quanto da molti sostenuto la scorsa settimana, infatti, la squadra di Sá Pinto non mi aveva impressionato: tanta corsa, grande pressing e una buona organizzazione, verissimo, ma a conti fatti i portoghesi avevano tirato in porta 3-4 volte a fronte di un dominio nel gioco piuttosto netto; insomma, tanto fumo e poco arrosto. A parer mio, ad incidere sull'andamento dell'incontro, più che la prestazione dei biancoverdi, era stata la scena muta totale dei bilbaini, contratti e nervosi come mai erano stati in questa stagione: tra passaggi sbagliati in serie, poco movimento e idee annebbiate, avevamo assistito senza dubbio alla peggior partita europea dei Leoni. Tutte queste cose le avevo scritte in un pezzo che però non ho completato (maledetto lavoro), dunque prendetele per buone sulla fiducia! Il giochino predisposto dall'ex attaccante della Real Sociedad e dalla nazionale portoghese (simpatico come martellata nelle parti intime), al San Mamés però non è riuscito; in casa l'allenatore dello Sporting aveva avuto successo lasciando l'impostazione ai centrali Amorebieta ed Ekiza, facilitato peraltro dallo scarsissimo movimento senza palla dei centrocampisti, mentre giovedì si è trovato di fronte Javi Martinez, uno che non ha problemi a salire palla al piede, e un Herrera monumentale, bravissimo ad abbassarsi ad inizio azione per poi portare su il pallone tramite triangolazioni o iniziative personali. Una volta aggirato questo ostacolo, l'unico peraltro impostato da Sá Pinto, l'Athletic ha preso in mano le redini del gioco e ha dominato in lungo e in largo. In fase difensiva la squadra non ha mai sofferto, anche perché Capel è stato sempre raddoppiato e non è mai riuscito ad accendersi, mentre dalla metà campo in avanti, pur trovando qualche difficoltà a superare il muro compatto degli avversari, ha fatto vedere momenti di ottimo calcio. Dopo il gol dell'1-0 di Susaeta i biancorossi hanno sprecato due ottime occasioni con Ibai e Llorente, e come talvolta accade hanno incassato il gol del pareggio al primo tiro nello specchio dei portoghesi (in precedenza Pereirinha aveva sfiorato la rete con un colpo di testa alto di poco); per fortuna il 2-1 di Ibai è arrivato subito dopo, altrimenti la ripresa sarebbe stata molto più complicata. Nel secondo tempo i Leoni sono stati bravi a non perdere mai la testa, hanno macinato gioco senza farsi trascinare dagli episodi (il palo di Javi Martinez e quello, del tutto estemporaneo, di Insua) ma hanno iniziato ad accusare la stanchezza, perciò sono stati più attenti a non prestare il fianco al contropiede avversario che non ad offendere. Situazioni del genere sono stranissime, basta un errore per compromettere tutto ed entrambe le squadre hanno tolto il piede dall'acceleratore, per cui sembrava che i supplementari fossero già scritti. Non è stato così, per fortuna: Llorente ha coronato una partita pazzesca con il gol del 3-1, e nonostante qualche brivido nel finale (su quel tiro di Jeffren per poco non svengo...) la vittoria è stata difesa senza troppi patemi.
Ora Bucarest, con l'Atletico Madrid ad ergersi tra noi e la prima coppa europea della nostra storia. Buffo che a contenderci la UEFA sia la squadra nata da una costola dell'Athletic: come saprete tutti, credo, l'Atletico venne fondato da alcuni ragazzi baschi che si trovavano a Madrid per motivi di studio, e fino al 1923 fu una nostra società satellite. È una finale per me apertissima, tra due squadre diverse nella concezione ma di caratura simile. Come ho detto prima, però, poco importa il risultato finale: per noi la vera vittoria è che l'Athletic rimanga fedele a sé stesso, che resista così com'è e che per riflesso continui a mostrare al resto del mondo il livello di bassezza del calcio moderno. Vada come vada, saremo sempre e comunque orgogliosi dei nostri ragazzi. Athletic beti zurekin!

PS: questa vittoria è per tutti quelli che amano e hanno amato questa squadra, in ogni modo, e non solo. È per le vittime del bombardamento di Gernika, datato 26 aprile 1937. È per Iñigo Cabacas, morto mentre festeggiava una vittoria europea. E, molto più modestamente, è per chi nel giugno 2007 soffriva davanti alle immagini di un Athletic-Levante che in ballo aveva "solo" la permanenza in Primera. Che si giochi per il diciasettesimo posto o per una finale UEFA, noi siamo sempre qui! Aupa Lehoiak!

Le pagelle dell'Athletic.

Iraizoz 6: chiamato pochissimo in causa, sbriga l'ordinaria amministrazione con discreta sicurezza. Non respinge bene il corner dal quale nasce l'1-1 di Van Wolfswinkel e sembra anche un po' in ritardo in occasione del palo di Insua, ma si guadagna la pagnotta con la parata sul tiro finale di Jeffren, insidioso perché gli rimbalza proprio davanti.
Iraola 7,5: come sempre dei due terzini è quello che spinge di più e mette lo zampino in ognuno dei tre gol biancorossi. In fase difensiva ha davanti a sé Capel, brutto cliente, ma riesce a contenerlo anche grazie all'aiuto portatogli a rotazione dai compagni. Esemplare.
Javi Martinez 8: all'andata la squadra aveva patito l'assenza del navarro, trovando difficoltà soprattutto ad avviare l'azione, e il suo rientro si rivela fondamentale. Comodissimo in difesa (troppo leggero Van Wolfswinkel per dargli fastidio), non ha difficoltà ad aggirare il pressing avversario e grazie a lui l'Athletic guadagna subito metri importanti. Colpisce un palo e si rivela ancora una volta eccellente nell'interpretazione del nuovo ruolo.
Amorebieta 7,5: replica l'ottima partita del José Alvalade grazie a una prestazione solida, nella quale esprime grande sicurezza e non lascia spazio alla minima sbavatura. Rischia solo con un'entrata durissima, di spalla sul volto di un avversario, più da arancione che da giallo, per il resto però conferma i grandi progressi (soprattutto mentali) fatti in questa temporada.
Aurtenetxe 6,5: massacrato all'andata da Capel, per sua fortuna si trova di fronte Pereirinha e lo contiene senza grandi difficoltà. Davanti si vede pochino, nonostante i compagni cerchino spesso di giocare a sinistra per sfruttare la grande serata di Ibai, ma in difesa è solido ed è bravo a non scomporsi quando l'ex Siviglia torna dalla sua parte. Promosso.
Iturraspe 8: se una settimana fa aveva giocato più da terzo difensore che da mediano, stavolta i compagni non si nascondono e per il centrocampista bizkaino tutto diventa più facile. Bravo a scambiarsi con Herrera e a tagliare dentro non appena il compagno si arretra, è una mina vagante per gli avversari, che non riescono a leggere i suoi movimenti. Da applausi.
Herrera 8,5: a parer mio migliore degli "umani", l'ex Saragozza non sembra patire per la pubalgia e offre una delle prestazioni più convincenti in assoluto con la zurigorri. Precisissimo nei passaggi, perde ben pochi palloni e dirige il gioco come un regista consumato, regalando controlli e pause degne di un piccolo Xavi. Strepitoso (dal 94' Iñigo Pérez s.v.).
Muniain 6,5: il problema all'occhio ancora lo tormenta e non gli permette di esprimersi ai soliti livelli, senza contare che gli avversari sono spesso in due su di lui non appena gli arriva il pallone. Senza perdersi in personalismi inutili, si mette al servizio dei compagni e si fa sentire più in ripiegamento che in fase offensiva, risultando decisivo con alcuni recuperi fondamentali. La strada per diventare un campione passa anche da partite del genere (dal 90' Ekiza s.v.).
Susaeta 7: ha il merito assoluto di sbloccare la partita con un sinistro sporco ma efficace, tredicesimo gol di una stagione eccellente dal punto di vista realizzativo. La tendenza a sparire dalla partita di tanto in tanto non lo abbandona, però si vede che è molto più concentrato e "dentro" il match rispetto agli anni passati. Sempre pericoloso quando punta l'avversario, sfiora la doppietta nella ripresa e si conferma seconda bocca di fuoco della squadra.
Llorente 9: partita incredibile, c'è poco altro da aggiungere. Assiste di petto Susaeta per l'1-0, serve a Ibai la palla del 2-1 con un numero da urlo (controllo quasi spalle alla porta, semigiravolta portandosi dietro la palla con la suola e passaggio nel corridoio per il compagno) e realizza il gol dell'apoteosi a 2 minuti dal 90'. In mezzo, controlli strepitosi su palloni lunghi quasi impossibili da domare, tante azioni per far salire e respirare la squadra e una lucidità pazzesca negli ultimi 20 metri. Sbaglia solo un gol non difficile nel primo tempo, ciccando il piatto volante e permettendo a Rui Patricio di salvare, ma per il resto è su livelli fenomenali, da primi 5 centravanti del mondo. Monumentale.
Ibai 8: chi avrebbe pensato, due mesi fa, che questo ragazzo potesse risultare decisivo in una semifinale di Coppa UEFA? Sono sincero: io no. E non perché non fossi convinto delle qualità dell'ex Sestao, ma solo considerando il suo scarso minutaggio. E invece Ibai piano piano ha convinto Bielsa e si è ritagliato uno spazio in squadra sempre maggiore, fino a giovedì scorso. Un gol, un assist e tante buone giocate per ribadire che il prossimo anno si potrà tranquillamente contare su di lui (dal 93' Toquero s.v.).

Bielsa 8: per sua stessa ammissione, durante la partita di andata non era riuscito a farsi seguire dai giocatori e aveva pure sbagliato qualcosa (il cambio Herrera-San José), facilitando la rimonta degli avversari nel finale. Stavolta prepara il match come meglio non si potrebbe, sia dal punto di vista tattico che da quello motivazionale, e regala ai tifosi biancorossi l'ennesima perla di una stagione fantastica. Surclassa Sá Pinto, tecnico emergente e dalle idee interessanti, e il suo Athletic dà sempre l'impressione di avere in mano le redini del gioco. Raggiunge la seconda finale dell'anno, e stavolta i suoi detrattori non potranno dire che ha trovato solo avversari di livello inferiore come in Copa del Rey. Chapeau.

7 commenti:

  1. Ero in lacrime giovedì sera... Non vedo l'ora di vedere la finale. Ma di Bielsa non dici niente? Per le pagelle, intendo.

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  2. sono in tifoso viola ma nel cuore ho un ampio spicchio bianco rosso.pure io ero in lacrime giovedì sera x un impresa alla quale ho sempre sperato. un abbraccio alessio

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    1. C'era parecchia gente che piangeva giovedì sera ;)

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  3. Bellissima partita che ho seguito col cuore in gola. Gran gioco, passione, voglia di vincere e sacrificarsi per i compagni.

    Una scena su tutte rimane simbolo della partita: metà primo tempo, Susaeta largo a destra sta dribblando vicino l'area avversaria, viene fermato. Senza neanche alzare la testa torna come un toro verso la sua metàcampo, tallonando chi gli aveva soffiato il pallone. Poco dopo la linea mediana contrasta, recupera la sfera e, nuovamente, via verso la zona d'attacco, palla al piede e testa alta. A livello di impegno e applicazione, esaltante, come del resto tutto l'Athletic, una squadra in cui le punte tornano a difendere come forsennati: uno spirito di squadra esemplare.

    E oltre al sudore anche il bel gioco: i movimenti di Iturraspe-Herrera in mezzo al campo fantastici, così come le conseguenti incursioni di Aurtenetxe e Iraola (superbo). Llorente son-tuo-so.

    Una partita che riconcilia con il gioco del calcio.

    Dai Athletic!

    Gio.

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    1. Di recuperi del genere ne ho visti fare moltissimi a Muniain, che in difesa ha corso come un disperato. Comunque quando l'Athletic riesce a esprimersi sui livelli di giovedì (e quest'anno l'ha fatto diverse volte) diventa dura per tutti... L'unica incognita è la tenuta psicofisica, vedi andata con lo Sporting.

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