lunedì 14 luglio 2014
Il pagellone 2013/2014: i centrocampisti.
Iturraspe è cresciuto molto, anche a livello di personalità.
Iturraspe 8: la straordinaria temporada dell'Athletic è coincisa con la sua definitiva consacrazione nell'Olimpo dei migliori centrocampisti della Liga, sancita peraltro dalla pre-convocazione di Del Bosque per Brasile 2014. Se con Bielsa era sempre stato a metà del guado (ottimo come regista basso, ma troppo leggero da frangiflutti davanti alla difesa), con Valverde è riuscito a migliorare sensibilmente nella fase di non possesso (aiutato probabilmente dall'abbandono delle marcature a uomo) e si è affermato come uno dei migliori mediani iberici. Strepitoso l'aumento esponenziale dei palloni recuperati (290 contro i 225 della scorsa stagione), segno di una netta maturazione nel ruolo e della piena capacità di sfruttamento dei notevoli mezzi fisici di cui dispone; come organizzatore della manovra si è confermato giocatore tecnicamente pulito, sempre capace di trovare i compagni al momento giusto nonché di dare loro un appoggio nei momento di difficoltà. All'inizio ha stentato ad imporsi e ha anche dovuto misurarsi con la panchina, poi però ha convinto Txingurri e non è più uscito dall'undici titolare; è in questa sua affermazione che va ricercato il motivo del poco spazio riservato a Beñat, per caratteristiche più regista basso che trequartista alla Herrera. La sua crescita e i margini di miglioramento che ancora mostra lo rendono una delle più belle realtà del club, al quale ha giurato fedeltà nel nome dell'amore per la zurigorri. Faro.
Herrera 7,5: nessun mezzo punto in meno per il passaggio unilaterale al Man Utd, scelta legittima e che francamente non mi ha colto alla sprovvista (la squadra del cuore di Ander è il Saragozza, si sapeva che la sua esperienza a Bilbao sarebbe stata limitata). Pur giocando una temporada meno strabiliante rispetto a un Iturraspe di livello assoluto, il numero 23 è stato senza dubbio l'altro riferimento imprescindibile in mezzo al campo: direttore d'orchestra squisito, dai suoi piedi sapienti, seppur giovani, è passata la maggior parte delle azioni offensive della squadra, che gli ha sempre girato intorno come un pianeta col suo Sole. Finalmente efficace anche in fase realizzativa, suo storico tallone d'Achille, ha raggiunto il record personale di gol segnati in Liga (5). Ha tutto per imporsi anche a Old Trafford e diventare uno dei migliori centrocampisti del mondo, anche se gli manca ancora un pizzico di personalità in più. Di certo, la sua perdita non passerà inosservata.
Mikel Rico 7,5: pur dichiarandomi, in tempi non sospetti, contrario al suo arrivo (come fui contrario all'acquisto di Herrera: prendere un giocatore, togliendo spazio a un cachorro, per poi vederlo partire dopo 3 anni continua a non sembrarmi una cosa da Athletic), non ho problemi a scrivere che è stato uno dei migliori in assoluto di questa splendida stagione. Centrale atipico (non è un regista e neppure un incontrista), è una sorta di mezzala tuttofare, efficace sia in interdizione che negli inserimenti a fari spenti; non è un costruttore di gioco, ma il suo movimento costante e la grande generosità costituiscono una risorsa fantastica per il compagno in possesso della sfera. Rivelazione solo per chi non lo aveva mai visto giocare (spesso magnificamente) col Granada, è stato fortemente voluto da Valverde e lo ha ripagato con 5 reti e prestazioni sempre di grandissima sostanza. È già un idolo della tifoseria e il suo attaccamento alla zurigorri, quasi commovente, mi fa dimenticare volentieri la sua carta d'identità e qualche panchina di troppo per il mio pallino Moran.
De Marcos 6,5: al posto suo, un altro giocatore a fine anno sarebbe stato probabilmente ricoverato per una labirintite acuta, ma Oscar come sempre non ha fatto una piega e ha resistito senza problemi ai cambi di ruolo e agli spostamenti in campo ai quali è stato sottoposto fin dall'inizio da Valverde. Con l'addio di Bielsa e l'abbandono del 4-3-3 ipercinetico dell'argentino, il suo status di titolare inamovibile non è stato confermato: come mezzala sempre in movimento e in costante sovrapposizione sulla destra l'ex Alaves era perfetto per il Loco, ma nel contesto di uno schema più tradizionale, com'era intuibile già a inizio stagione, si è confermato giocatore di difficile collocazione tattica. Txingurri, capito di non poterlo lasciare in panchina, ha ovviato al problema usandolo un po' come tappabuchi, un po' come asso nella manica da giocarsi a partita in corso, spostandolo in varie posizione (trequartista centrale, ala, terzino destro le principali); a inizio stagione De Marcos è stato più volte decisivo con i suoi gol e le sue giocate entrando dalla panchina, poi si è ritagliato un suo spazio anche da titolare (19 presenze dall'inizio su 35 totali, condite da 5 reti). Splendidi il suo atteggiamento nell'accettare la perdita del posto fisso e l'attaccamento dimostrato più volte al club. Esemplare.
Moran 6+: non è stata un'annata facile per uno dei cachorros più promettenti degli ultimi anni. Il salto in prima squadra, sempre duro, è stato reso ancor più complicato dalla fortissima concorrenza a centrocampo e dall'acquisto quasi a fine mercato di Mikel Rico, già esperto della categoria e richiesto personalmente da Valverde. Il mister ha comunque mostrato di riporre grande fiducia nel giovane mediano di Portugalete e lo ha fatto partire titolare nella storica, prima partita al nuovo San Mamés con il Celta: l'Athletic ha vinto, ma il numero 6 ha commesso un grave errore, perdendo un pallone in transizione e spalancando a Charles la porta per il primo gol del match. Dopo due mesi di purgatorio è tornato in campo a Madrid contro l'Atletico: entrato dopo 36 minuti per sostituire Balenziaga, è stato espulso al 79' per doppia ammonizione. Un inizio da incubo. L'episodio che probabilmente ha svoltato la sua stagione è stato il più drammatico: la morte del padre. Nonostante il colpo ricevuto, Moran ha infatti reagito da grandissimo professionista, rispondendo alla convocazione per la gara con il Valladolid e presentandosi al campo proprio dopo aver assistito al funerale. Colpito dal comportamento del ragazzo, Txingurri è tornato a tenerlo in considerazione e lo ha proposto stabilmente nel finale di stagione, ricevendo in cambio più di una prova convincente. Con l'apertura del fronte europeo presumibilmente troverà più spazio, che dovrà sfruttare al meglio per proporsi come valida alternativa ai titolari.
Beñat 5: senza troppe perifrasi, la più grande delusione di una stagione trionfale. Tornato a Bilbao con festeggiamenti da figliol prodigo (anche se, in questo caso, lui non aveva colpe per il precedente addio), non ha mai convinto davvero quando Valverde lo ha proposto titolare e ha perso via via minuti e importanza nel gioco della squadra, diventando un rincalzo nel girone di ritorno e vedendosi addirittura surclassato da altri al momento di sostituire qualche assente. Pur avendo già denunciato una flessione l'anno prima al Betis, resta inspiegabile come il numero 7 abbia stentato ad imporsi in un contesto che, tolta la pressione riservata ovunque al "colpo del mercato", aveva tutto per metterlo in grado di esprimere al meglio l'ottimo futbol che ha nelle corde. Timido, impacciato e sovente timoroso col pallone tra i piedi, Beñat è sembrato schiacciato dal peso dell'obbligo di non fallire ed è risultato nullo in ogni aspetto, perfino nei calci da fermo di cui è maestro. Qualche prestazione discreta e alcuni segnali di risveglio nel finale non bastano per cancellare un'annata storta. Forse gli è costato più del previsto adattarsi agli schemi di Valverde o, cosa più probabile, l'allenatore non è riuscito a trovargli una collocazione in campo adatta alle sue caratteristiche; in tal senso l'addio di Herrera non aiuta, perché il 27enne di Igorre è più regista basso che trequartista, ma è palese che il suo recupero sia una priorità della prossima temporada. Il giocatore che quasi strappò una convocazione per Euro2012 c'è ancora, bisogna solo ritrovarlo.
Iñigo Pérez n.g.
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